Nel 2015 sogno di ripartire da quell’Italia che ho ammirato anche nel corso del 2014. Quante strade, quanti viaggio, quante persone ho avuto il piacere di incontrare nell’anno che sta per chiudersi.
Una marea di innovatori annidati in ogni angolo d’Italia e un’Italia che pensa al futuro
Un futuro che si prova a disegnare a immagine e somiglianza della propria comunità locale, cercando nelle nuove tecnologie un’opportunità e nel guardare fuori dai confini nazionali una necessità. Un lungo viaggio, scrivevo. Un lungo viaggio intrapreso anche grazie all’avventura del Next di Repubblica diretto da Riccardo Luna alla scoperta di nuovi luoghi (e modi) di fare innovazione.
Certo, ci sono hub, open space, coworking e molto altro ancora. Il vocabolario degli spazi di innovazione si arricchisce ogni giorno di più.
Perché al luogo fisico è associato un nuovo concetto di partecipazione, un modo di pensare fuori dagli schemi rivoluzionario rispetto al passato. Certamente siamo lontani dai numeri d’Oltreoceano – in una città come New York si registrano oltre sessanta spazi di coworking – ma anche in Italia qualcosa sta cambiando. E quel 2% di liberi professionisti che lavora da noi in uno spazio condiviso è destinato ad aumentare. Ma i luoghi di cui vi voglio raccontare in questo post sono 5 realtà particolari, melting pot di una nuova generazione di professionisti che sta ridisegnando gli spazi dello stare insieme.
Qui Milano
In un condominio milanese c’è chi sta pensando di riscrivere le regole del lavorare in squadra. Un progetto bello e ambizioso, quello di Piano C.
Si tratta di una start up che ripensa il concetto di condivisione degli spazi: otto soci con quasi quattrocento metri quadrati di superficie da gestire, una sessantina di coworker attive e oltre duemila donne nella community online. “Proponiamo soluzioni inaspettate per far incontrare donne e lavoro, perché il valore femminile diventi fonte di innovazione e ricchezza per la società e l’economia”, racconta Sabrina Bianchi, partner di Piano C.
Una parte del team di Piano C
Per Sabrina in uno spazio condiviso si crea un’alchimia particolare e c’è una magia che si produce quando le energie e le competenze fluiscono da una parte all’altra della vita. Qui si ricerca la felicità produttiva: “Accogliamo donne e uomini che vogliono cambiare le dinamiche del lavoro, stufi di far finta che vada bene così.
E siamo sicuri che non debba esserci un trade off tra felicità e produttività, perché al crescere dell’una cresce anche l’altra”.
Qui Palermo
Una ex tonnara diventa un luogo privilegiato per ripensare le start up del domani. Una sorta di acceleratore di progetti di innovazione sociale incentrati sulle nuove tecnologie digitali. A metterlo in piedi un gruppo di giovani imprenditori under 35. Siamo alla periferia di Palermo, tra il mare e il Monte Pellegrino, in un ex fortino arabo cinquecentesco.
La squadra dei giovani imprenditori
La missione di questo giovane team è quella di trasformare un semplice contenitore di eventi in uno spazio di innovazione situato nell’antica borgata marinara di Vergine Maria, che così diventa un progetto di ispirazione trasversale per lanciare sul mercato globale imprese innovative. “Questa tonnara, ovvero il luogo dove veniva praticata la mattanza legata alla pesca del tonno rosso, dagli anni ’50 è stata abbandonata. E questo a causa del cambio di rotta dei tonni. Noi invece oggi qui stiamo facendo innovazione sociale”, mi ha raccontato Erasmo Mormino, venticinquenne di Palermo e una delle anime del progetto.
Qui gli startupper trovano consulenza strategica, risorse operative, pianificazione economica e finanziaria, network. “Palermo è un luogo di emigrazione, ma per fortuna i giovani palermitani che decidono di andare a formarsi all’estero continuano ad immaginare di trasferire qui tutti le loro competenze. Non lo sapete ancora, ma Palermo diventerà capitale dell’innovazione europea”.
Qui Matera
Innovazione è anche condivisione e accoglienza. Così Matera Capitale Europea della Cultura 2019 abbraccia gli hacker civici per disegnare la città del futuro. E lo fa con unMonastery, una risposta concreta, reale, condivisa. Una risposta corale di giovani donne e uomini che hanno deciso di indossare i panni di non-monaci e di mettere in circolo idee, progetti, passioni.
Una delle attività dell’unMonastery. Credits: Bembodavies.com
Sono partiti da ogni angolo d’Europa per approdare a Matera. Perché è qui che l’unMonastery trova spazio e senso, come racconta spesso Alberto Cottica, anima di questo progetto. “Abbiamo messo in piedi un programma di residenze per innovatori sociali. L’idea è diventata realtà grazie ad un’alleanza inedita tra Pubblica Amministrazione, persone locali ed europee”, dice Ilaria d’Auria, sociologa di formazione, impegnata nella progettazione civica e sociale e oggi del progetto unMonastery, programma di residenze tra i sassi di Matera, vero hub di innovazione sociale.
