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Altroconsumo: “scriviamo insieme le regole della sharing economy e non lasciamole solo ai giudici”

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La storia degli ultimi quindici anni è contraddistinta, non a caso, dalla continua tensione tra l’apertura al futuro e la protezione del passato. Il digitale, Internet e soprattutto il web scrivibile (o 2.0 che dir si voglia) hanno infatti reso obsoleti una serie di modelli di business analogici fondati su posizioni di rendita inefficienti, aprendo però contestualmente nuove e incredibili opportunità.

Cosa può fare in questi casi l’industria, o il settore produttivo “colpito” dall’innovazione? Difendere le proprie posizioni di rendita o aprirsi al futuro. Cosa può fare la politica? Accompagnare e stimolare l’industria verso il futuro o proteggerla nel business del passato. In entrambi i casi – e in particolare in Italia – è prevalsa la sindrome di guardare al futuro con lo specchietto retrovisore e il freno a mano tirato, d’altra parte la chiusura iniziale poteva e può essere comprensibile: aprirsi al futuro non significa infatti rose e fiori per tutti, bisogna mettere in campo risorse per l’impatto sociale del cambiamento e non è facile in un periodo di crisi economica, ma insistere ancora oggi diventa preoccupante se è vero che comincia a farsi consistente il dubbio che il trascinarsi della crisi possa dipendere in primis proprio dalla mancanza di coraggio nell’abbracciare il treno dell’innovazione, con tutta la sua carica di distruzione creativa.

LA SHARING ECONOMY NON E’ UNA COSA DA FIGHETTI DEL WEB

Sebbene continuiamo a definire comunemente virtuale il mondo immateriale della Rete, appare evidente come Internet sia ormai divenuto il medium, lo strumento e il “luogo” reale attraverso il quale creare e trasferire valore ai consumatori.

Una variabile ulteriore, scatenata infatti più recentemente proprio grazie a questa caratteristica e alla potenza di Internet, preme ormai forte sui modelli tradizionali delle nostre relazioni sociali e industriali e non c’è più in gioco solo lo sviluppo economico ma anche quello sociale e democratico del nostro Paese, sbaglia infatti, e di grosso, chi guarda alla sharing economy come l’ultima moda effimera dei fighetti del web.

Una nuova generazione di consumatori si è già resa protagonista di questa vera e propria rivoluzione, in tale contesto il consumatore, lungi dall’essere ancora il soggetto debole e passivo da tutelare, diviene il volano dell’innovazione partecipando al contempo come fruitore e fornitore a questi nuovi modelli di business.

Nella dialettica tra i soggetti imprenditoriali che, sulla base delle leggi vigenti, chiedono tutela e protezione per i loro vecchi modelli di business e quelli che, al contrario, chiedono specularmente sia riconosciuto loro il diritto ad innovare si inserisce così con forza, su questa stessa linea, la sacrosanta pretesa dei consumatori a poter beneficiare dell’innovazione tecnologica. Non è un caso, dunque, che Altroconsumo stia seguendo con particolare interesse e sostenga quelle realtà imprenditoriali che stanno sperimentando nuovi modelli di business collaborativi, ce lo chiedono gli oltre 370.000 soci della nostra organizzazione che stanno già fruendo dei servizi innovativi della sharing economy.

NON SOLO UBER

Il caso Uber, che ha visto Altroconsumo intervenire in giudizio davanti al Tribunale di Milano chiedendo che sia sbloccato il servizio Uber Pop, è solo un esempio, analogamente riteniamo assurdo e antistorico che a un servizio innovativo, come quello del social eating di Gnammo, si vogliano appplicare tout court tutta quella congerie di procedure burocratiche previste per la ristorazione tradizionale, con la conseguenza che se invito a cena un consumatore, come me, che ho contattato e “conosciuto” tramite un app, dovrei secondo il Ministero dello Sviluppo Economico presentare una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e garantire a casa mia la presenza di bagni per uomini e donne!

UNO SHARING ECONOMY ACT

Una cosa è certa, e in questo si traduce quale primo elemento concreto, la scelta di campo di Altroconsumo a favore dell’innovazione e della sharing economy: i diritti dei consumatori non debbono essere strumentalizzati per diventare leva protezionistica a tutela di fornitori di servizio cristallizzati e poco inclini al cambiamento.Quale secondo elemento, riteniamo che accompagnare lo sviluppo e la crescita sostenibile della sharing economy non sia materia da lasciare in mano agli iter giudiziari, ai tribunali, per questo chiediamo al Governo e al Parlamento di adottare uno Sharing economy Act che guardi al futuro abilitando l’innovazione, non imbrigliandola, e dia risposte concrete alla nuova domanda dell’utenza in tutti i settori coinvolti dal cambiamento delle regole del mercato.

In attesa della realizzazione di tale quadro normativo, i nuovi modelli di business della sharing economy debbono e possono tuttavia essere governati attraverso regole e principi negoziali, identificati e condivisi con le imprese che producono e forniscono piattaforme tecnologiche e servizi abilitatori della sharing economy.

#DireFareCambiare vuole diventare però un obbligo di concretezza rivolto in primis alla nostra stessa Organizzazione, a tale scopo Altroconsumo, nell’ambito di una conferenza tenutasi lo scorso 1 luglio a Roma, presso la Sala dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati ha presentato il Manifesto per una sharing economy sostenibile e rispettosa dei diritti dei consumatori aperto alla firma di tutti gli operatori della sharing economy che, condividendone i principi, si impegneranno con noi ad adottare uno o più strumenti di autoregolamentazione che garantiscano, nei diversi settori di mercato nei quali operano, regole chiare circa i diritti di utenti e consumatori nella duplice veste di fornitori e fruitori di beni e servizi anche attraverso la collaborazione tra consumatori e piattaforme per l’eliminazione di eventuali pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie, la risoluzione alternativa delle controversie (ADR) e la responsabilizzazione dei gestori delle piattaforme nei confronti degli utenti.

I consumatori italiani vogliono vivere in un Paese che abbracci l’innovazione e che, al contempo, sia in grado di mantenere un opportuno livello di tutele e garanzie.

La sfida è dunque quella di trasferire i principi di tutela dei consumatori che conosciamo oggi nei modelli di business tradizionali in forme adeguate ai nuovi modelli di business del futuro senza bloccare o appesantire questi ultimi ma anzi promuovendone l’utilizzo. Il percorso è ancora lungo ma la sfida è stata lanciata, noi ci siamo e siamo pronti a costruire insieme.

MARCO PIERANI*8 luglio 2015

* Avvocato, responsabile relazioni esterne Altroconsumo. Twitter: @pierani

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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