“Lo Stato, nel rispetto del principio di leale collaborazione con le autonomie regionali, promuove lo sviluppo dell’economia e della cultura digitali, definisce le politiche di incentivo alla domanda dei servizi digitali e favorisce, tramite azioni concrete, l’alfabetizzazione e lo sviluppo delle competenze digitali con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, nonché la ricerca e l’innovazione tecnologica quali fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile.”
Inizia cosi’ la legge sulla quale ieri la Camera ha espresso il voto di fiducia. Una approvazione che mi ha causato sensazioni opposte. Da un lato, per quel poco che ho potuto seguire il dibattito in aula, un velo di tristezza nel constatare che anche un tema così rilevante e no-partisan veniva usato come pretesto per tirate politicheggianti con parlamentari che recitavano “l’importanza dell’agenda digitale” con la stessa competenza che avrebbero mostrato parlando dello sternocleidomastoideo.
Dall’altro un velo di soddisfazione nel vedere il parlamento che legiferava su un tema che, fino a gennaio dell’anno scorso, era ignoto alla nostra classe governante.
Tanti parlamentari di buona volontà, bipartisan, avevano lavorato nei mesi scorsi per arrivare ad un testo comune e tante persone competenti, addetti ai lavori o assistenti li avevano aiutati con suggerimenti, studi e documentazione. In prima linea mi pare di poter annoverare gli onorevoli Bergamini, Gentiloni, Palmieri, Rao, Vita, Vimercati (con cui ho avuto contatti, ma certamente ve ne sono altri).
Una mole di lavoro che aveva prodotto un testo ricco, nella generale disattenzione dei rispettivi leader (e forse era stato meglio così). A tutti noi che lavoriamo su internet o nell’informatica è capitato sentirsi dire da un parente “non spiegarmi che lavoro fai, tanto non capisco; piuttosto, ho il PC che non funziona bene”.
Ecco, forse la congiunzione astrale del lavoro di pressione dell’opinione pubblica e delle imprese, di parlamentari bipartisan con un governo tecnico sensibile, ha consentito di arrivare in fondo a questo provvedimento. Che peraltro ha avuto un iter abbastanza blindato, con poca possibilità di miglioramento ma con infiltrazioni varie che,rispetto allo sviluppo, appaiono abbastanza offtopic, come provvedimenti riguardanti stretto di messina, ISTAT, navi, pneumatici da neve, edilizia scolastica, farmaci generici, protezione civile, assicurazioni.
Condivido il dispiacere dell’onorevole Bergamini, tra i pochi durante il dibattito ad entrare anche nel merito (l’unica a ricordare l’opinione pubblica che da quasi due anni preme per questo provvedimento) che non ci siano più norme per l’alfabetizzazione digitale, ad esempio usando la RAI ( “Digital Manzi”, bocciato inspiegabilmente al Senato), norme per favorire il commercio elettronico, i contributi alle famiglie e per l’inclusione delle persone disabili e appartenenti alle categorie deboli e svantaggiate.
Certamente ci sono tanti punti migliorabili, ma quando si e’ vista una legge dello Stato con dentro così tanta roba buona? Domicilio digitale per cittadini, indice della PEC delle aziende, Open Data, certificazioni telematiche malattia, biglietti trasporto pubblico interoperabili, telelavoro, OSS, fascicolo elettronico studenti universitari, contenuti digitali (libri), fascicolo sanitario elettronico, prescrizione elettronica farmaci, digital divide, pagamenti elettronici (IBAN e mobili), comunicazioni giudiziarie, legge fallimentare, startup ed incubatori…
Insomma, la soddisfazione prevale.
Adesso si aprono almeno tre fronti: le regole implementative, l’attuazione di quanto sancito e le proposte emendative per migliorare ed integrare questo articolato.
Nei primi anni 2000 c’era, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Forum per la Società dell’Informazione voluto dal senatore Bassanini, per un decennio abbiamo trascurato abbastanza l’argomento. Da ieri il fronte si è riaperto, speriamo definitivamente.