Dal mondo delle auto fino ad arrivare nello spazio, la stampa 3D sta acquisendo sempre maggiore importanza. Dopo averne spiegato gli sviluppi nell’edilizia, questa tecnologia innovativa può essere utilizzata per costruire attrezzature e parti di ultima generazione, utilizzando anche la superficie lunare.
Stampa 3D e l’universo dell’automotive
Volkswagen, Bentley, Bugatti, General Motors: sono solo alcune delle case automobilistiche che stanno estendendo l’uso della stampa 3D dalla prototipazione – che accorcia i tempi dall’idea all’esemplare fisico e ai successivi test – alla produzione di parti finite come cerchioni, parafanghi, cambi e maniglie.
Sfruttandola anche per personalizzare accessori ed elementi della carrozzeria a gusto del consumatore, come offre la Mini. Bmw ha aperto da qualche settimana a Monaco un campus per la ricerca sulla produzione additiva, investendoci 15 milioni di euro.
Ci lavorano anche brand meno noti come la start-up californiana Divergent, che per prima nel 2017 stampò un’intera auto in 3D con una lega di carbonio e alluminio: la Blade Supercar, simile alla Batmobile, capace di scattare da 0 a 100 km/h in 2 secondi sebbene alimentata a metano.
La mega stampante Baam della Cincinnati Inc. non ha bisogno neanche di riprodurre pezzo a pezzo: col suo volume di costruzione di 6 x 2,3 x 1,9 metri può stampare da sola una vettura tutta intera. Sfruttando le sue dimensioni, il Dipartimento di energia di Oak Ridge ha voluto strafare progettando casa e macchina insieme, entrambi in materiale polimerico. Il programma si chiama Amie (Additive manufacturing integrated energy) e consiste in un edificio completamente servito da pannelli solari, collegato nel garage a una vettura elettrica: il primo fornisce energia alla seconda durante il giorno, e viceversa.
Anche i cervelli italiani sono all’opera. Il 20enne barese Alessio Lorusso, rendendo più preciso il movimento dell’estrusore, ha fondato nel capoluogo pugliese la start-up Roboze che disegna e realizza componenti per Formula 1 e Aeronautica grazie a una risoluzione di appena 15 micron: in 5 anni ha assunto decine di giovani e decuplicato il fatturato, superando il milione nel 2018.
Componenti per i comparto aeronautico
Dai veicoli su strada a quelli volanti il passo è più breve di quanto si pensi.
L’inglese BaeSystems, attiva nella difesa e nella sicurezza, ha già 4 dispositivi che adoperano sostanze innovative come nylon in fibra di carbonio, titanio e leghe di nichel per stampare equipaggiamenti, attrezzature e parti di aerei civili e militari. Lo stesso per i jet della francese Dassault Aviatio, molti componenti dei quali sono forniti dalla Honeywell, multinazionale statunitense dell’additive manufacturing. Non solo tetti, sportelli, carlinghe e abitacoli: Boeing vuole stampare in 3D pure il motore, affidandone la costruzione alle britanniche Reaction Engines e Rolls Royce per 37 milioni di dollari.
In acqua come in aria: lo scorso ottobre è finita nel Guinness World Record la barca pesante 2 tonnellate e lunga quasi 8 metri, completamente stampata in 3D dall‘Università del Maine, che ne ha già in cantiere un’altra di oltre 30 mt. Anche qui non mancano i connazionali. La milanese Moi Composites, fondata nel 2018, l’anno scorso ha presentato Mambo, un trimarano sportivo di 6 metri e mezzo di lunghezza e 800 kg di peso, pronto per partecipare alle regate di vela e interamente stampato in 3D grazie a una tecnologia proprietaria, la Continuous Fiber Manufacturing: il ricorso a materiale composito avanzato in fibra continua e matrice termoindurente origina manufatti più resistenti, leggeri e durevoli rispetto a plastiche e metalli, il che significa meno carburante consumato e più merci/passeggeri trasportati.
Come sono stampabili velivoli di varia grandezza e potenza, dagli ultraleggeri ai caccia, così – nel comparto navale – sono riproducibili catamarani, pescherecci , yatch, fino a traghetti e navi da crociera: un ventaglio di destinazioni in grado di occupare ogni nicchia del mercato aeronautico. Velocità e qualità di produzione non potevano non solleticare gli appetiti militari: l’esercito Usa ha già migliaia di presidi, supporti e integrazioni montati sulle flotte.
Gli utilizzi nello spazio
A dimostrare l’estrema affidabilità del sistema 3D c’è perfino la Nasa, che lo utilizza per fabbricare parti di razzi e navette: la nuova Orion che dovrebbe portare l’uomo su Marte, che vede anche la Cina impegnata, è composta da centinaia di pezzi stampati in 3D, inclusi i reattori. Non basta: la stessa arena di cui è formata la superficie della Luna, la regolite, è utilizzabile dalle stampanti per creare strutture e infrastrutture direttamente sul satellite, anziché doverci portare il materiale da “casa”. Il dispositivo D-Shape, contenente fino a 300 ugelli e brevettato dall’ingegnere pisano Enrico Dini, funziona con strati di sabbia naturale o artificiale, fusa da un collante: negli ultimi anni ha stampato con questa tecnica addirittura delle barriere coralline, ripopolando di pesci i fondali di Bahrein, Olanda e Principato di Monaco.
Con la regolite si potrebbero recuperare anche monumenti del passato andati distrutti. Sono soltanto degli esempi della brulicante attenzione che ingegneria automobilistica, aeronautica e spaziale stanno riservando a questa produzione just-in-time e alle sue potenzialità in termini di velocità, precisione, flessibilità e consumo. I costi alti riguardano ancora la costruzione di queste stampanti su larga scala – sempre più grandi, rapide ed efficienti -, programmati per lavorare 24h, 7 giorni su 7. Non il prodotto che stampano.