Caro direttore–
Il nuovo rapporto Svimez dice che il Sud è in ripresa, seppur lenta, e questo fa piacere a tutti. Ma è anche l’occasione per tornare sul dibattito generato dal suo articolo pubblicato su CheFuturo, poche ore dopo la diffusione del precedente rapporto Svimez 2015 sul Mezzogiorno, che ha suonato la carica per tante storie e testimonianze che sono seguite con l’hashtag #ilsudsiamonoi.
E’ stata la conferma che una rivista aperta all’ascolto, come CheFuturo, può farti sentire meno solo, anche se vivi nel cuore della Terra dei Fuochi dove, accanto ai problemi atavici del Mezzogiorno, si aggiungono tante altre difficoltà – come i roghi di spazzatura che si susseguono quotidianamente da oltre un decennio o come gli oltre sei milioni di rifiuti confezionati in balle distribuiti su circa 1,5 chilometri quadrati di territorio fertile.
Perché il Sud è purtroppo anche questo e vorremmo non parlarne più.
Le testimonianze che leggiamo su CheFuturo sono spesso storie di singoli successi, di semine coraggiose, di una forza di volontà che non si arrende. Di tanti che non hanno ceduto il passo al disfattismo che attanaglia larga parte del Mezzogiorno. Eppure questa energia positiva non riesce a far breccia, contagia ma non fa sistema, nel senso di azioni coordinate per lo sviluppo tecnologico, il miglioramento della burocrazia, l’innovazione nella formazione e nella ricerca, la crescita salariale, la diminuzione significativa della disoccupazione, la riduzione del disagio sociale, insomma, di azioni che portino ad un reale miglioramento della qualità di vita del Sud del Paese.
Gli interventi con l’hashtag #ilsudsiamonoi, sintetici ma efficaci, asciutti quanto diretti, pubblicati su CheFuturo nelle settimane precedenti, sono apparsi come tante particelle d’acqua che, percepita la forza del vento sulla superficie, si sono messe in moto come un’onda ordinata di energia che si propaga verso una direzione condivisa.
Quell’onda è ancora in moto, e mi piacerebbe che diventasse uno strumento di azione oltre che di opinione, di impatto anziché di testimonianza, efficace metafora usata lo scorso anno da Francesco Luccisano nel suo discorso inaugurale del Festival delle Comunità del Cambiamento di RENA.
La prima semplice idea che mi è venuta in mente, per conservare il moto dell’onda di #ilsudsiamonoi e materializzare questa energia, è una conferenza semestrale nei capoluoghi del Sud Italia, nella quale invitare il governo nazionale, i rappresentanti locali, le confederazioni aziendali e sindacali, i digital champions, gli investitori, con un obiettivo preciso: definire insieme le priorità di intervento, scegliere le metriche per misurare il cambiamento e rivedersi, dopo sei mesi, per confrontarsi sulle azioni messe in campo e i risultati ottenuti.
Uno sforzo comune, concentrato su come far convergere le esperienze di successo dei singoli in esperienze collettive di innovazione.Il Presidente del Consiglio, all’inizio di Agosto a Roma, ha lanciato l’idea di tracciare un Master Plan per il SUD nel Partito Democratico. Noi vogliamo partecipare per dare il nostro contributo. Noi che insieme a tante altre persone ed organizzazioni stiamo sperimentando modelli, prassi, iniziative di innovazione sociale, politica, culturale, economica, vorremmo costruirlo insieme il Master Plan del SUD per il bene dell’intero Paese.Uno sforzo collettivo di sintesi, di coesione, ritrovando un po’ di quella spinta propulsiva che ha accelerato la nostra storia recente dopo anni certamente più bui di quelli che stiamo attraversando. Potremmo provare ad arrivare alla conferenza semestrale utilizzando CheFuturo (il nome è già molto efficace) come strumento di condivisione di idee, best practice, politiche pubbliche, come rete e officina permanente.
Provo a cominciare, con uno sforzo di enorme sintesi e semplificazione che forse non mi perdonerete, proponendo cinque #appuntiperilSUD, cinque temi di riflessione che porterei come contributo alla conferenza.Alcuni temi, evidentemente, riguardano l’intero Paese, ma il SUD potrebbe rappresentare un case study d’eccezione dove misurare l’efficacia degli investimenti e delle politiche pubbliche. Si, ho scritto proprio investimenti, perché certamente abbiamo bisogno di risorse pubbliche (e di risorse private) per alcune riforme e azioni essenziali senza le quali il volano non si mette a girare.I cinque #appuntiperilSUD potrebbero diventare sette oppure dieci, ma credo che lo sforzo deve essere quello di individuare poche priorità e concentrare le risorse rischiando, come in tutti gli investimenti, ma cercando di coinvolgere i cittadini, le istituzioni, le parti sociali e le imprese a collaborare ed aver fiducia. Per fare ciò occorrerà forse cercare di identificare nuovi modelli di partecipazione, di confronto ma, soprattutto, di azione sinergica. Sono certo che possiamo riuscirci confrontandoci opportunamente.
