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3 utilizzi della blockchain che cambieranno il mondo

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Ultimamente, immagino, avrete sentito parlare spesso della blockchain. Se non dalle pagine di Chefuturo, grazie al bellissimo racconto di Arcangelo Rociola, vi sarà capitato se siete appassionati di finanza e incuriositi dagli scambi in Bitcoin.

Per farla corta, ed utilizzare la definizione del fondatore stesso di blockchain, Nicolas Cary,

La blockchain è come un insieme di immensi fogli Excel che tengono traccia di ogni transazione effettuata all’interno del network.

“Questi fogli Excel risiedono poi in computer o server che fanno parte della catena di blocchi (blockchain).”

I benefici, a livello finanziario, sono evidenti e ben noti: è infatti ora possibile effettuare transazioni finanziarie senza che venga pagata una commissione ad un ente terzo che deve certificarlo.

Quando sono andato a sentire Cary parlare qui a Londra durante un Meetup in un co-working, la prima cosa che saltava all’occhio era l’abbondanza di giacche e cravatte presenti.

Fenomeno piuttosto inusuale ma molto indicativo di come la blockchain venga percepita; ovvero come un strumento finanziario.

Ma la blockchain è molto di più. Potremmo quasi paragonarla ad un internet parallelo a quello che conosciamo e in grado di fornire servizi in maniera del tutto decentralizzata. La sua invenzione è destinata a cambiare radicalmente la maniera in cui concepiamo la rete. E siamo solamente all’inizio. Motivo per il quale è importante capirne le implicazioni e possibili utilizzi.

LA BLOCKCHAIN PER L’ARTE

Si è sempre sperato e pensato che il digitale avrebbe salvato e democratizzato l’arte. Almeno da quando esistono gli strumenti per creare arte digitale abbiamo immaginato che un giorno gli artisti avrebbero abbandonato tela e pennello per abbracciare forme di arte digitale. La diffusione dell’arte digitale si è però scontrata con l’impossibilità di garantire l’originalità di un’opera.

Qualsiasi opera è infatti riproducibile con un “copia e incolla” o con uno screenshot (come questo articolo del resto), creando un bene originariamente unico e commerciabile, in qualcosa di infinitamente riproducibile, e quindi privo di valore.

Per approfindire questo argomento rimando all’opera del filosofo tedesco Walter Benjamin “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” che tratta di come, appunto, l’introduzione di nuovo strumenti di produzione artistica abbia cambiato l’atteggiamento sia degli artisti che del pubblico verso l’opera d’arte contemporanea.

Stephen Vogler è un artista ed imprenditore tedesco che ritiene che la BlockChain possa risolvere questo problema.

Grazie alla blockchain è possibile sostituire la copia fisica, cartacea, del certificato di autenticità con uno virtuale che risiede appunto all’interno della blockchain.

Cosi come un bitcoin sostituisce la banconota come certificato pagabile a vista al portatore, le licenze di Vogel sostituiscono i certificati di autenticità delle sue opere, rendendole allo stesso tempo un bene “scarso” e quindi commerciabile.

Con Monegraph, chiunque può creare un opera d’arte digitale unica, tracciabile ed immediatamente vendibile sulla piattaforma. Creata da un artista digitale, Kevin McCoy, e Anil Dash, imprenditore e consulente per Medium (tra le altre cose) ad un hackaton nel 2012, ha proprio lo scopo di rendere uniche e commerciabili le opere di artisti digitali. In questo bel racconto, proprio su Medium, Dash ripercorre i giorni in cui lui e Kevin hanno pensato a come rivoluzionare il mondo dell’arte.

Per capire la potenzialità dello strumento, basti pensare che Ascribe, una startup berlinese che si occupa anch’essa di tracciare le opere degli artisti digitali, conta già oltre 600 artisti iscritti, 2,600 opere registrate e $2 milioni raccolti.Quanto tempo passerà prima che i brand incominceranno a commercializzare immagini digitali utilizzando il loro logo?

SMART CONTRACTS

Intorno alla metà degli anni 90, quando Internet era poco più che rotten.com, Nick Szabo coniò il termine “smart contract” per indicare un software che faceva accadere automaticamente qualcosa in concomitanza di un avvenimento. Proprio come fa un contratto cartaceo, solo che in caso di inadempimento, questo va impugnato di fronte ad una corte. Il problema degli “smart contract” è che non hanno il potere di far rispettare dei pagamenti nel momento in cui una delle due parti decida di non rispettare il contract. Questo fino all’avvento dei Bitcoin. Ora infatti uno smart contract può essere costruito all’interno della blockchain dove può avvenire il pagamento il Bitcoins.

Proprio per la natura totalmente decentralizzata della blockchain, gli smart contract sono a prova di frode, falsificazione e censura.

