A 7 anni ha fondato ReefQuest, oggi fa “scienza dal basso” alle Hawaii

scienze

Il sogno di salvare la natura, quando eravamo piccoli, lo abbiamo avuto più o meno tutti. Non tutti però abbiamo trasformato subito il pensiero e il sentimento in azione e in progetto. Anzi, nella maggior parte dei casi, abbiamo continuato a occuparci di Barbie e di Play Station. E poi, diventati grandi, magari abbiamo studiato altro. E della natura ci siamo un po’ dimenticati.

Foto: Maurizio Vecchione per ReefQuest

Dylan Vecchione (il cognome non mente: è italian american, dunque anche un po’ una eccellenza nostrana) invece, ha agito diversamente. A soli 7 anni, ha trasformato la sua esigenza di “fare qualcosa” rispetto a un problema che aveva notato nella natura accanto a sè in un vero e proprio piano d’azione: ReefQuest.

ReefQuest è un progetto tecnologico, collaborativo e “in progress” nato alle Hawaii (dove Dylan vive part-time) e costruito come una sorta di gioco e di “caccia al tesoro”, i cui obiettivi sono però reali. E, livello dopo livello, aiutano a salvare uno degli elementi della natura più a rischio: il corallo.

Dylan ora ha 16 anni. È uno studente di high school e ambasciatore della sostenibilità.

Un adolescente, che non si limita a pensare che potrebbe fare qualcosa, ma che anzi lo fa davvero.

Nelle scorse settimane ci siamo scritti. Ecco la sua storia.

Perché e quando hai deciso di sviluppare il progetto ReefQuest? E perchè hai scelto un tema così specifico?Ho fondato ReefQuest all’età di sette anni, quando ho notato che la mia barriera corallina preferita, al largo della costa di Maui, aveva iniziato a subire alterazioni sempre più evidenti.

L’intero ecosistema del corallo stava iniziando a soccombere: c’era meno corallo, i colori erano diventati più blandi e la biodiversità della barriera corallina era gravemente diminuita. Mi è dispiaciuto vedere questi cambiamenti, e ho deciso di “fare qualcosa”. Così è nato ReefQuest.

Tutto è iniziato con le prime pattuglie di volontari e con delle brochure educative sulla necessità di preservare la biodiversità marina, dedicate ai turisti.

In poco tempo, ho però deciso di aprire un sito web, per fornire più informazioni sugli ecosistemi corallini e in particolare sugli ecosistemi Coral, ma applicando le mie scoperte fatte alle Hawaii agli ecosistemi di tutto il mondo.

Gli obiettivi sono evidentemente informativi e di awareness, ma c’è in ReefQuest una matrice di gioco. Pensi che la gamification possa avere un ruolo nell’avvicinare i più giovani a temi importanti come la tutela ambientale?Sono ancora una ragazzo io stesso e proprio per questo so quali sono i metodi più efficaci con cui si impara.

La gamificazione permette agli studenti (me compreso) di affrontare temi importanti attraverso approcci inediti, il tutto ritrovando un elemento chiave per l’apprendimento: la passione. ReefQuest cerca di fornire opportunità (sia reali che virtuali) per gli studenti, invitandoli a farsi coinvolgere a 360 gradi non solo con lo studio ma con la ricerca scientifica vera e propria. Cioè con obiettivi e risultati chiari e tangibili, non soltanto con problemi astratti e libri di testo.

Tu non sei sicuramente il “solito” adolescente. In realtà però, ci sono alcuni aspetti di come gestisci il tuo ruolo di giovane influencer e ambasciatore della scienza che sono specifici dei “Millennials”. Per esempio il ruolo chiave del web, e la tua predisposizione naturale per tutto ciò che è tecnologico. Che peso ha la tecnologia nel tuo progetto?La tecnologia è stata sicuramente chiave per lo sviluppo di ReefQuest. Come accennavo prima, il sito web è stato fondamentale nell’iniziare le azioni di sensibilizzazione.

Avevo 7 anni quando ho iniziato e senza tecnologia non sarei mai stato in grado riuscire a lasciare il segno.

In più, il cuore di ReefQuest è il VirtualReef, una replica digitale di vere barriere coralline sul web che ho potuto creare usando un software di elaborazione delle immagini che restituisce animazioni virtuali in 3D. Questo, permette agli “scienziati dal basso” di usare questi modellini per effettuare le loro ricerche. Usare tecnologie al passo con i tempi è dunque davvero fondamentale per il mio progetto.