Provo quindi a descrivere i cinque #appuntiperilSUD che ritengo prioritari per il rilancio del Mezzogiorno.
#1 UNIVERSITÀ E RICERCA
Comincio dal primo tema, più vicino alla realtà lavorativa che conosco meglio, che è quello di una profonda riforma e riorganizzazione dell’Università e della ricerca. La “formula magica” dell’innovazione, quella vera e duratura, quella che rende un Paese più competitivo per decenni, può solo passare per Università e ricerca.Il modello che ha forse funzionato meglio all’inizio del secolo, e che ha dato agli Stati Uniti d’America un passo in più rispetto a tutti gli altri, è stato sperimentato con successo nei Laboratori della Bells a Manhattan (come magnificamente descritto nel libro The Idea Factory. Bell Labs and the Great Age of American Innovation di Jon Gertner) che hanno rappresentato un vero laboratorio di contaminazione dei saperi e delle tecniche. La lezione principale dei Bells Labs, come riassume Isaacson, è la seguente: “Per sfornare innovazioni a getto continuo, non basta il classico garage o l’atelier dell’inventore geniale. Queste innovazioni avvengono quando persone con diversi talenti, diverse conoscenze, diverse mentalità, vengono riunite insieme possibilmente in una vicinanza fisica, in modo da potersi incontrare spesso” (da Rete Padrona di F. Rampini). Questa la formula magica, che poi sarà una delle caratteristiche principali dei campus universitari americani, dove talenti e conoscenze diverse lavorano in contiguità ed armonia.Dunque il primo tema è quello di una riforma universitaria profonda nella direzione dei Contamination Labs che era stata proposta, in via sperimentale con un bando PON, nello scorso governo da Alessandro Fusacchia che affermava:
Avere dei posti, aperti 24 ore su 24, dove si possano incontrare gli studenti di ingegneria con quelli di lettere, con gli economisti, gli archeologi e si possano confrontare su questioni alla frontiera tra diverse discipline, di avanguardia, per provare insieme a risolvere i problemi del nostro futuro.
I Contamination Labs, insieme ad un comparto ricerca competitivo a livello internazionale, con una “formazione dell’innovatore che deve iniziare già a sei anni, con scuole, educazione e divulgazione scientifica adeguate a stimolare la curiosità, con programmi al passo con i tempi e con una cultura di base più quantitativa di quella attuale”, con un “percorso che deve poi continuare con l’offerta di regole di selezione e reclutamento internazionali dei ricercatori e con valutazioni che seguono gli standard internazionali” (come sostiene Roberto Cingolani, Direttore dell’Istituto di Tecnologia) devono rappresentare una scelta decisa di investimento per lo sviluppo.Qualcuno obietterà: non ci sono le risorse per trasformare tutti gli Atenei… Allora cominciamo con alcuni esperimenti-pilota proprio nel Sud Italia.
#2 COESIONE SOCIALE
La crescita del SUD non è solo una questione di investimenti, di risorse economiche oppure di sperperi. Come lucidamente riassunto da Carlo Borgomeo nel suo L’equivoco del SUD, “[…] Al di là degli interventi sbagliati, sprechi, incapacità, c’è stato un errore di fondo: condannare il Sud a inseguire il livello di reddito del Nord, a importare modelli estranei alla cultura e alle tradizioni e a sviluppare, di fatto, una dimensione politica di dipendenza”. Ci sono tanti altri problemi al di là della necessità delle risorse, come scrive su CheFuturo Giovanni De Caro: “se avessero aggiunto l’istruzione, il controllo del territorio e l’efficienza della macchina amministrativa, cioè quelle cose che non si possono comprare ma si devono fare”, oggi il Mezzogiorno sarebbe diverso. È un po’ anche la tesi di Borgomeo, che aggiunge: “[…] Per spezzare questa logica bisogna introdurre una profonda discontinuità, a partire dalla consapevolezza della natura del divario.
Il Sud è meno ricco del Nord, ma la distanza più grave è nei diritti di cittadinanza, nella scuola, nei servizi sociali, nella cultura della legalità.
È da qui che bisogna ripartire convincendosi che la coesione sociale è una premessa, non un effetto dello sviluppo”.Ma da dove cominciare in una fase di congiuntura economica negativa? Proviamo anche per questo tema a scegliere dei casi studio: per esempio alcuni quartieri difficili delle grandi periferie metropolitane del SUD; ma diamoci delle metriche: partiamo da un punto zero e misuriamo, qualche anno dopo, la coesione sociale e lo sviluppo in quei territori. Occorre lungimiranza politica nelle sperimentazioni è finito il tempo della politica di respiro corto.
