In un’epoca in cui – un po’ per moda, un po’ per necessità – si presta molta attenzione al km0 e all’eco-sostenibilità del cibo, abbiamo fatto due chiacchiere con Giovanni Sangalli, proprietario della Cascina Casone. Ma partiamo dal principio.
L’ascesa del cibo hype
In Italia abbiamo sempre dato molta importanza alla cucina intesa come gusto e preparazione, fino a qualche decennio fa vi erano meno varietà di ingredienti e procurarseli richiedeva più tempo ma con il dilagare della GDO si sono resi disponibili sempre più ingredienti e dalle parti più disparate del pianeta e di ogni stagionalità, e quindi di nessuna stagionalità, e di immediata reperibilità poi pian piano il cibo è diventato una cosa hype e cucinare è diventata una mania nazionale non più relegata alla mamma o alla nonna o alla famiglia che si riunisce alla domenica ma una cosa principalmente da single e giovani coppie che da i surgelati gourmet si spostano alla cucina-cucinata, impiattata e instagrammata e qui si crea una immediata corsa al bio-eco-km0.
Una buona fetta della popolazione ha capito che per mantenersi sani è necessario alimentarsi in maniera sana oltre che gustosa. La GDO si adegua in fretta e così crea nuovi spazi per la nuova richiesta che è anche implementata con l’aumento degli italiani che scelgono una alimentazione vegetariana o vegana. Nel contempo nascono anche nuove catene di negozi di tipo superette (Natura sì e Bio c’bon, quest’ultima appartiene a Carrefour) e addirittura una catena di GDO d’élite come Eataly e il cibo arriva in strada su traballanti ape car (che non possono circolare nemmeno in tangenziale ma costano come una auto sportiva) e si chiama street food e nascono startup a tutto spiano alla insegna del bio-eco-km0.
Il caso Straberry
Verrebbe da dire che è tutto okay, si torna a mangiare sano e a dedicare tempo a cucinare e tutti sono informati sui prodotti, sulla loro provenienza e sui metodi di coltivazione. Però l’informazione viene fatta dai giornalisti di settore e dalle catene di vendita e a bene vedere si rivela non mendace ma molto spesso omissiva nel senso che omettendo certe informazioni negative ed evidenziandone altre positive e accattivanti ci troviamo non di fronte informazioni ma a informative marketing.
Così mentre si fa un gran narrare di biologico e di ecologia e di km zero da parte del marketing che propone una immagine idilliaca di brand agricoli o di carni che rimandano ad un immaginario da fattoria di Nonna Papera infilandoci tra le maglie di questa vediamo che è ben lontana dalla realtà come nel recente caso di “Straberry” che ha lasciato tutti indignati e sorpresi.
In effetti è molto difficile orientarsi nell’ambito del biologico per la mancanza di parametri fissi così per capire ciò che è veramente biologico e ciò che al di là della apparenza in ultima analisi non lo è. Lo scandalo di Straberry guidata dal manager Guglielmo Stagno d’Alcontres ha portato alla luce tra le altre cose una tendenza molto più diffusa di quello che ci si possa immaginare che è quella, per stare su un recente scandalo, del manager bocconiano che entra nell’agricoltura o nell’allevamento come se fosse un qualsiasi business finanziario che indagando vediamo essere non proprio una cosa positiva.
Una gita a Cascina Casone
Per cercare di vedere chiaro in cosa abbiamo nel piatto, se sia effettivamente sano e biologico così da potere essere definito di qualità sono andato a Valera Fratta che è a 31 km da Milano dove lasciandoci alle spalle la metropoli con la sua skyline e la sua frenesia ci si perde tra i campi pianeggianti della Media Valle del Lambro dove la Bassa milanese diventa Bassa lodigiana, una delle zone più fertili del mondo, dove c’è la Cascina Casone che da più di 10 anni coltiva il riso con metodi biologici ed ecologici e alleva vitelli Angus-Aberdeen secondo criteri altrettanto biologici ed ecologici con il metodo grass fed scoprendo che la vita di chi vuole condurre una azienda agricola in maniera sana per ottenere prodotti sani è tutt’altro che semplice, non remunerativa come ci si immagina e ben lontana dall’idilliaca immagine della fattoria della anziana anatra disneyana ma anzi è una battaglia fatta di quotidiana tattica e strategie che si sviluppano in quinquenni; la moderna agricoltura ecologica da cui si hanno prodotti biologici è fatta di brevetti, satelliti, rotazione agraria in alternativa alla coltura convenzionale sempre più appetibile alle multinazionali chimiche e sempre attenti ad una legislazione nazionale che a sua volta deve barcamenarsi con la UE. Va detto che con i vari consorzi di tutela nazionali l’Italia è forse la nazione più attenta e vigile contro l’uso di OGM e glifosati e l’importazione di prodotti che ricorrono a questi ma non tutte le nazioni membro della UE la pensano allo stesso modo… ma procediamo con la nostra gita.
