La faccio breve, e mi sforzo perchè la sintesi non è proprio il mio forte: stiamo partendo per l’Emilia per raccontare quello che sta accadendo e quello che accadrà quando l’ultimo dei riflettori dei grandi media si sarà spento. Se fosse un telegramma (ah! i vecchi telegrammi! inviavamo tweet – centellinando le parole – e non ce ne rendevamo conto!) sarebbe:
stiamo dimenticando l’Emilia STOP – chiamata alle armi fotografiche STOP – loro sono ancora lì STOP – noi andiamo a vedere e raccontare STOP – venite con noi STOP tutti non STOP
Direi che è tutto, e potrei anche fermarmi qui. Ma visto che ci sono spiego un po’ meglio di cosa si tratta. Il mio primo contributo a questa bella avventura di CheFuturo! è stato a proposito del terremoto dell’Aquila e sull’importanza di raccontare le tante piccole storie di chi esiste e di chi resiste in zone e momenti di crisi.
E le piccole grandi storie del mondo del volontariato e dell’associazionismo che portano sollievo in quei contesti.
Concludevo che sono le piccole storie – interconnesse tra loro grazie alla pacifica potenza devastante di Internet – a cambiare il mondo. Poi, esattamente un mese fa, il 14 giugno – poco dopo i ripetuti terremoti in Emilia – ho spiegato perché non fossimo già partiti per quelle zone (e come mai, fortunatamente, alcuni dei nostri volontari non mi avessero dato retta e fossero già sul posto).
Per Shoot4Change è importante cominciare a raccontare una storia e tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica quando nessun altro la racconta più. In quel frangente, poco dopo il terremoto, non era ancora il momento visto il cannibalismo mediatico ai danni della gente che tremava nelle tende.
Bene, per farla di nuovo breve, è arrivato quel momento: è una mia impressione o i grandi riflettori dei media mainstream si stanno spegnendo?
Questa è una chiamata alle armi, signori. Ho sempre usato questa metafora fin dall’inizio di Shoot4Change (con uno dei primi post intitolato proprio così e usato per chiamare a raccolta raccontastorie per la Marcia Mondiale per la Pace). Le nostre macchie fotografiche, le telecamere, le penne, i taccuini, gli smartphone, le polaroid, le cineprese 8mm (non so, l’ho buttata così, magari c’è qualche santo che le usa ancora e ha voglia di inviare un contributo in tal senso…) sono armi di racconto di massa.
È la crowdphotography: la fotografia democratica e orizzontale al servizio delle storie più di coloro che le raccontano.
E adesso partiamo con Protezione Civica in una grande avventura con l’obiettivo di affiancare sia i comuni che i cittadini, sia le istituzioni che i volontari, sia gli edifici terremotati che le tende, sia le scuole che le fabbriche (dove si gioca il futuro dell’Emilia) che i campi sportivi dove si gioca per dimenticare.
La chiameremo S4Emilia, Shoot4Emilia. Negli ultimi due giorni è partito uno splendido tam tam interno a Shoot4Change. I gruppi di S4C Bologna, Firenze e Roma – in prima battuta – stanno caricando le batterie delle macchine fotografiche e preparando le pellicole. Si creano interfacce con gli amici di Protezione Civica, i quali ci mettono in contatto con i sindaci dei comuni colpiti, che poi ci scrivono entusiasti aspettandoci. E ci scrivono le persone che vivono nelle tende per segnalarci situazioni e storie da raccontare. E sentiamo i volontari delle tante associazioni sul posto che lavorano 24 ore su 24 (ciascuno di loro meriterebbe una storia e un monumento).
Non siamo ancora partiti ufficialmente e già l’entusiasmo creativo ci sta travolgendo. Noi ce la metteremo tutta ma abbiamo bisogno di voi. Scriveteci all’indirizzo [email protected] se volete unirvi ai nostri volontari. Se twittate o siete Igers usate l’hashtag #s4emilia #shoot4change e #protezionecivica. Periodicamente raccoglieremo tutte le immagini e le posteremo su Protezione civica sotto forma di infografiche. A breve vi comunicheremo anche altre modalità di partecipazione. Monitoreremo i progressi (ma anche i regressi. E senza guardare in faccia nessuno).
Perché non vogliamo dimenticare l’Emilia, ed anche è arrivato il momento che ciascuno ci metta del proprio. Noi abbiamo un po’ di cretivià e occhi aperti. Il futuro dell’Emilia passa anche attraverso il racconto di ciò che è stato e di ciò che è. Venite a farlo con noi.
P.S. vi lascio con il bel messaggio che Moni Ovadia aveva inviato ai volontari di S4C e di ANPAS in occasione del nostro racconto a tre anni dal terremoto dell’Aquila. È bello ed importante perché spiega quanto sia importante saper raccontare storie. È dedicato a noi e a voi.
Roma, 18 luglio 2012ANTONIO AMENDOLA