#3 PIANO STRAORDINARIO PER IL TURISMO
I dati sulle potenzialità inespresse del Turismo italiano (OCSE 2011) sono noti a tutti i principali analisti del settore ma anche ai tanti cittadini che, da tempo, chiedono un intervento della politica per rilanciare il turismo, considerandolo uno degli asset strategici del nostro Paese. Ciononostante siamo fermi su questo tema da troppo tempo segnando un fallimento evidente delle politiche di promozione turistica negli ultimi 40 anni.Oltre alle potenzialità in termini economici, potremmo contare anche sul potere formativo per i più giovani dei siti di Pompei, Ercolano, Agrigento, Siracusa, Castel del Monte, Matera, Nora, Sibari (solo per citare qualche esempio del SUD). Poi ci sono spiagge, città storiche, laghi, colline e montagne miti, così uniche da ospitare permanentemente guru e big del panorama artistico e culturale internazionale che scelgono l’Italia per vivere.Credo sia necessario cominciare ad investire in maniera più sistematica sulla loro unicità.
Occorre una formazione scolastica più aperta alla contaminazione con l’arte, la cultura e la bellezza del nostro Paese.
Come? Mediante visite guidate e programmi scolastici dedicati, facilitando anche il problema della raggiungibilità di alcuni splendidi siti che ospitano opere straordinarie, come l’esempio dei Bronzi di Riace raccontato da Aldo Pecora in maniera efficace su CheFuturo.Sarebbe la solita lamentela se riportassi il confronto con i dati migliori – in termini di investimenti, di ritorni economici, di tempo di fruizione, di qualità delle esperienze, etc. – dei musei o siti archeologici di altre nazioni. Tuttavia, da cittadino della Campania, un dato mi lascia esterrefatto, sebbene da un’analisi superficiale sembrerebbe ovvio. La Reggia di Caserta conta meno di 800.000 visitatori/anno (in forte calo rispetto agli anni precedenti), mentre il centro commerciale outlet “La Reggia” (sito a circa 2 km di distanza) conta oltre 3,5 milioni di visitatori/anno (in crescita vertiginosa). Certo, i numeri vanno letti e comparati in modo differente, ma è un dato che dovremmo rivoltare, fosse solo per una questione di orgoglio per uno dei siti museali più importanti del mondo e perché sarebbe il segnale di un rilancio, non solo turistico, ma anche culturale, con i giovani a fruire dei giardini di Vanvitelli piuttosto che degli spazi artefatti dell’Outlet!Da anni ripetiamo la solita analisi sulle potenzialità e la crisi del turismo italiano, ma poi poche sono le azioni e gli investimenti. Anche questo tema avrebbe bisogno di una posizione prioritaria nel Master Plan per il SUD. Scegliamo tre-quattro azioni per rilanciare un sito archeologico, un museo, una villa storica, una spiaggia, aiutiamo il contesto con finanziamenti mirati per Comuni, Associazioni, Imprese, Cooperative che possano proporre azioni di rilancio turistico misurabili e poi, se funzionano, negli anni successivi investiamo una cifra significativa del PIL per un piano straordinario per il turismo al SUD.
#4 SOSTEGNO ALL’INNOVAZIONE SOCIALE
Negli ultimi tre-quattro anni, anche il nostro Paese e il Mezzogiorno hanno visto moltiplicarsi gli esperimenti di innovazione sociale. Un’energia che si è liberata dal basso, nella quasi totalità dei casi nata spontaneamente e senza risorse pubbliche. A volte basandosi solo sulla risorsa tempo dei singoli o di piccoli gruppi. In altri casi, come HUB spa, la prima società per azioni per l’innovazione sociale – che ho contribuito a far nascere nel cuore della Terra dei Fuochi, insieme ad altri 70 soci, che stanno provando a contaminare il territorio con il coworking, le stampanti 3D, la realtà aumentata, il sostegno alle startup – con risorse private messe insieme con il crowdfunding (oltre 200.000 euro).In Italia, le esperienze di innovazione sociale e volontaristica si moltiplicano. Le energie anche al Sud sono preziosissime in ambito culturale, sociale, artistico, museale, etc. ma, come si chiede Barbara Imbergamo su CheFare “L’importante sembra essere scatenare energie, speranze e idee che poi non si capisce chi e come raccoglierà e in quale cornice”. Dove sono le politiche pubbliche a loro sostegno?
Come fare sistema, costruire best practice condivise e rendere permanenti le esperienze positive?