I Sangalli sono una famiglia di agricoltori da 3 generazioni e i proprietari della Cascina Casone i quali dopo 40 anni di agricoltura convenzionale nel 2010 hanno deciso di ritornare alla agricoltura di un tempo, biologica. Non è stata una scelta semplice e agevole ed ha comportato parecchi rischi e disagi perché per essere eco-sostenibile, biologica e naturale oggi una azienda agricola deve essere innovativa molto di più di quanto lo debba essere che nel caso della agricoltura convenzionale perché per essere sostenibili anche economicamente oltre che biologicamente bisogna investire in ricerca e sviluppo di tecniche di coltura sempre più avanzate che si integrino con i ciclo naturale e le stagioni agrarie. Una battaglia combattuta da soli, come avremo modo di vedere, in un campo di battaglia minato.
Il cambiamento
Giovanni Sangalli, proprietario di Cascina Casone, mi spiega che fino a poco più di 10 anni fa il suo lavoro era più semplice, sicuro e routinario fino al punto in cui si è accorto di essere totalmente vincolato ad una delle più grosse multinazionali chimiche rendendo cosi la sua azienda agricola totalmente dipendente da questa. In quei giorni il secondo figlio Lorenzo aveva gravi problemi di salute che dopo diversi consulti medici sono stati risolti con una cura semplice basata esclusivamente sulla alimentazione naturale e di stagione. La concomitanza di cose lo ha portato a prendere la non semplice decisione di non volere più intrusioni di sostanze non naturali e ad eliminare pesticidi ed altre sostanze chimiche ed investire in tecnologia e apparecchiature satellitari, sviluppare nuovi macchinari con cui svolgere operazioni di precisione che sradicano infestanti e neutralizzano i parassiti e ne contengono la propagazione in modo naturale dimostrando così che anche senza l’uso di pesticidi chimici è possibile coltivare varietà di riso storiche in maniera assolutamente naturale ed aumentare le quantità in assoluta autonomia affrancandosi dalle multinazionali chimiche. Lo stesso metodo è stato esteso alle altre colture che sono soia e orzo e colza. Dalla necessità di autonomia e di avere un prodotto genuino e non contaminato il discorso si è allargato proprio per l’idea del figlio 21enne Lorenzo che al ritorno da una vacanza studio in Scozia ha insistito per introdurre l’allevamento dei bovini Aberdeen-Angus in questo ecosistema naturale della Cascina Casone.
Giovanni Sangalli e il figlio Lorenzo ci mettono in guardia dal bio-washing veicolato principalmente attraverso la GDO che sta inondando gli italiani e dalla finta qualità che vediamo diffondersi da quando gli alimenti biologici sono passati dall’essere una esigenza di una nicchia di persone all’essere un trend ed una richiesta sempre più ampia venendo così via via sempre più confusi e mimetizzati. Ci spiega che è giusta una democraticizzazione degli alimenti biologici ma non sempre è giusto come questi alimenti vengono prodotti e ci parla della loro dubbia provenienza e poco chiara certificazione perché spesso questi alimenti vengono prodotti in nazioni dove la biologicità della filiera non è chiara ma sono certificati come biologici ed ecosostenibili nei paesi di origine. Spesso il basso prezzo è dovuto sì a costi di manodopera più bassa ma anche a passaggi di filiera poco chiari e il più delle volte questi alimenti si impongono su alimenti più seriamente certificati in origine ma meno convenienti. Questo avviene non solo per il riso ma un po’ per tutti i vegetali.