Ethereum è una piattaforma costruita sulla blockchain sulla quale si possono costruire applicazioni e, soprattutto, smart contract. Non utilizza esclusivamente bitcoin, ma anche Ethereus, una valuta creata esclusivamente per essere utilizzata all’interno di Ethereum. In realtà chiunque può creare la sua valuta alla quale assegna un valore specifico per far rispettare il contratto da lui stesso creato. E mi rendo conto che qui il discorso diventa complesso, ma rimando i dettagli ad un pezzo di approfondimento dedicato a questo argomento.

Ethereum, come dicono i suoi fondatori, è come internet sarebbe dovuto essere.

CITTADINANZA 2.0

Bitnation è un’organizzazione completamente decentralizzata registrata all’interno della blockchain e non incorporata, come di norma dovrebbe essere, nel registro della Company House britannica.

Si occupa di svolgere i servizi che svolgerebbe uno stato ma, appunto, in maniera totalmente decentralizzata e non legata ad un concetto di stato nazione. Vice si è anche avventurato in un carpiato politico che metteva la nascita della blockchain tra le possibili cause del decadimento dello stato nazione. Un po’ troppo semplicistico a dire il vero.

È però interessante come sia nata una tecnologia che possa funzionare da anagrafe transnazionale in grado di dare una cittadinanza virtuale anche a chi non ne possiede una reale. È da qui che è nato infatti l’accordo tra Bitnation e il governo estone per fornire un registro sulla blockchain alla cittadinanza elettronica (e-residency) fornita dal paese baltico.

A detta del CEO di Bitnation, Susan Templehof, l’obiettivo dell’associazione è quello di oltrepassare uno dei concetti che ha creato più morti nella storia moderna: quello di confine. Ed è per questa ragione che

Bitnation ha offerto ai rifugiati la possibilità di ottenere la cittadinanza virtuale con tanto di carta d’identità, anch’essa virtuale.

Un modo questo, per registrare su di un registro pubblico, la blockchain appunto, l’esistenza di queste persone che altrimenti non avrebbero altro tipo di documento. In questa maniera, inoltre, i possessori della residenza virtuale sono in grado di fare richiesta per una carta di credito “Bitcoin Visa”. Forse non cambierà le sorti del concetto di stato nazione in se, ma di sicuro offre un gradito supporto psicologico a delle persone in difficoltà.

Io ad esempio mi sono preso la cittadinanza virtuale sulla blockchain mentre scrivevo questo pezzo.

La possibilità di registrare dei documenti su di un registro virtuale decentralizzato, da modo di poter depositare certificati di nascita, di morte, di matrimonio. Pensate al problema delle unioni di fatto. All’interno della blockchain potete sposarvi con chi vi pare tramite uno smart contract con potere esecutivo tra le parti contraenti. Certo, siamo ancora lontani dalle garanzie e i diritti che darebbe la legge.

Comunque, Bitnation sta fondamentalmente facendo sulla politica quello che Bitcoin ha fatto all’economia. La ha decentralizzata.

IN CONCLUSIONE

Una tecnologia nata inizialmente come fondamento per una valuta virtuale, sta usando tutta la sua potenza decentralizzata e decentralizzante per rivoluzionare internet come lo consociamo oggi. Dalla proprietà intellettuale alla finanza, dalla politica ai rapporti tra aziende.

Si tratta ancora di una tecnologia troppo nuova per poter essere davvero rivoluzionaria e difficilmente raggiungerà la massa critica prima di 5 anni ma le basi esistono e l’interesse dei grandi player, dagli stati alle grandi banche.

D’altronde, come sostiene Clay Shirky:

Le rivoluzioni non avvengono quando una società adotta nuovi strumenti, ma quando adotta nuovi comportamenti.

Al di là di proclami tecno anarcoidi e fantasie malatestiane, credo che la blockchain sia davvero il terreno più fertile che abbiamo al momento per un vero cambiamento. Internet era nata come una grande rivoluzione democratizzante in grado di dare potere di mettere l’utente al centro.

Col tempo, invece, la rete è diventata territorio di battaglia tra grandi gruppi multinazionali, stati e cittadini con quest’ultimi che hanno avuto la peggio dovendo rinunciare alla propria privacy al netto dell’incredibile rivoluzione che è stata la rete. Progetti per creare una rete decentralizzata, che non passi attraverso i filtri dei grandi provider della rete e quindi potenzialmente vulnerabili a malintenzionati e ladri di dati, sono già stati studiati negli ultimi anni dall’Institute for The Future in California.

Non intendo assolutamente negare il vero e reale progresso che Internet ha rappresentato per l’umanità intera, ma a questo punto direi che è legittimo pensare che un nuovo internet è possibile. Libero, democratico, decentralizzato e in grado di focalizzarsi maggiormente sui reali bisogni delle persone e non su come farci spendere più soldi creando nuovi bisogni.

MARCELLO MARI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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