Martedì 3 Novembre 2015 la Camera dei Deputati ha approvato la mozione parlamentare che impegna il Governo italiano a portare in ogni sede la Carta dei diritti in Internet per affermare una serie di principi che sono la condizione necessaria per esercitare una piena cittadinanza digitale.
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La mozione, approvata all’unanimità porta la firma del deputato di Scelta Civica Stefano Quintarelli, un tecnico, esperto e pioniere della rete italiana, tra gli estensori della Carta stessa nella commissione di studio voluta dalla presidente della Camera Laura Boldrini e redatta sotto la direzione del giurista e professore emerito di diritto Stefano Rodotà.Nella dichiarazioni di voto è stata chiara la diversità di cultura politica dei deputati presenti evidenziando il grande lavoro di sintesi fra posizioni opposte realizzato dal lavoro dei venti esperti e parlamentari che hanno contribuito alla sua stesura.Guardiamola insieme punto per punto e proviamo a commentarla.
1. Riconoscimento e garanzia dei diritti
1. Sono garantiti in Internet i diritti fondamentali di ogni persona riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dalle costituzioni nazionali e dalle dichiarazioni internazionali in materia. 2. Tali diritti devono essere interpretati in modo da assicurarne l’effettività nella dimensione della Rete. 3. Il riconoscimento dei diritti in Internet deve essere fondato sul pieno rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza e della diversità di ogni persona, che costituiscono i princìpi in base ai quali si effettua il bilanciamento con altri diritti.Questo primo articolo dà il senso più alto dell’iniziativa collegando la Carta italiana alle dichiarazioni universali dei diritti con l’idea di bilanciarli in una prospettiva di universalità.
Si tratta di idee e principi e valori che non costituiscono leggi in sé ma le ispirano, come nella prima parte delle Costituzioni. Anche per questo la Carta dei diritti in Internet è definita come una “Costituzione per Internet”.
2. Diritto di accesso
1. L’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale. 2. Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale. 3. Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete. 4. L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda dispositivi, sistemi operativi e applicazioni anche distribuite.
5. Le Istituzioni pubbliche garantiscono i necessari interventi per il superamento di ogni forma di divario digitale tra cui quelli determinati dal genere, dalle condizioni economiche oltre che da situazioni di vulnerabilità personale e disabilità.Il diritto di accesso afferma un principio che potrebbe apparire scontato in un paese democratico come l’Italia. Tuttavia poiché le maggioranze governative fanno e disfano le leggi in relazione a interessi e visioni del mondo divergenti che spesso risentono di un mutato clima politico e sociale, ribadisce una volta e per sempre il ruolo di guida delle istituzioni e le impegna a ridurre il divario digitale tra uomini e donne, abili e diversamente abili, ricchi e poveri, alfabetizzati e non alfabetizzati, in una parola affronta il tema del digital divide sociale, culturale, di genere, territoriale, tecnico ed economico esistente fra gli individui.. Ribadisce che l’accesso alla rete è precondizione per l’esercizio di altri diritti come quello a una piena partecipazione alla vita sociale e democratica.
3. Diritto alla conoscenza e all’educazione in rete
1. Le istituzioni pubbliche assicurano la creazione, l’uso e la diffusione della conoscenza in rete intesa come bene accessibile e fruibile da parte di ogni soggetto. 2. Debbono essere presi in considerazione i diritti derivanti dal riconoscimento degli interessi morali e materiali legati alla produzione di conoscenze. 3. Ogni persona ha diritto ad essere posta in condizione di acquisire e di aggiornare le capacità necessarie ad utilizzare Internet in modo consapevole per l’esercizio dei propri diritti e delle proprie libertà fondamentali. 4. Le Istituzioni pubbliche promuovono, in particolare attraverso il sistema dell’istruzione e della formazione, l’educazione all’uso consapevole di Internet e intervengono per rimuovere ogni forma di ritardo culturale che precluda o limiti l’utilizzo di Internet da parte delle persone. 5. L’uso consapevole di Internet è fondamentale garanzia per lo sviluppo di uguali possibilità di crescita individuale e collettiva, il riequilibrio democratico delle differenze di potere sulla Rete tra attori economici, Istituzioni e cittadini, la prevenzione delle discriminazioni e dei comportamenti a rischio e di quelli lesivi delle libertà altrui.Scritto in maniera molto chiara, impegna le istituzioni dello Stato e in particolare la Scuola a garantire le condizioni di un accesso fattuale e concreto alle potenzialità della rete a partire dalla conoscenza del suo funzionamento e utilizzo allineandosi all’art.3 della Costituzione Italiana che prevede l’eguaglianza di tutti i cittadini.