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I pomodori wasserbomb
Il titolare di Cascina Casone continua raccontando che l’Olanda con clima freddo e poco sole e sotto il livello del mare è il primo produttore di pomodori al mondo, che vengono esportati in tutta Europa e nel resto del mondo , in serre a temperatura controllata e illuminate artificialmente, riscaldate a gas e con coltivazione idroponica che apparentemente sembra una soluzione geniale – infatti se date una occhiata ai nostrani siti di agricoltura nostrani questo sistema di coltivazione viene visto con ammirazione – e lo sarebbe si dovesse adattarsi a sopravvivere sulla luna o fossimo in un fall out nucleare ma è allucinante oggi sul pianeta terra dove mangiare non è solo riempirsi la pancia ma anche assaporare e assumere difese immunitarie e sostentamento necessario. Sulla luna non ci sono stagioni e in un fall out nucleare saremmo al buio e con clima da inverno artico mentre sul pianeta Terra ci sono stagioni con climi conseguenti e frutta e verdura e di stagione e luogo. Va da se che i pomodori coltivati così e in questi luoghi distopici se non sono nocivi nemmeno sono utili all’organismo umano ed in circa il gusto che possa avere un pomodoro trasparente che i tedeschi, che importano i due terzi della produzione di pomodori dell’Olanda, li hanno sopranominati wasserbomb, bombe d’acqua. I pomodori coltivati in Olanda sono certificati come naturali e biologici ed ecosostenibili sebbene sia evidente che di naturale, biologico ed ecosostenibile non vi sia assolutamente nulla. D’altronde non stupisce che un paese come l’Olanda la cui esistenza a ben guardare non ha nemmeno una legittimazione geografica naturale sia la nazione che fa più pressione nella UE per cambiare per cambiare la direttiva 2001/18 sugli Organismi Geneticamente Modificati ed esentare da controlli di sicurezza, ed etichettatura i nuovi OGM in totale contrasto con l’Italia.
Ma per tornare alla scelta di allevare i bovini di razza Angus-Aberdeen per completare l’ecosistema biologico della Cascina Casone bisogna anche qui premettere cosa ha spinto Giovanni Sangalli ad abbracciare l’idea del figlio Lorenzo. La Cascina Casone da parecchi anni non allevava più bovini e quando le allevava si trattava di mucche da latte ed era in quei giorni molto reticente a tornare ad allevare animali. Ma Giovanni non è oggi reticente a parlare di allevamento di bovini e suini e non dà per scontato che io sia ferrato sull’argomento cosa che in effetti non sono, pur essendo anche io della Bassa e cresciuto tra campi e cascine e ho amici agricoltori. Alla mia richiesta di delucidazioni risponde volentieri e con franchezza.
Se quello di cui abbiamo parlato riguardo alle coltivazioni è grave quello che mi racconta sull’allevamento è a dire poco peggio. Una percentuale preoccupante degli allevamenti di bovini e suini nazionali non alleva animali di proprietà loro ma di proprietà di grossi gruppi di macellazione e commercio di carne i quali per esempio forniscono maialini di 15 giorni e/o vitellini di 5 giorni, sostanzialmente non ancora svezzati e alimentazione, antibiotici (sempre di loro produzione) e standard produttivi molto vincolanti da rispettare. Gli animali così allevati vista la scarsità di spazio e lo stretto contatto in cui vivono devono assumere di default antibiotici e medicinali per evitare che si ammalino e così di generazione in generazione diventano sempre più immuno-depressi perché più vengono vaccinati e più la loro immunità si affievolisce e intanto chi mangia quella carne ingerisce antibiotici e medicine che il corpo non riesce a smaltire.
Le farine animali
Vi è poi il problema delle farine animali che finiscono nel mangime dei maiali e delle mucche. Cosa sono le farine animali? Sono gli scarti di altri animali, cartilagini, ossa, sangue e organi che non si riesce a vendere a scopo alimentare. Così si trasformano animali erbivori in carnivori e per certi versi cannibali visto che in molti casi nelle farine animali ci sono gli scarti degli stessi animali che le mangiano. Questo è un problema che non riguarda in prima battuta l’allevamento nazionale perché in Italia sono vietate ma non mette completamente al sicuro i consumatori perché in parecchi stati extra UE come il Canada per fare un esempio (nazione questa che fa anche tranquillamente uso di glisofato) ma non solo, non sono vietate.
Questa spiegazione chiara quanto allarmante annebbia l’immagine della fattoria con mandrie al pascolo e le messi di grano al tramonto che ha nel suo immaginario il consumatore ed illumina sul fatto che la maggior parte delle cose che esso mangia di sano o biologico abbia sempre meno e che se si vuole tracciare una filiera si può fare ma sempre di più la strada porta alle industrie chimiche le quali tentano di controllare per poi vincolare le aziende agricole nazionali cercando di spostare l’organizzazione di queste sempre più sull’aspetto aziendale e limitando quello agricolo.