Barbara Imbergamo si domanda: “Ma siamo sicuri che sia davvero produttivo far sbizzarrire cervelli su processi e prodotti socialmente innovativi, lasciarli soli senza sostegni e vedere che succede? […] È corretto che singole persone investano con i soli propri mezzi accettando tutto il rischio per innovare settori che – diciamocelo senza peli sulla lingua – per tenersi in piedi hanno assoluta necessità di finanziamenti pubblici come il sociale e la cultura? Dando per scontato che il vecchio modello coi finanziamenti “a fondo perduto” non sia più praticabile e nemmeno auspicabile? […] E che tanto se [gli innovatori sociali] non ci riescono ci va bene lo stesso perché il rischio è stato tutto loro e nel frattempo si è costruita una potente retorica che autorizza a tagliare [le risorse pubbliche].”Il tema di una strategia per convogliare tutta questa mobilitazione è fondamentale; trovare la cornice, o il “pezzo mancante” dell’innovazione sociale, come si chiede Francesco Russo, Presidente di RENA, nel suo discorso di apertura a Bologna, è uno sforzo che dobbiamo fare tutti insieme pensando a nuovi modelli di investimento, a quali metriche per riconoscerla e misurarla, a quali strumenti e politiche pubbliche occorrano per non disperdere tutto quanto avviato in questi anni.
#5 STARTUP NON SOLO DIGITALI
L’esperienza di HUB spa degli ultimi tre anni con le startup, ci ha insegnato che, accanto alle idee di imprese digitali, con forte contenuto innovativo, grande scalabilità del progetto, e un ROI (Return Of Investment) da far gola agli investitori, ci sono tantissime (nel caso di HUB spa sono arrivate ad oltre l’80% delle proposte progettuali) idee di imprese più tradizionali, con meno valore innovativo ma con idee originali per migliorare la qualità della vita nel SUD Italia. Idee nei settori del food, del turismo, del design di prodotto o di processo, del packaging, della moda, dell’artigianato etc. In molti casi, i progetti prevedevano l’impiego di tecnologie digitali per trasformare l’utilizzo o la produzione di prodotti e/o servizi più tradizionali. Il fil rouge delle proposte è stato soprattutto l’originalità di adattare modelli di altri contesti ai territori del SUD Italia.Cosa diciamo a tutti questi giovani? Quali strumenti abbiamo messo in campo? Non sono progetti da venture capital, e neppure da business angel tradizionali. Forse occorrono dispositivi e politiche economiche diversi. Per esempio, rivedere il prestito d’onore – o altre misure di avviamento d’impresa – nell’epoca dell’innovazione sociale e delle startup; oppure offrire agli imprenditori nuovi elementi di sfida per investire su prodotti e best practice il cui SROI (Social Return of Investment) per il SUD sia altrettanto importante del più famoso ROI. Poi c’è tutto il discorso, che si collega al tema #1.
Startup non solo digitali che possono nascere dalle università e dai centri di ricerca partendo da idee imprenditoriali su prodotti, tecnologie, materiali, dispositivi, per i settori più tradizionali dell’industria, del bio-medicale, dell’ambiente, e dei servizi.
È vero, ci sono gli spinoff universitari, ma mancano gli incubatori (o gli acceleratori) ai quali i ricercatori possono rivolgersi per facilitare e sostenere la trasformazione dal prototipo al mercato. Anche su questo punto, potremmo avviare case study in un paio di atenei del SUD e sperimentare modelli di acceleratori/incubatori o startup lab efficaci da diffondere poi in altre realtà.
Come scrive Antonio Perdichizzi su CheFuturo, “c’è soprattutto bisogno di trovare nuovi alleati, di tenere costantemente vivo il dibattito, di far scendere in campo sempre più persone e coinvolgere sempre di più le classi dirigenti, diventandone attivamente parte, se e quando serve.” Una conferenza (se preferite un summit) semestrale può servire a “scendere in campo”, a costruire un “progetto politico e culturale” sull’innovazione, come auspica Nicola Pirina, a proporre soluzioni, a fare rete al SUD, come scrive anche Antonio Prigiobbo nel dibattito su #ilsudsiamonoi.Sarà difficile costruire un evento di sintesi, tenere insieme la rete, scrivere insieme il Master Plan, ma se il Presidente del Consiglio, e altre persone di buona volontà, ci daranno una mano, noi siamo qui pronti a collaborare. Tutti insieme per il bene comune del Paese.
Sono convinto anche io, come Alex Giordano, che noi non potremo “godere dell’ombra delle querce”; ma sono altrettanto sicuro che i risultati del Master Plan, tra qualche decennio, dopo aver seminato numerose ghiande, potranno far nascere alberi e offrire riparo per i nostri figli del SUD, per i nostri figli del NORD e per i tanti nostri figli che stanno attraversando il mare.
*ARMANDO DI NARDO
Giugliano in Campania, agosto 2015
*Assistant professor in Hydroinformaticsco-founder HUB spa