4. Neutralità della rete
1. Ogni persona ha il diritto che i dati trasmessi e ricevuti in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone. 2. Il diritto ad un accesso neutrale ad Internet nella sua interezza è condizione necessaria per l’effettività dei diritti fondamentali della persona.La neutralità della rete è stato l’articolo più controverso e dibattuto della Carta sia durante i cinque mesi di consultazione pubblica, sia durante la sua stesura da parte degli esperti e oggetto di uno scontro a distanza fra la destra e la sinistra parlamentare. Net neutrality è il principio base di sviluppo di Internet, ovvero il principio di non discriminazione del traffico, campo di battaglia fra oligopoli delle telecomunicazioni, istituzioni impegnate a garantire tutti gli altri diritti come quello di accesso alla rete, e la società civile che cerca di spostare sempre più in avanti la frontiera dei comportamenti attraverso la rete. È il presupposto per esercitare le libertà economiche, garantire la creazione di nuove imprese e una corretta competizione fra di esse, le innovazioni tecnologiche e le potenzialità della ricerca di base.
5. Tutela dei dati personali
1. Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati che la riguardano, per garantire il rispetto della sua dignità, identità e riservatezza. 2. Tali dati sono quelli che consentono di risalire all’identità di una persona e comprendono anche i dati dei dispositivi e quanto da essi generato e le loro ulteriori acquisizioni e elaborazioni, come quelle legate alla produzione di profili. 3. Ogni persona ha diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano, di ottenerne la rettifica e la cancellazione per motivi legittimi. 4. I dati devono esser trattati rispettando i principi di necessità, finalità, pertinenza, proporzionalità e, in ogni caso, prevale il diritto di ogni persona all’autodeterminazione informativa. 5. I dati possono essere raccolti e trattati con il consenso effettivamente informato della persona interessata o in base a altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Il consenso è in via di principio revocabile. Per il trattamento di dati sensibili la legge può prevedere che il consenso della persona interessata debba essere accompagnato da specifiche autorizzazioni. 6. Il consenso non può costituire una base legale per il trattamento quando vi sia un significativo squilibrio di potere tra la persona interessata e il soggetto che effettua il trattamento. 7. Sono vietati l’accesso e il trattamento dei dati con finalità anche indirettamente discriminatorie.Il punto, particolarmente ben sviluppato, è una gemmazione della migliore scuola dei Garanti europei della privacy già presieduti dal giurista che ha guidato la commissione, Stefano Rodotà. Trattamento dei dati, consenso revocabile, protezione dei dati sensibili (salute, scelte sessuali, politiche e religiose) sono il caposaldo di ogni tipo di trattamento possibile dei dati che ci identificano e precedono come persone quando chiediamo un prestito, affrontiamo un colloquio di lavoro, ci iscriviamo a un servizio online.
6. Diritto all’autodeterminazione informativa
1. Ogni persona ha diritto di accedere ai propri dati, quale che sia il soggetto che li detiene e il luogo dove sono conservati, per chiederne l’integrazione, la rettifica, la cancellazione secondo le modalità previste dalla legge. Ogni persona ha diritto di conoscere le modalità tecniche di trattamento dei dati che la riguardano. 2. La raccolta e la conservazione dei dati devono essere limitate al tempo necessario, rispettando in ogni caso i principi di finalità e di proporzionalità e il diritto all’autodeterminazione della persona interessata.Il principio dell’autodeterminazione informativa, cioè l’autogestione di quali aspetti della propria vita rendere conoscibili a terzi, già prevista dalla legge italiana sulla privacy, ribadisce la “proprietà dei dati personali”. Non è presente nessuna ipotesi sulla gradazione del livello di privacy o “intimacy” gestibile dall’individuo ma gli apre la strada. E ribadisce il divieto alla raccolta massiva di dati da parte di agenzie governative e “imprenditori dei dati” che ne fanno commercio e/o li cedono ai governi ai fini di sorveglianza e controllo senza avvisarne i titolari.
7. Diritto all’inviolabilità dei sistemi, dei dispositivi e domicili informatici
1. I sistemi e i dispositivi informatici di ogni persona e la libertà e la segretezza delle sue informazioni e comunicazioni elettroniche sono inviolabili. Deroghe sono possibili nei soli casi e modi stabiliti dalla legge e con l’autorizzazione motivata dell’autorità giudiziaria.Necessario capitolo dopo lo scandalo del Datagate rivelato da Snowden, e ancora prima della raccolta massiva di dati svelato da Wikileaks, contiene un richiamo chiaro e senza fraintendimenti alla necessità dell’autorizzazione della magistratura per ogni tipo di indagine che riguardi la sfera personale e privata degli individui. Sopratutto dopo il tentativo di sei mesi fa di introdurre dei trojan di stato nei nostri computer a complemento della legge antiterrorismo fatta sulla scia degli attentati della galassia jihadista. Ma è anche una tutela importante per chi esercita il diritto/dovere all’informazione e al libero scambio di dati e informazioni che talvolta si è cercato di limitare a favore dei diritti di proprietà, per esempio considerando lecito da parte di soggetti privati violare la privacy dei cittadini per tutelare il diritto alla proprietà intellettuale.