Il sistema grass fed
Il titolare della Cascina Casone ha cercato di spiegarci cosa lo ha spinto verso non ad un ritorno al passato ma ad un ritorno ad una agricoltura con un rapporto con il territorio ed una continuità con il passato condotta con metodi moderni ed ecologici che non impattino sull’ambiente e sul prodotto finale ed in ultima analisi sul consumatore. La sua azienda agricola che preferisce chiamare cascina o fattoria fa il suo per riequilibrare la situazione. I vitelli Angus-Aberdeen di Cascina Casone pascolano liberi in spazi ampi e aperti e vengono allattati dalla madre finché non sono svezzati completamente, si nutrono esclusivamente con il sistema grass fed e cioè di erba di pascolo e fieno ingrassando allo stato brado per 3 anni e più con una carne che garantisce un alto contenuto di antiossidanti Omega 3 e Omega 6 oltre che di vitamina A, E, e B nonché ferro e zinco.
Anche nella fase di vendita della carne i Sangalli hanno avuto un occhio di riguardo preferendo il sottovuoto ai conservanti che possono essere cancerogeni. I migliori profili genetici vengono selezionati di vacca in vitello della stessa razza (spesso quando vi trovate in mano una confezione di hamburger di una razza nota come pregiata in realtà assaggiandola vi accorgerete che ha il sapore di hamburger qualsiasi e questo è dovuto al fatto che magari una mucca di quelle allevate con i metodi alcune righe sopra raccontati viene semplicemente fecondata con il seme di un toro di razza pregiata). L’Angus-Aberdeen è parte dell’ecosistema della Cascina Casone ed evita il ricorso a diserbanti e pesticidi laddove non viene coltivato il riso e le altre colture cereali e viene coltivato a foraggio sempre in una ottica di rotazione agraria.
Un manager diverso
Chiedo a Giovanni come vadano gli affari di Cascina Casone e se ha anche lui adottato una gestione di tipo manageriale, ridendo divertito mi spiega che la differenza tra un manager uscito da una università con una laurea in Economia e Commercio che gestisce una azienda agricola ed una agricoltore laureato in Scienze Agrarie che gestisce una azienda in cui vive con la propria famiglia è proprio quella del tempo “Il tempo e di conseguenza le stagioni sono elementi preziosi per la vita di una azienda agricola e bisogna farci i conti e non si possono forzare se si vogliono ottenere buoni prodotti. Una azienda agricola non è una fabbrica o un azienda di logistica e se viene gestita con metodi da manager di una corporate… beh ne abbiamo parlato fino adesso dei pericolosi risultati per ambiente, animali e in ultima analisi per noi stessi in cui si potrebbe incorrere. I conti si fanno e si pianifica e si innova ma i risultati non si possono pretendere in un “taaac!”.
Come invertire il trend
Prima di avviarmi io verso la automobile e lui verso il trattore per salutare Cascina Casone, gli chiedo come si può uscire da questo trend, come può l’umanità nutrirsi in modo sano e non come bestiame a sua volta. Mi spiega che in effetti il rischio che si corre è che il consumatore finale in un futuro prossimo possa essere trattato proprio come il bestiame degli allevamenti intensivi di cui si nutre visto che mangia gli stessi vegetali e ingerisce gli stessi antibiotici ogni volta che mangia una cotoletta con insalata e pomodori rischiando di diventare progressivamente sempre più immune depresso proprio come il bestiame di cui si nutre. Infatti il proliferare periodico di epidemie su scala mondiale è sempre più frequente e con tempi sempre più ravvicinati. Ovviamente con questo trend di sovralimentazione in certe zone del pianeta – e di sottoalimentazione in altre – non è possibile mangiare in modo sano per tutti a meno che di mangiare meno carne, che in effetti non è necessario mangiare più di una volta alla settimana, e di tornare alla stagionalità dei prodotti della terra e alla territorialità dove è possibile. La agricoltura e l’allevamento naturale e non convenzionale hanno costi maggiori e minore produzione ma con la coltivazione biologica e naturale si potrebbe salvare il pianeta, vivere in modo sano ed equilibrato e non andare incontro al rischio di diventare animali di allevamento a nostra volta. Mangiare dovrebbe tornare ad essere una soddisfazione e al contempo una fonte di nutrimento sana e non una minaccia per il nostro organismo.
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