Addio neutralità della rete: il futuro di Internet è incerto

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Che sarà della nostra internet, quando sarà eliminata o comunque rivoluzionata la cosiddetta neutralità della rete? È la domanda che è tornata a bussare con tutta la forza dopo che, a gennaio, la Corte d’Appello di Washington ha bocciato le norme a favore della neutralità della rete, volute dal regolatore americano Fcc. In sostanza la Corte ha detto che Fcc non può vietare agli operatori che forniscono accesso Internet di accelerare o rallentare alcuni contenuti/servizi.

Significa in teoria via libera ad accordi tra Over the top e operatori per creare canali a qualità garantita per servizi Internet. Finora invece in Internet agli operatori è stato è vietato favorire o sfavorire contenuti per i propri interessi (possono rallentarli solo per motivi di efficienza e sicurezza del network).

Questo è il principio di rete neutrale che ha retto internet finora.

Prima di entrare nel dettaglio del dibattito, facciamo un bel respiro e chiariamo che nel breve periodo non cambierà nulla probabilmente. Lo dicono tutti gli esperti che Chefuturo! ha contattato: tra l’altro Stefano Quintarelli, uno dei massimi conoscitori della rete, l’analista americano Jan Dawson specializzato in policy internet e Henry Dewing di Forrester research. Il motivo è che la partita è ancora confusa, Fcc può appellarsi alla decisione della Corte o tentare altre vie; inoltre non è chiaro se gli operatori e gli Over the top sono pronti a trovare un terreno comune per accordarsi.

Ho fatto un controllo: il mio primo articolo sulla neutralità della rete risale ad aprile 2006 e da allora sostanzialmente non è cambiato niente.

Ci sono state sentenze non definitive e bozze di norme. Il dibattito è andato avanti, tutto qui.

La faccenda insomma si è ingarbugliata, piuttosto che chiarirsi, negli ultimi 8 anni.

Da quando Fcc ha emanato le regole, ha fatto strada un concetto alternativo di neutralità della rete, ora sostenuto dalla Commissione europea (con una bozza di normativa sempre più traballante) e dai grandi operatori. Quello secondo cui la neutralità è l’assenza di discriminazioni anticoncorrenziali del traffico.

Insomma, se i sostenitori storici della neutralità dicono che gli operatori in nessun caso devono accelerare o rallentare il traffico per i propri interessi, dall’altra parte della barricata si dice che l’importante è solo che questi interventi siano trasparenti e non discriminatori.

Entrambi dicono di avere a cuore il futuro di internet più della controparte.

È uno scontro di visioni della rete, quindi. Secondo i primi, questi accordi trasformerebbero internet in una sorte di tv via cavo, dove solo i grossi operatori e i grandi fornitori, accordandosi, avranno un futuro. La possibilità di accordi per creare canali a qualità garantita equivarrebbe a innalzare inedite barriere all’ingresso per i nuovi entranti, che non si possono permettere di pagare. Chi ha le risorse vincerebbe su chi ha le idee innovative perché può aumentare la qualità del servizio ai clienti pagandone gli operatori.

Messa così equivale a vincere barando su un campo da gioco dove finora solo l’innovazione è stata premiata. Ed il motivo per cui internet ne è stata fucina. L’argomento è contenuto in un noto post di Quintarelli. “Sì, sarà una nuova barriera all’ingresso per startup innovative che magari hanno un’idea forte ma non la forza contrattuale o le risorse per trattare con un operatore”, dice Cristoforo Morandini, analista di Between.

Ma non è vero, ribatte l’altra fazione.

Fanno notare che già adesso e da anni i big fanno accordi a pagamento per aumentare la qualità dei propri servizi. Solo che non pagano gli operatori ma i provider di content delivery network come Akamai. Eppure, dicono, non per questo l’innovazione si è fermata.

L’importante è che i canali a qualità garantita, forniti dagli operatori, siano disponibili a tutti, in modo trasparente, come un altro dei tanti strumenti acquistabili per migliorare il proprio servizio. Al pari delle content delivery network o della possibilità di prendere più o meno potenza in cloud. Un’azienda con un nuovo servizio all’inizio spenderà poco per questa qualità e poi l’aumenterà man mano che cresce nel numero di utenti. L’argomentazione è in un recente post di Gambardella ma concorda anche Dewing, secondo cui «sarebbe più pericolosa per l’innovazione una visione restrittiva della neutralità…in cui Fcc può dettare legge agli operatori internet impedendo la nascita di nuovi modelli di internet».

I due schieramenti divergono quindi anche sul concetto stesso di futura innovazione. Secondo i sostenitori classici della neutralità, l’innovazione è possibile nella massima apertura, quindi impedendo accordi tra le parti che hanno un rapporto con l’utente finale (i quali sarebbero sostanzialmente più impattanti rispetto a quelli che già ci sono con le content delivery network). Secondo gli avversari, l’innovazione è permettere l’iniziativa commerciale delle parti che, grazie a questi accordi, può varare nuovi servizi a qualità garantita (tipo streaming o videoconferenze 3D/4K) o nuovi modelli di pricing per i servizi.

Come andrà a finire? Nessuno lo sa davvero. Nel breve quasi sicuramente niente, dicevamo. «A livello regolamentare non succederà niente. Sul mercato qualcosa, ma solo su rete mobile, dove non c’è mai stata una vera protezione della neutralità», dice Quintarelli. «Mi aspetto un impatto molto ridotto, all’inizio. La battaglia legale non è finita e gli operatori ci penseranno molto prima di fare accordi, per evitare proteste e un intervento regolatorio forte», dice Dawson. «Lo scenario più probabile è che gli operatori non bloccheranno o degraderanno mai il traffico. Sperimenteranno nuovi modelli per la fornitura di contenuti a qualità garantita, ma non mi aspetto novità normative per ancora uno-due anni», dice Dawson.

C’è tempo, ma bisogna che il pubblico lo utilizzi bene per acquisire consapevolezza della posta in ballo: il futuro di internet. Solo così può sostenere la fazione che più lo convince e non subire poi decisioni su cui non ha mai avuto voce in capitolo. Non è assurdo immaginare che siano gli utenti insieme a decidere quale forma di internet debba prevalere nei prossimi anni. Internet siamo noi, dopotutto.

Roma, 4 febbraio 2014Alessandro Longo

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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