All’estero si investe in innovazione, in Italia nel calcio

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Un paese può essere capito guardando alla sua leadership. Ai suoi uomini di successo. Questi normalmente incarnano i valori che definiscono le forze o le debolezze del loro paese.In Italia l’innovazione, la tecnologia e la ricerca sono sicuramente un campo di battaglia. In molti cercano di raccontare le storie degli eroi che provano o riescono a introdurre innovazione nel nostro paese.Ma il fatto che li definiamo eroi non depone bene per il paese. E infatti le classi politiche, di qualunque colore, al di la dei proclami elettorali continuano a mortificare nel nostro Paese i processi alla base dell’innovazione.

Il gap tecnologico con gli altri paesi sviluppati aumenta (leggi infrastruttura 4G, banda etc.) e le agende digitali e i piani di rilancio a supporto della ricerca e dello sviluppo tecnologico sono quasi sempre impantanati nel gioco della politica.

Beh, sarebbe facile scaricare tutta la responsabilità sulla classe politica. Il problema però è, come si dice in epidemiologia, iperendemico e diffuso a tutti i livelli della classe dirigente. Inclusa quella imprenditoriale. Insomma,

il valore “ricerca e innovazione” in Italia e’ scarsamente considerate dalla leadership nazionale.

Fatemi fare un esempio semplice e credo illuminante.Negli Stati Uniti, uomini come i Rockefeller, McDonnell, Keck, Gates (e potrei continuare con un’infinita lista di nomi) accumulano patrimoni miliardari, chi con l’edilizia, chi con il petrolio, chi con l’ingegneria aereospaziale.Alcuni anche solo con la finanza, come Simons.

Una volta arrivati al successo però, tutti questi uomini riconoscono nel valore delle idee, della tecnologia e dell’innovazione il segreto del successo e aprono delle fondazioni che devolvono in modo non-profit e trasparente ingenti fondi per la ricerca (decine e decine di milioni di dollari) attraverso programmi che spaziano dalla matematica all’ingegneria, dalla biologia alla medicina.

Queste fondazioni sono fiori all’occhiello per questi uomini che associano con fierezza il loro nome a ricerche, scienziati e innovatori che senza il loro supporto non avrebbero potuto realizzare le proprie idee.Queste fondazioni negli USA sono tra i propulsori del sistema ricerca e sviluppo che guida l’innovazione, e di conseguenza la ripresa economica del paese. D’altra parte queste fondazioni rappresentano al meglio quei valori fondanti dell’innovazione e della scoperta che sono alla base di un paese nato dal concetto della conquista della frontiera.

Anche in Italia non mancano i grandi uomini di successo che accumulano patrimoni miliardari. I Moratti, i Della Valle, i Berlusconi , i Del Vecchio, i Prada, i Caltagirone, e anche qui la lista potrebbe essere lunghissima.

Molti di questi sono nella top 100 di Forbes, ovvero parliamo di patrimoni da decine di miliardi di euro.

Anche nel loro caso il successo è dovuto in molti casi a idee innovative, tecnologia e anche per loro si spazia dal petrolio all’ottica di precisione, passando per la finanza e l’ingegneria. Ovviamente non discuto della loro generosità e filantropismo. Siamo a conoscenza che fanno tantissime donazioni, sponsorizzano onlus, musei e restauri.

E così c’è chi paga per un Colosseo scintillante e chi ha fondazioni che si occupano di arte. La maggior parte di queste operazioni però sono museali e conservative e non bastano a far uscire il paese dalla stagnazione in cui si trova. Il valore dell’innovazione come bene comune sembra non essere fondante nel nostro paese.

Ma c’è di più.E’ impossibile non notare che molti dei nostri capitalisti di successo invece di associare il loro nome a grandi fondazioni per promuovere l’innovazione e la ricerca, optano invece per una squadra di calcio, i più raffinati per una competizione velistica.

Così, mentre il petroliere Keck fonda la omonina fondazione che aiuta a sviluppare nuovi materiali basati sul grafene e la nuova generazione di scanning tunneling microscope, il petroliere Moratti si da’ lustro cercando di conquistare un nuovo scudetto.Mentre il finanziere Simons fonda l’omonima fondazione che aiuta le scienze fondamentali (matematica, fisica, biologia), il nostro Berlusconi scrive assegni a Galliani per comprare i giocatori del Milan.Anche il progressivo Della Valle in fondo è più attratto dal mettere i soldi nella Fiorentina che darli magari a un programma per lo studio delle neuroscienze come fa McDonnell.

Una volta le squadre di calcio erano il modo dei “palazzinari” per procacciarsi ogni settimana liquidità nonostante i bilanci in rosso e per favorire altre operazioni che, usando un eufemismo, sicuramente non erano esempi di finanza virtuosa.

Ovviamente ai giorni nostri gli obiettivi sono altri. Simpatia popolare, consenso politico, notorietà, influenza sulle amministrazioni locali e via così. Il tutto al prezzo di decine e decine di milioni di euro all’anno.

Anche senza volere vederci nulla di male, il messaggio è chiaro. In Italia se vuoi dare lustro al tuo nome ti compri le maglie di una squadra di calcio o scrivi il tuo nome su una barca o un’automobile.

Ma certamente non interessa legarlo ad una grande scoperta scientifica o ad una nuova tecnologia.

Il problema e’ che in fondo i nostri tycoons non sono che lo specchio del paese. In realtà anche per la stragrande maggioranza degli Italiani è forse più interessante il 4-4-3 del 4G. Peccato, perché quest’ultimo crea competitività e posti di lavoro. E ci aiuterebbe a uscire dalle retrovie della ripresa economica.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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