Brooklyn, il nuovo Village letterario

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Brooklyn rappresenta lo spirito del Greenwich Village, la nuova oasi bohémienne non solo per gli scrittori ma anche per chi, semplicemente, vuole respirare il clima radical chic nella capitale culturale degli States. In una sorta di ricorso storico, come il Village ospitava, un tempo, artisti e scrittori attratti dall’atmosfera creativa, la Brooklyn d’oggi è la casa dei letterati contemporanei.

Qualche nome? Dave Eggers, Jonathan Ames, Jonathan Lethem, Paul Auster, Rick Moody e Jonathan Safran Foer, abitano l’uno affianco all’altro in quartieri trendy come Park Slope e Williamsburg. Lontani ormai da Central Park e da Manhattan.

La storia letteraria di New York si è dipanata in gran parte proprio sull’isola di Manhattan, musa ispiratrice per generazioni di scrittori americani e stranieri; da sempre modello di libertà ed energia, conquistava i suoi proseliti con un grande senso di comunità.

Chi non ricorda l’aria spaesata di Woody Allen, newyorchese nell’animo, nel film “Io e Annie”, dove interpretava un aspirante scrittore, costretto temporaneamente a dislocare nell’assolata Los Angeles?

Manhattan ha avuto un angolo della città, dove un intellettuale poteva vivere e creare, esponendosi costantemente con un gruppo di suoi simili, a poca distanza da Central Park e dalla bellezza dei grattacieli che toccano il cielo.

L’insostenibile corsa ai prezzi dei decenni recenti ha però spinto in alto affitti e spese, vivere qui è diventato difficile per chi non ha compensi sostanziosi e, dunque, se volete ritrovare la comunità letteraria, con i suoi caffè, i pub, gli spazi artistici e collettivi, bisogna attraversare il fiume Hudson sul mitico ponte e mescolarsi tra gli scrittori che vivono e lavorano a Brooklyn.

Il dinamico quartiere di Williamsburg, diventato il luogo più “underground” di New York, è popolatissimo di musicisti e artisti, con i suoi vecchi magazzini trasformati in loft di tendenza. I migliori locali di musica dal vivo (soprattutto di gruppi emergenti) si trovano qui, tra Flushing Avenue, Bushwick e Kent Avenue, tra queste strade che sono state luoghi d’origine per numerose band indipendenti, come Interpol o i Clap Your Hands Say Yeah.

Intrigante è anche il quartiere Dumbo, acronimo del più banale “Down Under the Manhattan Bridge Overpass”, ovvero, “Sotto il cavalcavia del Manhattan Bridge”, con la sua vista spettacolare, al tramonto, su Manhattan e sul Ponte di Brooklyn. Il panorama mozzafiato, tra i più fotografati d’America, si gode soprattutto da Fulton Ferry e dall’Empire-Fulton State Park.

A Dumbo, vari ristoranti attirano l’attenzione, consigliati Pete’s Downtown Restaurant (cucina italiana) e la famosa pizzeria Grimaldi’s.

Per una fuga a ritroso nel tempo, il “vecchio”, epico, Greenwich Village, situato sulla punta meridionale di Manhattan, offre ancora molto da vedere. A questo punto, la tradizione letteraria squisitamente newyorchese si sposa con una delle attività preferite dai geni che l’hanno consacrata: il bere. E nei cocktail vibra la stessa creatività che contraddistingue una pagina del grande romanziere Norman Mailer o la follia poetica di Allen Ginsberg.

Tra pinte di birra e bicchieri di Martini, i pub irlandesi di New York sono diventati celebri quasi quanto i loro frequentatori e il Greenwich Village sembra essere il luogo eletto, dove la maledizione del bere collima perfettamente con quella dell’arte. Un giro per i pub letterari del Village rappresenta un excursus nei flashback dei più grandi autori americani. I segmenti di vita vissuta tra un pub e un taccuino su cui scrivere lasciano la scia di nomi celebri; i fantasmi di Eugene O’Neill, Henry James, Edgar Allan Poe, Jack Kerouac sembrano ancora peregrinare nei bar della zona.

Nel White Horse Tavern che mantiene intatto il suo fascino bohémien, il poeta inglese Dylan Thomas veniva per ubriacarsi tanto da morirne, mentre nel West Village si concentrano i locali da leggenda: Minetta Tavern era il pub prediletto da Ernest Hemingway; il McSorley, uno dei più “antichi” di New York, era frequentato da e.e. cummings (noto anche perché si firmava in minuscole), il Kettle of Fish, il luogo di ritrovo per tutti gli scrittori della Beat Generation e il preferito di Bob Dylan (si dice che lo sia tuttora).

Purtroppo due dei migliori pub letterari del Village, Chumley’s e Cedar Tavern, visitati sia dagli esponenti della Lost Generation, la “generazione perduta” tra le due guerre, che da quelli della Beat degli anni Cinquanta e Sessanta, hanno chiuso i battenti in tempi recenti ed è molto improbabile che possano riaprire.

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Scritto da luxu

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