I non-monaci sono hacker, facilitatori di comunità, artisti. “L’idea nasce e si evolve online attraverso la piattaforma degli Edgeryders. E’ il frutto di mesi di collaborazione in rete. E’ il risultato di un esercizio di intelligenza collettiva. L’idea è diventata realtà grazie ad un’alleanza inedita tra pubblica amministrazione, impresa sociale e persone locali ed europee che si sono impegnate nella realizzazione del primo prototipo”.
Qui Verona
Un’associazione culturale diventa impresa sociale e molto altro ancora. Siamo a Verona e lo spazio che Reverse ha scelto è quello del Canarin in Via Giolfino. “Ospitiamo tante iniziative culturali e musicali, perché il Canarin è un luogo di incontro, di lavoro, di collaborazione, di svago, di sogno”, racconta Federica Collato, partner di Reverse. In un paio di mesi la squadra ha riportato a nuova vita un laboratorio di falegnameria, un grande giardino e due barchesse. Nei nuovi luoghi di lavoro il passato torna a nuova vita. “Abbiamo varcato il cancello nel dicembre 2012, qui ci sono un laboratorio di falegnameria di recupero dell’impresa e uno spazio per le attività culturali dell’associazione. Non volevamo vivere uno spazio da soli ma condividerlo, quindi da subito abbiamo messo attorno ad un tavolo di un’osteria fuori porta qui a Verona le realtà amiche e i progetti”.
Una delle attività svolte nel Canarin
Nel marzo 2013 questo gruppo di giovanissimi ha avviato i lavori di recupero dello spazio e in un paio di mesi ha riportato a nuova vita quell’edificio con laboratorio, un grande giardino e due barchesse costruite negli anni ’30 dal nonno dell’attuale proprietaria. “Aveva qui la sua falegnameria e la sua casa e veniva chiamato Canarin. Nella via, infatti, c’erano al tempo numerosi capannoni adibiti all’accoppiamento di uccelli e anche l’osteria che sorgeva dove ora c’è la sede veronese di Equitalia veniva al tempo chiamata Canarin”, precisa Federica Collato. Il Canarin come spazio in continua trasformazione. Il Canarin come luogo di incontro, di lavoro, di collaborazione, di svago, di sogno.
Qui Cagliari
Una web radio in radiologia. No, non è una battuta, ma è davvero quello che un gruppo di giovani sta realizzando ormai da diversi anni con Unica Radio, che nasce ufficialmente nel 2007 da tre amici: Carlo Pahler, Roberto Ibba e Domenico Sanna. Poiché non avevano spazi all’interno dell’università di Cagliari la loro idea aveva trovato ospitalità all’interno di un ufficio di un amico, restandoci per due anni. Budget iniziale di spesa: 6.000 euro, con i quali il team ha pagato SIAE e acquistato pc, mixer, software e brani per iniziare. “Sono stati circa un centinaio ad oggi i ragazzi che hanno svolto attività di tirocinio presso la nostra realtà associativa”, mi ha raccontato Carlo Pahler.
La squadra di Unica Radio
Passati due anni dall’inaugurazione la web radio si trasferisce nella vecchia sede di radiologia dell’ex clinica Aresu, ospedale nel cuore della città di Cagliari e che ora ospita l’ex facoltà di lingue e comunicazione e parte dei corsi di Scienze Politiche. “Abbiamo recuperato i mobili da quelli dismessi della regione Sardegna e allestito la sala affinché potessimo trasferirci celermente”, ricorda Carlo.
Carlo Pahler di Unica Radio
Unica Radio, si occupa di musica, cultura, eventi e informazione territoriale. Conta circa dieci persone nella squadra e ha vinto un riconoscimento europeo come migliore produzione podcast (assegnato dall’Olympus) e un riconoscimento dal World College Radio Day per aver gestito tecnicamente per due anni di seguito la diretta mondiale di quarantotto ore ritrasmessa da circa seicento radio universitarie mondiali in FM e web. “Una impresa colossale alla quale abbiamo lavorato due mesi per coordinare gli orari e i cambi sena mai fare alcun buco radiofonico, ovvero silenzio”.
Verona, Cagliari, Milano, Palermo, Matera. Ma ce ne sarebbero altri. Tanti altri luoghi impensabili dove si fa innovazione in Italia. Se vi va indicatemeli e insieme proveremo a raccontarli su Che Futuro anche nel corso del 2015. Perché il futuro spesso riparte anche sotto casa.
GIAMPAOLO COLLETTI