3 motivi per cui Londra non è la migliore città per fare startup (ma può diventarlo)

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Questo settembre londinese ha segnato la fine di un’estate mai arrivata, ma anche la pubblicazione di un rapporto da parte di Compass, società di business benchmarking, che ha classificato i migliori ecosistemi per startup a livello globale.Senza troppe sorprese troviamo solida al primo posto la Silicon Valley, quindi San Francisco, con altre due americane solide sul podio, New York (in forte crescita) e Los Angeles.

Credits: Pininterest

Altrettanto poco sorprendente è non trovare nessuna italiana tra le top 20, ma nemmeno tra quelle che potenzialmente, che proprio per un soffio, che per una spintarella, avrebbero potuto entrarci.

Ma non è la recriminazione e il piangerci addosso il motivo di questa riflessione.

Interessante è invece notare come Londra si confermi la Silicon Valley Europea.

Londra che si classifica primo ecosistema in europea staccando Berlino, ma a seguito di Tel Aviv. Londra che però non è nemmeno tutte rose e fiori.

In un’interessante riflessione su VentureBeat, Boris Veldhuijzen Van Zanten, fondatore di The Next Web e co-autore dello “Startup manifesto” del 2013, fa notare come l’Europa debba trovare una sua Silicon Valley al di fuori di Londra. Van Zanten sostiene da sempre la teoria della decentralizzazione e quindi di un’Europa che non debba dipendere da Londra per quanto riguarda l’imprenditoria nell’innovazione.

MOTIVO 1: A LONDRA L’EUROPA NON E’ SEXY

Secondo lui Londra non può essere la “Silicon Valley” d’Europa per il semplice fatto che non è una città europea. O perlomeno, lo è ma non ci si sente.

Chiunque vive a Londra sa che quando gli inglesi si riferiscono agli altri paesi d’Europa, usano un indistinto “european”. Cosi che italiani, francesi, spagnoli, tedeschi e cosi via, sono tutti generalmente europei, mentre loro no. Loro sono British.

Come può essere quindi la capitale delle startup d’Europa una città ed un paese che non si sentono europei, al punto tale da minacciarne l’uscita, da avere un partito anti-europeista che alle ultime elezioni è cresciuto del 13% ed un partito al governo che preferisce affidare la scelta se uscire o meno ad un referendum popolare?

A questo mi sento di dover aggiungere altri due elementi di riflessione collegati fra di loro e collegati al precedente.

MOTIVO 2: MANCANO TALENTI DIGITALI, MA I NON INGLESI NON SONO I BENVENUTI

Il primo è che lo stesso partito anti europeista, lo UKIP, si fa promotore di una politica di chiusura all’immigrazione, la cui agenda è inevitabilmente finita sul tavolo del primo ministro Cameron.

C’è quindi nel Paese una forza politica e sociale molto forte che vorrebbe la chiusura dei confini ma che non tiene conto della mancanza di talenti nel digitale di cui il paese sta soffrendo da ormai 5 anni.

Una chiusura che sta guadagnando sempre più consensi, sia all’interno del suo gabinetto che all’interno tra la sua base elettorale. D’altronde, Cameron, è già da almeno due anni che lamenta il fatto che gli inglesi debbano ora guardarsi dall’immigrazione qualificata europea (vedi italiani, francesi, e spagnoli) e non più dall’idraulico polacco.

Ma si tratta di un’immigrazione che numerosi studi hanno già provato essere assolutamente strutturale alla crescita del Paese. Soprattutto nel settore digitale.

MOTIVO 3: LONDRA COSTA TROPPO

Poi, Londra ha un forte problema di qualità della vita del quale gli inglesi non sembrano più preoccuparsi di tanto. Mi riferisco ovviamente al costo altissimo degli affitti e dei trasporti, del costo della vita in generale, della mancanza di spazi sociali pubblici, passando per la pessima qualità dei rapporti sociali alla quale una città cosi grande ti mette di fronte.

È stato stimato che ad oggi sarebbe meno costoso volare ogni giorno da Barcellona o Madrid a Londra, piuttosto che affittare un apparentamene di due stanze nel centro di Londra. E non ci vuole molto a crederci.

Londra sta perdendo metri non solo di fronte a cluster internazionali, ma anche a quelli interni, come Bristol, Brighton ed Edimburgo.

PERO’ LONDRA E’ LONDRA

Detto ciò, Londra è ancora assolutamente il posto chiave in Europa dove fare business ed è la città delle opportunità. Da nessun’altra parte in Europa è possibile fare cosi tanti incontri, le possibilità di network sono infinite.

Il rapporto di Compass stima la presenza di oltre 3mila tech startup con un valore di oltre 44 miliardi di dollari, che stanno creando oltre 10mila posti di lavoro solo nella seconda metà del 2015. È qui che il governo inglese, grazie a programmi come l’SEIS, ha creato una vera e propria nazione di Business Angels defiscalizzando gli investimenti ad alto rischio in startup.

L’ecosistema londinese ha sfruttato la sua vicinanza col centro finanziario d’Europa ma anche il suo rapporto privilegiato con gli Stati Uniti.

Ha creato inoltre incubatori ed accelleratori specializzati di eccellenza molto verticali, come Level 39 per il fintech.

Concludendo, contrariamente all’ipotesi iniziale di Van Zanten, io non auspico la creazione di una “Silicon Valley” diversa da Londra, ma piuttosto mi piacerebbe vedere Londra rispondere in maniera moderna, sicura e matura alle inevitabili sfide che tutti i Paesi europei sono chiamati ad affrontare.

Insomma, dal punto di vista del business e delle opportunità, Londra ha tutte le carte in regola per mantenere il suo ruolo di leadership in Europa. Ma d’altra parte è anche vero che ha un problema socio-politico che deve necessariamente affrontare da paese leader e non da paese che ha paura e che si rintana in sé stesso.

MARCELLO MARI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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