Foto: Maurizio Vecchione per ReefQuest

E per quanto riguarda i social media?I social media sono uno strumento meraviglioso che permette a ReefQuest non solo di accedere a un pubblico ‘pop’, ma anche di raggiungere la “comunità scientifica globale di ordinari cittadini”. I social che usiamo di più sono: Facebook, Twitter e Instagram. La verità però è che ReefQuest stesso è un po’ un social network autonomo e indipendente, perchè connette la “comunità scientifica dal basso” e permette di attivare collegamenti, collaborazioni e scambi tra individui e comunità (come i gruppi scolastici) che condividono un interesse simile, legato alla protezione dell’ambiente.

Un altro aspetto chiave di ReefQuest in effetti, è il fatto che il progetto è open source, basato sul crowdsourcing e sulla “scienza dal basso”…Sì, è esatto. Il mio presupposto è molto semplice: non ci sono abbastanza scienziati per monitorare tutti gli ecosistemi del mondo.

Così, ReefQuest utilizzando la citizen science (“scienza dal basso”) per aiutare gli scienziati veri, che stanno sul campo.

La rete permette a persone provenienti da ogni parte del mondo di contribuire alla scienza e alla sua evoluzione. Quello che serve è solo una connessione ad internet ed un computer. ReefQuest sfrutta l’essenza “global” di internet per risolvere un problema che ci coinvolge tutti, legato allo scarso monitoraggio degli ecosistemi globali. Insieme, grazie alla tecnologia e alla condivisione del sapere, questo gap si può andare a colmare.

Perché la condivisione delle informazioni e l’uso di “intelligenza collettiva” sono importanti per la sostenibilità, per l’ambiente e per la conservazione dell’oceano?In molte situazioni, la quantità di dati raccolti in un’indagine permette di ridurre l’errore. Quindi, la compilazione di dati scientifici (fatta da parte di molti “scienziati dal basso”), in particolare in un sondaggio scientifico dal basso, consente di ottenere risultati molto più precisi. Utilizzando metodi come il crowdsourcing o l’”intelligenza collettiva” ReefQuest può dare il suo contributo a ricerche e iniziative scientifiche ufficiali, come la National Oceanic and Atmospheric Administration o la Hawaii Division of Land and Natural Resources, negli Stati Uniti d’America. In secondo luogo, l’uso di piattaforme open source, permette a tutti di accedere ai dati raccolti su ReefQuest.org, compresi molti ricercatori indipendenti. E questo migliora sicuramente il progresso scientifico globale.

Qual è il vostro obiettivo generale? Che cosa si vuole raggiungere con ReefQuest?ReefQuest ha due obiettivi principali. Il primo è la conservazione non solo del mare, ma piuttosto di tutti gli ambienti naturali. Per questo ReefQuest fa outreach educativo (presentazioni nelle scuole, articoli, blog su reefquest.org), così da formare e sensibilizzare soprattutto i più giovani. Il nostro secondo obiettivo è quello del monitoraggio scientifico e della ricerca. Chiaramente c’è un collegamento rispetto all’outreach educativo, ma qui tutto diventa più “attivo” e pratico, attraverso le indagini e le raccolte di dati cui tutti gli “scienziati dal basso” possono partecipare.

Foto: Maurizio Vecchione per ReefQuest

La mission educativa è quella che c’è anche dietro al libro che hai scritto, dedicato a studenti come te. Il tuo è in effetti un esempio di insegnamento peer-to-peer, giusto?Io sono, personalmente, un grande fan di apprendimento peer-to-peer, perché credo che permetta un coinvolgimento più profondo sia per lo studente studente che per l’insegnante-studente. Ovviamente ci sono però pro e contro. È difficile saperlo far bene e penso che serva un tipo specifico di studente: dotato di forte auto motivazione e molto interessato a apprendere. ReefQuest cerca di dare una risposta a questo problema attraverso l’uso della “scienza dal basso”.

Permettere e incoraggiare gli studenti a partecipare alla ricerca scientifica da più valore al loro lavoro, e – mettendo tutti i risultati a sistema – consente una maggiore diffusione e comprensione dello sforzo collettivo che hanno fatto, uniti in una missione comune: salvare la barriera corallina!

FRANCESCA MASOEROBilbao (Spagna), 23 giugno 2015

Grazie a Dylan e a suo papà Maurizio Vecchione per la disponibilità e per la passione con cui hanno deciso di condividere con noi il progetto ReefQuest.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

What do you think?

Scritto da chef

innovaizone

Storie da OpenRicostruzione: Mirandola e una lettera d’amore

innovaizone

Puntiamo sullo Storylistening, l’arte di ascoltare prima di raccontare