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Basta con la guerra dei mondi. Scienza e umanesimo devono convivere

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Caro Gramellini, scusa se mi intrometto. Siamo tutti rimasti piacevolmente sorpresi dalla tua lettera di scuse, qui su Che Futuro. Rende onore ammettere di essersi sbagliati, quindi grazie. Continuo a soffiare sulle braci, ma solo perchè l’occasione è troppo ghiotta per lasciarla sfuggire. L’occasione cioè di fare un discorso serio sulla cultura antiscientifica in Italia.Da noi non si parla quasi mai dell’annosa guerra fra le “due culture”. Ma è una guerra che c’è e che fa morti veri – fra le altre cose, poca cultura scientifica implica poca ricerca scientifica, e poca ricerca scientifica significa anche meno scoperte, meno cure, il problema dei cervelli in fuga (che non ritornano), ecc. ecc.Vorrei quindi riprendere dalla tua risposta all’articolo di Vespignani, l’11 novembre, qui su Che Futuro.

In particolare, questo passaggio: ”Gli scienziati seri come lei sanno valutare l’importanza delle loro scoperte, ma sanno anche che l’essenziale è invisibile agli occhi (lo diceva la volpe del piccolo principe), cioè non é percepibile dai sensi e quindi non è sperimentabile.Lei per primo deve il suo successo a un afflato di entusiasmo e di passione che l’ha portata a fare qualcosa di mai fatto prima, e questo non è scientifico, è mistico: ha che fare con la passione e con l’amore. Entità non misurabili.”Potresti spiegarci qual’è il problema con le “entità misurabili”, o con la “sperimentabilità”? Perchè mai quello che conta dovrebbe solo essere il “mistico”, come lo chiami?Vorrei argomentare che, in una nazione ad alta superstizione (televisiva, religiosa, politica) come l’Italia, esigere maggiore misurabilità e sperimentabilità sia cosa buona, giusta e necessaria.

Per esempio, una persona (moltiplicando, una nazione) educata al rigore e al dettaglio tecnico è meno propensa a credere a slogan e promesse elettorali a casaccio.I numeri hanno una loro umile verità, ma serve esperienza e competenze per saperla cogliere. Chi non la coglie è destinato a farsi fregare da chi ne sa più, o anche solo ha più potere.E’ la lezione che ha portato 50 anni fa Don Milani, fra i tanti: l’ignoranza si paga sempre, in un modo o nell’altro. Anche l’ignoranza scientifica.Aggiungerei che non è un caso se un paese come il nostro sia estremamente sensibile a forze, come dici, “invisibili agli occhi“: chi diffida della razionalità e del discorso ragionato è più suscettibile ai populismi, alle superstizioni, alle religioni (sacre o profane che siano).

C’è bisogno di ricordare la terribile cultura televisiva e politica italiana? Il fatto che l’”industria della passione” sia la grande protagonista delle domeniche pomeriggio nazionali? Abbiamo un pantheon mica da ridere: il grande Dio Calcio, il dio Lotto, l’oscuro demone delle slot machines. Persino nelle domeniche elettorali, rischiamo di votare chi su passioni e pancia fonda e ha sempre fondato un messaggio politico.Oserei quindi dire che i mali peggiori nascono tutti nella pancia molle, nella stessa matrice emotiva e passionale (cioè, irrazionale) che ognuno di noi ritrova dentro di sè.Vorrei puntualizzare: non provo, come te, particolare simpatia né per la tecnofollia né per la tecnofilia. Banalmente, ritengo la tecnologia uno strumento e non un fine (anche se aggiungerei che è una roba complicata, e mezzo e fine spesso si mischiano).Ma ci sono altre due cose cui credo fermamente: la prima è che la scienza e la tecnologia (quello che Kevin Kelly chiama il “technium”) siano l’effetto di una fame implacabile che muove l’uomo, e che ci differenzia fondamentalmente da ogni altra specie. Un’esigenza di senso, di conoscenza e di controllo del mondo che ci circonda. Non è una argomento nuovo: fra gli altri, è la protagonista del secondo libro della letteratura occidentale, l’Odissea.L’uomo ha bisogno di sapere e di comprendere il mondo. E’ così, e non possiamo farci niente. Scoprire e costruire fa parte di ciò che siamo.La seconda cosa è l’importanza del discorso razionale che tenta sempre e comunque una conciliazione con la realtà (cioè un discorso che cerca la “verità”, se così possiamo dire).La scienza, al suo meglio, cerca un linguaggio comune, e una comune comprensione, del mondo. Non lo fanno le religioni, per esempio. Non lo fa la Letteratura, nè l’Arte, nè la Cultura (maiuscole volute). Non lo fa il tifo allo stadio, che è pur sempre una passione “invisible agli occhi”. Non lo fa la passione politica (dovrebbe, forse).Il punto, caro Gramellini, è che la passione senza l’intelligenza è stupida, e può fare danni. Anche l’amore è incompleto senza essere supportato dalla ragione, cioè da un costante confronto con la realtà e con ciò che noi della realtà sappiamo. Ovviamente, e non c’è bisogno di ripeterlo, anche un’intelligenza razionale che non conosce l’amore e la cura può essere catastrofica.Sono totalmente d’accordo con te, quando auspichi una superiore armonia.Ma l’armonia, come tutte le cose su questa terra, va costruita, un pezzo alla volta.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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