L’emergenza sanitaria non frena le startup che stanno puntando al digitale come orizzonte dell’innovazione. Fra queste, si annovera Buzzoole, startup pioniera nella gestione delle strategie di influencer marketing: la società, nata a Napoli nel 2013, ha implementato un’avanzata piattaforma data-driven che raduna centinaia di migliaia di influencer ed è capace di tracciare modelli consulenziali al servizio delle aziende. Si tratta di uno fra i più grandi marketplace di content creator in Europa, e di recente ha chiuso con un aumento di capitale di 5 milioni di euro. Abbiamo chiesto al Founder di Buzzoole, Fabrizio Perrone, come sta cambiando il ruolo degli influencer all’interno di una strategia aziendale.
In questi anni come è cambiata la vision di Buzzoole?
“Dalla nascita di Buzzoole, la proposition è cambiata in parallelo al cambiamento di approccio da parte delle aziende. Oggi la selezione degli influencer richiede elementi qualitativi, i brand puntano a ricercare testimonial che ne abbraccino e incarnino i valori. Il nostro modo di offrire i servizi si è, dunque, adeguato alle richieste del mercato”.
Come funziona la piattaforma di Buzzoole?
“A Buzzoole utilizziamo un sistema di data set che ci consente di effettuare analisi di business intelligence grazie a tool di machine-learning e riconoscimento immagini. Dai social raccogliamo i dati relativi all’influencer, come quelli di audience, le impression, per poter dare ai nostri clienti gli strumenti utili a identificare i ‘corretti’ influencer.
Un’altra piattaforma consente di gestire l’intero processo, dalla selezione degli influencer all’approvazione dei contenuti, infine alla reportistica. In quest’ultimo ambito, Buzzoole vanta una partnership solida con Nielsen, che consente di andare a certificare i risultati in termini di incremento dei KPI di Brand Lift, cioè di definire il miglioramento del brand rispetto all’audience grazie all’influencer”.
Oggi è cambiata anche l’attività dell’influencer?
“Sì, Buzzoole utilizza una piattaforma ma anche un approccio human, basato cioè sulla tecnologia ma che punta a un focus maggiore sull’identità dell’influencer non solo perché amplifichi il messaggio, ma ne sia egli stesso portatore.
Oggi c’è molta più attenzione agli aspetti qualitativi: nella definizione di un influencer non ci sono solo i follower, ma anche l’audience, l’identificazione di follower fake, l’individuazione di contenuti in linea con il tone of voice o lo storytelling visivo del brand. È sicuramente un cambio rispetto a 5 anni fa, quando l’influencer era considerato più l’amplificatore di un contenuto, senza guardare sufficientemente al connubio di identità tra il brand e l’influencer stesso”.
In Italia qual è l’approccio al mondo dell’influencer marketing?
“Se si vuole ravvisare una differenza tra l’Italia e l’estero, questa riguarda la tipologia di performance. All’estero c’è una maggiore propensione dell’influencer marketing come strumento di conversion, non soltanto di brand awareness. L’Italia, invece, propende su questo secondo aspetto, anche se sta gradualmente ingaggiando influencer che dimostrino un ritorno sull’investimento diretto finalizzato all’acquisto di un prodotto. Fuori dall’Italia, in mercati digitalmente più avanzati, dove l’audience acquista sempre più via web, gli influencer sono spesso utilizzati come drive-to-conversion per la vendita di un’ampia gamma di prodotti”.
La pandemia ha impattato sul settore?
“Durante la pandemia, Buzzoole ha fatto un’analisi specifica per intercettare i trend del mercato. Ne è emerso che gli influencer hanno avuto un ruolo centrale, anche per diffondere eventuali messaggi legati all’evolversi della situazione. Abbiamo classificato i Brand in diverse classi: da coloro che inizialmente hanno preferito non esporsi, a chi ha non ha smesso di comunicare guadagnando così quote di mercato. Molti hanno prediletto le storie, insieme ad altri trend. Quello che è cambiato in una visione long term è che il ruolo dell’influencer è cresciuto in questi mesi anche in termini qualitativi. Nonostante l’impatto della pandemia sui budget aziendali, abbiamo visto una buona ripartenza”.
Di recente, Buzzoole ha ottenuto un round di investimento da 5 milioni sottoscritto da Cdp. Qual è il vostro obiettivo?
“L’obiettivo del round è continuare l’investimento in tecnologie, da sempre gli obiettivi e la forza di Buzzoole. In secondo luogo, puntiamo a consolidare gli sforzi degli investimenti di questi anni, su nuove tipologie di offerta“.
Da Imprenditore digitale, quali sono i trend a cui prestare attenzione?
“Sono tre, in particolare almeno quelli a cui sto prestando attenzione personalmente. Il primo è il settore del gaming ed esport, che ha un grande potenziale, come attestato dalla crescita dei numeri, in maniera esponenziale durante la pandemia. C’è poi il fashion tech, il trend del fashion che applica tecnologie dell’industria 4.0 e realtà aumentata, come le fashion house digitali, per citare un esempio. L’ultimo trend è il voice commerce, che grazie alle tecnologie punta a un’interazione sempre più immersiva per rispondere ai bisogni dei consumatori. A mio avviso, si tratta di tre settori di cui sentiremo parlare sempre più in futuro”.