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Può l’A.I. battere l’uomo nella progettazione di microchip? Google pensa di sì

Al centro della nuova scoperta del Google Research Brain Team troviamo l'A.I. e la capacità di produrre microchip.

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Se l’intelligenza artificiale possa un giorno sostituire l’uomo, è una domanda che ci siamo sempre posti, oggi ce la chiediamo sui microchip: chi è più bravo a progettarli? Sono interessanti i risultati ottenuti da un gruppo di ricercatori del Team di Google Brain che ha provato a rispondere a questa domanda. A quanto pare, un A.I. ben qualificato è in grado di disegnare microchip per i computer, ottenendo anche ottimi risultati. Talmente sbalorditiva è questa scoperta, che Google ha deciso di utilizzare i microchip, creati durante questo esperimento, nella fabbricazione della prossima generazione di software A.I. per computer.

Fino ad ora, in giochi come gli scacchi, l’intelligenza artificiale è sempre stata vista battere con facilità la mente umana, ma si è sempre detto che fosse ancora distante dal pensare come un umano.

La capacità ci creare microchip però cambia le carte in tavola, è la controprova che anche l’A.I. è capace di trovare soluzioni out-of-the-box.

L’uomo e i microchip

Progettare microchip richiede un processo di planimetria di base, lungo e che coinvolga esperti del settore e strumenti informatici. L’obiettivo è quello di trovare, per tutti i sottosistemi del chip, un layout ottimale così da garantire una performance impeccabile. Un minimo errore o variazione all’interno di un singolo componente può ricadere sull’intera capacità di potenza del chip totale.

Gli ingegneri Google dichiarano che la progettazione di un nuovo microchip richiede “mesi di sforzo intenso” da parte dell’intero team. Ed ecco che arriva la svolta, il Google Research Brain Team, con sede a Mountain View in California, ha trovato un modo per semplificare il processo di creazione dei microchip.

Come? Facendo diventare la planimetria di base, un gioco.

A.I. alla creazione dei microchip

I Co-leader della ricerca Azalia Mirhoseini e Anna Goldie, riportano che l’A.I. è stato addestrato a ‘giocare’ per trovare la struttura chip più efficiente. Per il training è stato utilizzato un approccio di apprendimento per rinforzo con un dataset di 10.000 planimetrie di microchip, facendo discriminare quelle corrette e quelle sbagliate. Si è visto che l’intelligenza artificiale riesce a tenere conto anche delle metriche di lunghezza del filo, consumo d’energia e grandezza del chip.

Man mano che le capacità di discriminazione del A.I. miglioravano, migliore era anche il risultato in termini di configurazione del chip, e dunque la capacità di produzione in autonomia. Questo esperimento è stato anche fonte d’ispirazione per gli esperti nel settore.

Osservando gli approcci unici dell’A.I., hanno deciso di ridurre la distanza tra ogni singolo componente posizionandoli a forma di ciambella.

Da cinque decenni si tenta di semplificare il processo di produzione dei chip, con tonnellate di ricerche vane, fino ad oggi. Tutte le tecniche di progettazione automatizzate non sono in grado di riprodurre la stessa performance che si ottiene dai microchip fatti a mano.

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Scritto da Redazione Think

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