Nel contesto mondiale, la pandemia di Covid-19 ha dettato nuove coordinate alla crisi. Eppure, ci sono società che si sono orientate alla ricerca di soluzioni, piuttosto. Fra queste, vi è la Alfio Bardolla Training Group Spa. Specializzata nel settore dell’educazione finanziaria, la società quotata con una capitalizzazione attuale di circa 6 milioni di euro, ha puntato alla conversione dei propri servizi nel solco dell’online. Oggi punta all’internazionalizzazione e a una trasformazione digitale sempre più strategica. A Think ne abbiamo parlato con Alfio Bardolla, amministratore delegato di ABTG.
Qual è la mission di ABTG?
“Siamo la società leader nella formazione finanziaria in Europa. Il nostro modello è stato importato dal contesto anglosassone e adattato a uno scenario internazionale. Ci occupiamo di corsi per l’educazione finanziaria e abbiamo molteplici ambiti di formazione. Il primo è quello del trading online, abbiamo il real estate e, infine, un focus sulle startup e scale up, perché puntiamo alla nascita o crescita delle aziende. Negli anni, abbiamo puntato tanto su progetti in internet, dall’infobusiness alla pubblicazione di libri online. Inoltre, dedichiamo una parte importante del nostro lavoro nell’ambito della psicologia del denaro, perché crediamo che il successo di un business derivi maggiormente dalla nostra capacità di rapportarci psicologicamente ad esso”.
Avete desunto un modello anglosassone, applicandolo in contesto italiano. Come vi ha accolto l’Italia, inizialmente?
“Con diffidenza, all’inizio. Prima dell’uscita del mio libro, c’era tanto scetticismo da parte italiana: frasi come ‘posso farlo anch’io’, ‘troppo facile‘ erano all’ordine del giorno. La percezione di quello che stavamo facendo è cambiata con la pubblicazione del mio libro su economia e denaro, “I soldi fanno la felicità” edito da Sperling & Kupfer, che ha venduto oltre 150mila copie. La nostra quotazione in Borsa è, poi, arrivata per una questione di autorevolezza. Noi facciamo una formazione seria in un ambito in cui è facile pensare che queste cose siano più una boutade che applicazioni di un modello reale”.
Qual è il vostro modello di business?
“Abbiamo due modelli di business, tracciati dalla pandemia di Covid-19. Quello che chiamiamo ‘modello pre-Covid’ si basa su corsi online e attività di coaching. Prima della pandemia, la nostra impostazione puntava alla formazione di persone in aula e alla creazione di un percorso per aiutarle nel processo. Durante la pandemia, non potevamo fare corsi fisici e abbiamo adottato un modello totalmente online: tutti i corsi, anche quelli che tenevamo offline, sono passati interamente online. In questi tempi, abbiamo adottato un modello ibrido. Recentemente abbiamo tenuto incontri con 250 persone in aula e continuiamo a vendere i nostri corsi online”.
Impressiona la vostra capacità di conversione dall’offline all’online. Nel primo semestre 2020, i vostri corsi digitali hanno raggiunto un tasso del 37% rispetto al 5% del semestre 2019. Eravate già orientati in tal senso?
“La Alfio Bardolla Training Group stava già focalizzandosi sull’online, ma il nostro non era un obiettivo prioritario. Ammettiamo che l’azienda, in effetti, non era pronta alla portata della pandemia. Eppure, siamo stati veloci a recepire il cambiamento: abbiamo, per esempio, adattato la formazione del nostro personale, rendendola più mista. In questo modo, oggi siamo fieri di dire che le persone che si trovavano a organizzare solo eventi offline, sono diventati esperti nella parte digitale”.
In Italia la digital transformation è un tema molto aperto. Se vediamo alle Pmi italiane, siamo a un buon punto secondo lei?
“Secondo me, non si può generalizzare. Ci sono certamente settori in cui il Covid-19 ha rappresentato un forte elemento catalizzatore nella digital transformation, mentre altri settori presentano ancora un gap che va colmato. Secondo me, si dovrebbe valutare la portata della pandemia sulle Pmi da un punto di vista più verticale. Prendiamo per esempio la palestra, un’attività che in era pre-Covid era concepita quasi esclusivamente offline. Dopo la prima ondata, i corsi lanciati sul web, accompagnati da personal trainer che tengono lezioni esclusivamente online, sono aumentati in maniera esponenziale. In quel caso, la digital transformation è stata massiva e sicuramente il settore non tornerà più esclusivamente offline”.
Per quanto riguarda i vostri corsi online, invece, è cambiata la percezione dell’utente?
“Sì, oggi la fruizione online è cresciuta rispetto soltanto a pochi mesi fa. Questo significa che c’è una percezione maggiore del potenziale che il web offre, anche nei corsi di formazione”.
Quali sono i vostri progetti a medio e lungo termine?
“Fissare progetti a lungo termine è molto complesso, perché non si ha una vision globale di ciò che accadrà nei prossimi mesi. Possiamo cercare di estendere quello che abbiamo e migliorarci, tenendo sempre presente che sulla variabile Covid non abbiamo il controllo. Stiamo puntando, innanzitutto, a rafforzare la nostra presenza online anche in altri Paesi: stiamo creando nuovi prodotti sempre più comparabili all’offerta fisica, e puntiamo ad espanderci nei mercati Spanish-speaking. Il nostro focus sull’internazionalizzazione ci permetterà di essere più leggeri e prendere una quantità di persone superiore. Dobbiamo solo fare più attenzione”.
In che senso?
“Dobbiamo prestare attenzione ai tassi di conversione nell’online. Fra i pro della vendita digitale è che ci si rivolge a una quantità di persone nettamente più vasta. Eppure, va tenuto conto che il prezzo di un corso online non può essere comparato a quello fisico”.