Archivi dei giornali online: vietato falsificare la storia

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«Nella società contemporanea dell’informazione, il diritto a ricercare le informazioni pubblicate online, attraverso i motori di ricerca, rappresenta uno degli aspetti più importanti della libertà di informazione», e non può essere limitato o escluso neppure quando la ricerca riguardi fatti o episodi del passato relativi a questa o quella persona. A condizione, naturalmente, che le informazioni siano state, originariamente, legittimamente pubblicate.

«La libertà di informazione dell’internauta sarebbe compromessa se i risultati della ricerca non riflettessero fedelmente tutte le pagine web relative alla persona cercata ma ne proponessero una selezione ‘censurata’».

Sono queste alcune delle considerazioni sulla base delle quali l’Avvocato Generale ha raccomandato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di chiarire ai giudici spagnoli che glielo hanno chiesto, che non esiste, nel diritto europeo un diritto all’oblio generalizzato in forza del quale chiunque possa pretendere – solo perché, su base soggettiva, ne giudichi la pubblicazione a sé pregiudizievole o contraria ai propri interessi – che motori di ricerca ed editori rimuovano i propri dati personali dallo spazio pubblico telematico.

«La libertà di informazione dell’editore di un giornale comprende – scrive l’Avvocato Generale nelle sue conclusioni – anche il diritto di ripubblicare online gli articoli già pubblicati e le Autorità, compresa quella Garante per la privacy, non dovrebbero poter censurare tale ripubblicazione». Esigere da un editore di giornali che modifichi le versioni pubblicate negli archivi storici al fine di cancellare i dati personali di chi gliene facesse richiesta, significherebbe «falsificare la storia».

È netta, chiara e inequivoca l’opinione espressa dall’Avvocato Generale della Corte di Giustizia sulla questione. All’origine della vicenda una richiesta – come se ne registrano migliaia ogni anno anche nel nostro Paese – con la quale un cittadino spagnolo aveva cercato di ottenere prima dall’editore e poi da Google, la rimozione di alcuni propri dati personali pubblicati su un vecchio articolo di giornale.

Non ha avuto dubbi, però l’Avvocato Generale nel suggerire alla Corte Europea di “scagionare” Google da ogni responsabilità: «Il gestore di un motore di ricerca esercita liberamente la propria attività d’impresa e la sua libertà di informazione quando mette a disposizione dei propri utenti degli strumenti per il reperimento online delle informazioni».

Ma c’è di più. Secondo l’Avvocato Generale, infatti, non solo il motore di ricerca non potrebbe essere ritenuto responsabile della indicizzazione dei dati personali di taluno, ma a quest’ultimo non potrebbe neppure essere richiesto di procedere alla rimozione di un determinato articolo dai risultati della propria ricerca.

Un simile approccio, infatti, oltre a non essere giustificato sulla base del diritto UE in materia di e-commerce – secondo quanto si legge nelle conclusioni dell’Avvocato Generale –rappresenterebbe un’ingerenza nell’attività dell’editore che si vedrebbe rimuovere il contenuto, senza aver neppure la possibilità di difenderne la legittimità della pubblicazione.

Altro che amnesia collettiva della Rete come, sempre più di frequente proposto da molti. È ferma, sferzante e appassionata la difesa, da parte dell’Avvocato Generale della Corte di Giustizia Ue, della libertà di ogni cittadino di accedere, anche attraverso i motori di ricerca, a tutte la informazioni pubblicate online, purché legittimamente, anche quando contenenti altrui dati personali. Ed è egualmente inequivocabile la posizione dello stesso Avvocato Generale sulla libertà di informare, anche attraverso i propri archivi, degli editori e della libertà di indicizzare di Google e degli altri motori di ricerca.

Adesso, naturalmente, la decisione passa ai Giudici della Corte, che potrebbero anche disattendere le indicazioni dell’Avvocato Generale. Per ora, però, dopo tante “sconfitte”, la libertà di informazione e quella di indicizzazione, “vincono” su un malinteso principio di diritto all’oblio che, pure, tanta fortuna ha, sin qui, avuto.

GUIDO SCORZA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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