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BigProfiles, Roberto Visceglia: “Big Data in Italia? Un settore in continua crescita”

Trattare i dati per rispondere alle esigenze del cliente. È quanto fa BigProfiles, azienda italiana che applica l'intelligenza artificiale alle vendite. La nostra intervista al COO & Co-Founder, Roberto Visceglia.

Roberto Visceglia, co-Founder di BigProfiles
Roberto Visceglia, co-Founder di BigProfiles

Sempre più aziende nel mondo fanno ricorso al trattamento dei dati nelle loro strategie di marketing e di vendita. L’acquisizione dei dati, fatta in completa sicurezza, è un punto di capitale delle piattaforme di profilazione, che si occupano di predire le propensioni dei consumatori attraverso informazioni anonime e consensate. Italianissima, BigProfiles utilizza un’intelligenza artificiale proprietaria e brevettata che stila decine di indicatori di profilazione utili a un’azienda. Ne abbiamo parlato con Roberto Visceglia, COO & Co-Founder di BigProfiles.

Cosa fate a BigProfiles e qual è il vostro potenziale rispetto ad altre startup?

“Siamo una realtà che nasce da un rapporto di ricerca scientifica: i nostri algoritmi nascono dalla ricerca universitaria. Col tempo, questa ricerca si è tramutata in un’azienda, che a oggi ha raccolto oltre due milioni di euro di venture capital dai maggiori fondi d’investimento italiani.

È una realtà BtoB, che si occupa di intelligenza artificiale applicata alle vendite: in sostanza, costruiamo algoritmi e piattaforme che permettono alla aziende di comprendere nel miglior modo possibile i propri clienti e di indirizzare le proprie azioni di marketing, andando ad aumentare il ROI (ritorno sugli investimenti) delle proprie campagne”.

Luiss EnLabs

Chi sono i vostri clienti?

“I nostri clienti sono large corporate: non ci rivolgiamo a PMI, ma ad aziende che hanno target di fatturato quantificabili dai 50 milioni. Fra i nostri clienti figurano banche, assicurazioni, società telco e call center: loro indirizzano la loro strategie di marketing e campagne di vendita attraverso la nostra piattaforma, che permette di spacchettare le strategie di sales e targettizzarle, così da riuscire a veicolare il messaggio giusto al cliente più propenso a riceverlo.

Ad esempio, ci sono grandi BPO che utilizzano la nostra piattaforma per implementare strategie di selling più mirate, limitare i disturbi e aumentare le vendite”.

Come si concilia la profilazione di un cliente con la privacy?

“Sicuramente il tema della privacy e della tutela del dato sono centrali per quanto riguarda il marketing in Europa. Abbiamo una delle legislazioni più ferree, che nello stesso tempo permette alle aziende di impostare in modo coerente e corretto i propri servizi. La nostra piattaforma ragiona in privacy by design and by default: sostanzialmente, fa trattamento di dati anonimizzati del consumatore andando a incrociare dati anagrafici con open data per ricavare insight sul cliente. In questo modo, riusciamo a tutelare l’anonimato dando un valore insight sul singolo”.

Dopo Cambridge Analytica c’è più consapevolezza sul trattamento del dato e quanto è importante saperlo comunicare?

“Dalla vicenda di Cambridge Analyitica è maturata più consapevolezza sul trattamento del dato. I clienti hanno fatto un percorso di crescita dal punto di vista di gestione del dato, quindi riescono ad attuale le interazioni corrette fra il consumatore e l’azienda fornitrice per implementare azioni di machine learning e artificial intelligence, rispettando le norme. A BigProfiles crediamo che la consapevolezza si costruisca con la comunicazione. Siamo seguiti da un importante studio italiano per quanto riguarda l’impostazione del software e di tutta la parte documentale, inoltre ci confrontiamo quotidianamente con i nostri clienti per cogliere le loro esigenze ed esaudirle tutelando al massimo la privacy del consumatore. Le due chiavi di volta per noi sono: consapevolezza e confronto“.

