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Bisogna essere felici per avere successo come imprenditori di se stessi

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Se è vero che viviamo in piena società della conoscenza meno evidente è l’importanza che ha chi quella conoscenza la genera, la trasmette, la rielabora: noi, i nostri cervelli, i nostri corpi. Probabilmente riteniamo più affascinante discutere dell’infrastruttura tecnologica: di Internet, delle piattaforme, dell’IoT. Amanti della fantascienza, guardiamo al transumanesimo senza aver ancora capito l’umanesimo.

Credits: io9.gizmodo.com

In questo articolo proverò a riflettere su di noi, sul nostro valore nell’economia della conoscenza e sul modo di preservarlo.

Non avendo né lo spazio né le competenze richieste, mi limiterò a discutere i casi in cui il capitale umano costituisce la quasi totalità della ricchezza: le start up, i freelance e i professionisti.È noto che le start up sono valutate per la qualità delle persone che ci lavorano, oltre che per il modello di business, l’innovazione, le metriche disponibili.

I venture capital danno un’importanza considerevole al valore del team: nelle business school si dice che il 60% del giudizio dipenda dai componenti. Non si va da soli dagli investitori, non si va in troppi. Il tempo per farsi conoscere è poco, spesso in contesti informali e confusi, come aperitivi e cene di networking. O pitch competition.Ho visto in questi mesi un progetto faticare per le cattive relazioni che si sono create all’interno del gruppo, per lo più per ragioni dovute alle dinamiche psicologiche dei rapporti.

Se voi siete il vostro asset principale, dovete prendervi cura di voi stessi. Benessere fisico e benessere mentale.

Altrimenti il carico di stress può sommergervi e allontanare da voi i vostri clienti, partner, investitori.Presentate male il pitch perché non sapete gestire l’ansia da prestazione.

Andate nel pallone mentre cercate di capire le esigenze del cliente. Avete la mano sudata e trasmettete indecisione e insicurezza.Sono problemi piuttosto comuni: dipendono spesso solo da una mancanza di esperienza e non destano nessuna preoccupazione. Certo, vi potreste giocare qualche contatto dando una cattiva “prima impressione” – e non è facile recuperare.

Sentirsi in pace con se stessi impatta positivamente sugli altri, siano clienti o colleghi:

le relazioni efficaci si creano se si sa dar senso ai comportamenti altrui, se si affina l’empatia. Un sorriso nel momento giusto, un incrocio di sguardi, una buona stretta di mano.

Un primo modo per riconquistare benessere consiste nel ridurre il carico. Ho infatti trovato molto utile un testo, Essentialism, dove l’autore, Greg Mckeown, sostiene che per sopravvivere in questi tempi così ricchi di stimoli e opportunità, non sempre chiarissime, è necessario focalizzare la propria attenzione e darsi delle priorità.

Sì, va bene, ma come si fa ad essere felici?

Gestire meno cose contemporaneamente e gestirle meglio, imparare a dire di no a richieste che non sono strategiche per la nostra crescita: fondamentale per un freelance, per esempio.La scelta richiede però di sapere in che direzione si vuole andare, di valutare con la maggior consapevolezza possibile i propri asset (per fare dei trade-off), di essere sicuri delle proprie decisioni: il lavoro dell’imprenditore richiede scelte continue e molto rapide. Se avete il minimo dubbio di non poter prendere una scelta, se l’indecisione è grave, vi stressate e rallentate i tempi di risposta o, peggio, date la prima risposta sensata (apparentemente) per una questione di orgoglio e pressione da parte dei sottoposti o per la paura di perdere i committenti. Per una start up può voler dire la morte: due errori con i primi clienti importanti e ti sei giocato la fama. Un CEO deve circondarsi di buoni consiglieri e creare relazioni aperte, franche e di profonda fiducia con loro. Altrimenti si troverà scavalcato, o solo.

Conoscere il proprio livello di sicurezza nelle decisioni può non essere un’operazione banale.

Ci sono passato pochi mesi fa: siamo molto bravi a dare spiegazioni a posteriori del nostro comportamento, ma durante una crisi abbiamo la sensazione di aver sbagliato tutto e di dover mettere in discussione trent’anni di vita.Più siamo in gamba, più riusciamo ad allontanarci dalla nostra “essenza” razionalizzando tutto quello che proviamo e ci capita. Un’arma decisamente a doppio taglio perché può paralizzarci: quante scuse siete in grado di inventare per qualunque cosa non vi vada di fare? E magari non vi sembrano neanche scuse…

Ci sono atteggiamenti e resistenze che possono renderci la vita molto complicata: è una situazione ancora gestibile se la pressione data dal nostro lavoro non comincia a stritolarci e a non impattare sulla nostra vita privata.

Equilibrio e benessere significano buone relazioni umane e capacità di scelta nei momenti difficili.