8. Trattamenti automatizzati
1. Nessun atto, provvedimento giudiziario o amministrativo, decisione comunque destinata ad incidere in maniera significativa nella sfera delle persone possono essere fondati unicamente su un trattamento automatizzato di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell’interessato.Questo articolo riguarda l’asimmetria esistente tra i fornitori di servizi Internet e gli utilizzatori o consumatori o prosumer (produttori-consumatori) online, riconoscendo la potenziale fallibilità di tali trattamenti e la possibilità che possano essere facilmente manipolati da terzi, contro i titolari, in maniera lecita oppure no.
9. Diritto all’identità
1. Ogni persona ha diritto alla rappresentazione integrale e aggiornata delle proprie identità in Rete. 2. La definizione dell’identità riguarda la libera costruzione della personalità e non può essere sottratta all’intervento e alla conoscenza dell’interessato. 3. L’uso di algoritmi e di tecniche probabilistiche deve essere portato a conoscenza delle persone interessate, che in ogni caso possono opporsi alla costruzione e alla diffusione di profili che le riguardano. 4. Ogni persona ha diritto di fornire solo i dati strettamente necessari per l’adempimento di obblighi previsti dalla legge, per la fornitura di beni e servizi, per l’accesso alle piattaforme che operano in Internet. 5. L’attribuzione e la gestione dell’Identità digitale da parte delle Istituzioni Pubbliche devono essere accompagnate da adeguate garanzie, in particolare in termini di sicurezza.Questo articolo è l’architrave della Carta. Potrebbe non apparire come tale visti i precedenti commi che riguardano privacy e autodeterminazione, ma di fatto ne costituisce il presupposto chiarendo che algoritmi e tecniche di profilazione degli individui possono influenzare in maniera negativa la nostra vita sociale. Il comme quattro poi ribadisce il concetto di semplificazione amminsitrativa e il quinto che la Pubblica amminstrazione centrale e locale ne sono garanti.
10. Protezione dell’anonimato
1. Ogni persona può accedere alla rete e comunicare elettronicamente usando strumenti anche di natura tecnica che proteggano l’anonimato ed evitino la raccolta di dati personali, in particolare per esercitare le libertà civili e politiche senza subire discriminazioni o censure. 2. Limitazioni possono essere previste solo quando siano giustificate dall’esigenza di tutelare rilevanti interessi pubblici e risultino necessarie, proporzionate, fondate sulla legge e nel rispetto dei caratteri propri di una società democratica. 3. Nei casi di violazione della dignità e dei diritti fondamentali, nonché negli altri casi previsti dalla legge, l’autorità giudiziaria, con provvedimento motivato, può disporre l’identificazione dell’autore della comunicazione.Anche qui, considerato superiore l’interesse pubblico e la difesa dello stato, viene enfatizzato il valore di una particolare declinazione della privacy, quella che distingue i comportamenti dalle entità anagrafiche che li determinano a patto che non siano illeciti. Per capirci: una persona che denuncia una violenza su un blog ha diritto a rimanere anonima se serve a evitare rappresaglie, lo stesso vale per chi denuncia malaffare e malversazioni o per gli attivisti nei paesi autoritari. Potrebbe essere la base del riconoscimento alla protezione dei whistleblower, gli “spioni” che denunciano malaffare, corruzione, collusioni tra potere politico ed economico.
11. Diritto all’oblio
1. Ogni persona ha diritto di ottenere la cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei riferimenti ad informazioni che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento della loro raccolta, non abbiano più rilevanza pubblica. 2. Il diritto all’oblio non può limitare la libertà di ricerca e il diritto dell’opinione pubblica a essere informata, che costituiscono condizioni necessarie per il funzionamento di una società democratica. Tale diritto può essere esercitato dalle persone note o alle quali sono affidate funzioni pubbliche solo se i dati che le riguardano non hanno alcun rilievo in relazione all’attività svolta o alle funzioni pubbliche esercitate. 3. Se la richiesta di cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati è stata accolta, chiunque può impugnare la decisione davanti all’autorità giudiziaria per garantire l’interesse pubblico all’informazione.Il diritto a essere dimenticati dalla rete qui va di pari passo con il diritto alla storia e alla memoria. Non vale per i personaggi pubblici alla cui conoscibilità e coerenza i cittadini affidano il governo delle istituzioni collettive e che per questo godono di una “privacy attenuata”. Presente anche nelle leggi sulla diffamazione a “mezzo stampa” (anche di quella digitale) apre la strada alla definizione di un”termine temporale” per poter esercitare il diritto all’oblio e alle iniziative in corso negli USA e in UK per consentire ai minorenni di cancellare dalla rete tutto ciò che possa creargli imbarazzo nella vita adulta una volta pubblicato su social network e piattaforme digitali.