BigProfiles, piattaforma analytics di AI

Siete una startup nata nel 2017 all’interno di Luiss EnLabs: a che punto siamo in Italia con gli incubatori e acceleratori di startup?

“In Italia prima del 2015 mancavano i fondi per finanziare le idee. Adesso siamo in una fase in cui ci sono più fondi, ma deve crescere maggiormente consapevolezza. Il rapporto fra questi due elementi sta maturando, non è ancora compiuto. Il Fondo Nazionale Innovazione è un punto di partenza ottimale. Parallelamente, si affacciano fondi privati e acceleratori che gestiscono risorse private per andare a matchare e valorizzare il capitale pubblico. Abbiamo ottime scuole come incubatori e acceleratori, ma ereditiamo un tessuto imprenditoriale che ancora stenta a decollare. Questo per due motivi: in primis, manca consapevolezza; in secundis perché, non essendoci capitale, attrarre risorse d’eccellenza diventa complesso. Unendo la formazione e i fondi, ci sono tutte le premesse perché ci sia un boost nel nostro Paese nei prossimi anni“.

A che punto è, invece, il settore della marketing intelligence nel nostro Paese?

“La marketing intelligence è nata negli Stati Uniti. Negli Usa, i nostri competitor hanno ricevuto da 50 a 500 milioni di euro per implementare le proprie soluzioni e poi sono stati acquisiti dai grandi del dato, come LinkedIn, Facebook o Microsoft. In Italia s’inizia ora a trattare il dato e lo si fa bene. Prima le aziende valorizzavano il dato in outsourcing, ora stanno acquisendo capability interne e risorse d’eccellenza. Parallelamente, sta prendendo sempre più piede l’approccio americano centrato sull’utilizzo di software. Mentre prima l’Italia comprava tanta consulenza e poco software, adesso assistiamo a un processo in cui le risorse interne riescono a valorizzare le proprie competenze acquistando software d’eccellenza come BigProfiles: in questo modo, si va a migliorare e velocizzare i processi. In sintesi: meno consulenza, più risorse interne, più software“.

Lorenzo Luce e Roberto Visceglia, CoFounder di BigProfiles

Qual è la strategia di BigProfiles per il futuro?

“Stiamo attuando una strategia dove molti clienti italiani, che sono multinazionali, stanno iniziando a fare un upselling della soluzione. Stiamo puntando al Sud America e all’Europa continentale perché la nostra soluzione è matura per essere utilizzata anche in altri Paesi. Con l’aumento di capitale prima della pandemia, possiamo farlo. In questo senso, puntiamo a partner che hanno acquistato in Italia e crescono su altri Country”.

Siete un team giovane e dinamico. Pensate che in Italia si possa fare innovazione?

“Assolutamente sì. In Italia abbiamo grandi talenti e abbiamo la fortuna di poter fare innovazione in modo conveniente rispetto ad altri Paesi. In Italia, il personale qualificato viene pagato bene, ma non strapagato, come avviene nella Silicon Valley. Nel nostro Paese, per creare una startup o un’azienda tecnologica con dieci persone altamente qualificate basta un milione di euro: questo è impensabile in altri Paesi europei o extraeuropei. È vero che, rispetto agli Usa, è più difficile vendere, però è più facile costruire in Italia. Il nostro tessuto è un po’ più pigro rispetto ad altri Paesi, ma si sta facendo gradualmente largo attraverso percorsi di open innovation portati avanti dalle aziende e dagli incubatori e acceleratori. Possiamo dire che l’ecosistema italiano è più maturo rispetto a cinque anni fa e le prospettive sono in linea con altri Paesi europei che ci hanno anticipato. Per questo, mi aspetto che da qui al 2025 cresca un’Italia competitiva con le proprie startup, sia sul mercato nazionale che internazionale”.

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Scritto da Marco Grieco

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