Mi paiono ragioni sufficienti per affrontare il tema della propria salute psichica senza paura, e senza ipocrisia. Ho scoperto che alcune delle persone che più stimo sono andate o vanno dallo psicologo. Io ci sono andato per un anno. Due volte al mese. Quando uscivo dallo studio mi sentivo benissimo. Non è stato un percorso semplice, per quello che si scopre, per la fretta di “guarire”, perché si cambia e adattarsi a un nuovo sé è tutt’altro che facile.

Tuttavia, mi ha insegnato molto. Da quando ho imparato a mostrare le mie fragilità sono diventato più forte. Da quando ho imparato a distaccarmi un po’ dalla pressione delle sfide che mi pongo quotidianamente le vinco più facilmente.

Scrivo questo articolo perché dovremmo liberarci dal tabù “va dallo psicologo perché è pazzo”. La cultura italiana fa molta fatica nell’educare le emozioni: non sa gestire al suo interno un dibattito di genere, ha un approccio infantile al piacere e alla sessualità (stereotipato, banalotto), è incapace di gestire la sconfitta – altrimenti fatico a spiegarmi più di due milioni di NEET (Not (engaged) in Education, Employment or Training).

Parliamo di stress e imprenditori solo quando si suicidano: conosciamo meglio la patologia, non lo stato “normale”, che dovrebbe consistere nella ricerca della serenità, obiettivo cui dovrebbe tendere la psicologia.

Certamente sarebbe più facile essere sereni in un sistema economico che evita di aumentare stress e precarietà dei lavoratori e non costruisce i propri metri di giudizio unicamente su aspetti materiali. In effetti, i numeri della salute mentale oggi sono grigi: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che: “la grandezza, la sofferenza, e l’onere in termini di disabilità e di costi per le persone, le famiglie, e le società sono impressionanti” e documentato che 4 delle 6 principali cause di anni vissuti con disabilità sono dovute a disturbi psichiatrici (depressione, disturbi nel consumo di alcol, schizofrenia e disturbo bipolare).

L’uso di psicofarmaci, secondo l’ultima indagine disponibile (2011), ha coinvolto oltre undici milioni di persone nel nostro Paese. In particolare, circa 5 milioni sono ricorse a tranquillanti e ansiolitici, ovvero il 12,8% della popolazione. I sonniferi sono stati usati da circa 4 milioni di persone.

Se pensate che i malati psichiatrici siano cosa ben diversa da startuppers e freelance temo vi sbagliate.

Iniziare delle dipendenze è molto facile per queste categorie: senza eccitanti si va troppo lentamente rispetto alle richieste di clienti onnipotenti, alla rapidità con cui si brucia denaro e rispetto alle proprie ambizioni.

Credits: mamme.letteradonna.it

Il consumo di stupefacenti ed eccitanti è in crescita. Sul mercato ci sono tante marche di bevande energizzanti, un tempo inesistenti; anch’io per qualche mese ho fatto ampio ricorso a una di queste per riuscire a essere concentrato dopo 8 ore di lavoro e continuare a lavorare altre 3/4 ore. Per non parlare delle smart drugs (o nootropici) che compaiono anche nelle serie a tema: adderall, ritalin, modafinil le più note. Ci sono decine di siti che le vendono, in modo più o meno legale – dato che non tutte sono autorizzate in Italia.

Il fatto di essere persone di discreto successo non ci rende inattaccabili, anzi: ci espone a maggiori rischi.

Il meccanismo è semplice, e si auto-alimenta: il successo richiede la conferma e porta ad assumersi maggiori responsabilità. Diventiamo abbastanza bravi da venir chiamati a nuovi progetti e l’investimento che abbiamo fatto in noi stessi vuole vedere i frutti dopo tanto sacrificio. Perché nessuno ha la forza di fermarsi e accontentarsi quando viene finalmente invitato alla festa che aspetta da una vita.

Quali gli antidoti a questo malessere?

L’orientamento psicanalitico pare godere di nuovo credito; la mia esperienza è stata davvero positiva, ma credo che dipenda molto dal professionista a cui ci si rivolge. Un articolo del Guardian (su Internazionale 29 gen. – 4 feb.) porta dei dati solidi sulla sua efficacia: uno studio del sistema sanitario britannico ha concluso che il 44% dei depressi gravi sottoposti a due anni di psicanalisi sono migliorati. Uno studio del 2008 sul disturbo borderline ha mostrato un’efficacia della psicodinamica pari al 87% del campione trattato a cinque anni dalla fine del trattamento.

Dovremmo tutti trovare il tempo di conoscerci meglio: è un investimento che vale oro. Nessuno è in grado di accelerare il proprio tempo a disposizione; pensare di trovare la giusta pillola, come nel film Limitless, può al massimo curare i sintomi, ma non aiuta a trovare e risolvere la causa profonda. E sicuramente porta a esaurire, presto o tardi, le nostre energie.Il modo migliore per essere produttivi consiste nel risparmiare al nostro cervello battaglie logoranti tra desideri, ambizioni, visione degli altri, divieti: ritrovare se stessi in un’unità ci facilita la vita.

Probabilmente non sarà il successo a rendervi felici. Sarà la felicità a trasformarvi in imprenditori e freelance di successo.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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