12. Diritti e garanzie delle persone sulle piattaforme
1. I responsabili delle piattaforme digitali sono tenuti a comportarsi con lealtà e correttezza nei confronti di utenti, fornitori e concorrenti. 2. Ogni persona ha il diritto di ricevere informazioni chiare e semplificate sul funzionamento della piattaforma, a non veder modificate in modo arbitrario le condizioni contrattuali, a non subire comportamenti che possono determinare difficoltà o discriminazioni nell’accesso. Ogni persona deve in ogni caso essere informata del mutamento delle condizioni contrattuali. In questo caso ha diritto di interrompere il rapporto, di avere copia dei dati che la riguardano in forma interoperabile, di ottenere la cancellazione dalla piattaforma dei dati che la riguardano. 3. Le piattaforme che operano in Internet, qualora si presentino come servizi essenziali per la vita e l’attività delle persone, assicurano, anche nel rispetto del principio di concorrenza, condizioni per una adeguata interoperabilità, in presenza di parità di condizioni contrattuali, delle loro principali tecnologie, funzioni e dati verso altre piattaforme.I big player del web come Facebook, Amazon, Google, Instagram ecc. oggi sono i veri proprietari delle informazioni che ci identificano come buoni o cattivi cittadini, lavoratori, elettori e consumatori. I social network e i motori di ricerca oggi sono i provider delle identità digitali con cui svolgiamo le operazioni quotidiane e le cui condizioni d’uso mantengono una forte asimmetria contrattuale tra noi e i fornitori dei servizi. Rifiutare le condizioni d’uso di queste piattaforme è come rifiutare le clausole bancarie, assicurative o di lavoro: semplicemente ci si vede rigiutare l’accesso ai servizi che oggi riteniamo essenziali per lavorare, incontrarci, socializzare, fare impresa. Perciò l’articolo pone un limite all’azione di tali clausole individuandolo nel diritto della persona a gestire in maniera semplice ed efficace il livello di contrattazione con le piattaforme stesse.
13. Sicurezza in rete
1. La sicurezza in Rete deve essere garantita come interesse pubblico, attraverso l’integrità delle infrastrutture e la loro tutela da attacchi, e come interesse delle singole persone. 2. Non sono ammesse limitazioni della libertà di manifestazione del pensiero. Deve essere garantita la tutela della dignità delle persone da abusi connessi a comportamenti quali l’incitamento all’odio, alla discriminazione e alla violenza.In rete si incontrano bulli, razzisti, fascisti, sessisti, e tutta una serie di molestatori seriali (i troll) e sessuali. L’Hate speech, i linguaggio dell’odio, ispira e istiga gli hate crimes anche nella vita fuori dello schermo. I siti dell’odio che inneggiano alla discriminazione sono spesso veicolo di pregiudizio anti-africano, anti-arabo, anti-ebreo, anti-rom. L’articolo mette in guardia dai pericoli del cyberbullismo e dello stalking in rete identificando il diritto alla libertà d’espressione come fondamentale ma tracciando un confine netto con espressioni incompatibili con il diritto altri alla sicurezza, anche psicologica.
14. Governo della rete
1. Ogni persona ha diritto di vedere riconosciuti i propri diritti in Rete sia a livello nazionale che internazionale. 2. Internet richiede regole conformi alla sua dimensione universale e sovranazionale, volte alla piena attuazione dei principi e diritti prima indicati, per garantire il suo carattere aperto e democratico, impedire ogni forma di discriminazione e evitare che la sua disciplina dipenda dal potere esercitato da soggetti dotati di maggiore forza economica.Come ribadito nella mozione parlamentare, l’articolo riassume quindici anni di dibattito in sede Onu sull’importanza di regole e principi condivisi per la governance “multi-equal-stakeholder” della rete. Cioè, la necessità di garantire efficienza, efficacia, usabilità, evoluzione, apertura e sicurezza delle rete Internet attraverso una governance partecipata, che non significa governo, cioè decisioni prese dall’alto e tradotte in leggi ma una gestione aperta, inclusiva e condivisa di essa da parte di soggetti pubblici e privati, titolati tutti a intervenire nel dibattito e nella proposta del suo funzionamento infrastrutturale, tecnico, legale e contenutistico.
Un approccio che l’Italia per prima ha affermato attraverso la Carta di Tunisi nel 2005 e poi in tutti gli Internet Governance Forum che si sono succeduti a livello italiano, europeo ed internazionale, e che oggi per la prima volta impegna il governo nazionale a farne la propria guida e strumento di crescita collettiva.