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Carbonelli: «L’anno zero del calcio italiano»

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Fatemi il piacere, non iniziamo con la passione per lo sport, e con il solito “per colpa di alcuni facinorosi…” e tutte le ipocrite e inutili menate che in termini penali, estremizzando il concetto, potrebbero essere definiti come “favoreggiamento”.

Fuori e dentro gli stadi, che ospitino partite di calcio, concerti, messe, o qualsivoglia spettacolo periodico e continuativo, non bisogna ammettere alcun atto di violenza, piccolo o grande. Va sospeso immediatamente lo spettacolo, identificati e puniti i colpevoli, cancellata la manifestazione almeno per tutta la programmazione stagionale, come atto di rispetto verso il logico e pacifico, normale, comportamento che un popolo civile dovrebbe avere sempre in occasione di raduni ospitanti tifoserie, fedi religiose, e mentalità diametralmente opposte. Si, occorrerebbe essere tanto restrittivi, proprio per educare ad una pacifica convivenza nel rispetto esclusivo della vita, visto che è questo che forse ancora ci manca.

Il rispetto della vita del prossimo.

Tornando al falsato aspetto sportivo che tanto si ostinano a mettere in evidenza in ogni cronaca dei fatti, chiamando ancora incidenti delle azioni criminali gravi e premeditate, chiamando ancora tifosi dei pregiudicati attori di quegli atti criminali. Se volessimo anche noi chiudere gli occhi, e steso un velo pietoso sulle istituzioni e la loro incapacità di riformare una cultura sportiva applicando un codice penale, mi chiedo perché Telecom Italia e Sky Sports (società private) non smettono di finanziare questo becero spettacolo del calcio italiano.

Dopo i fatti di ieri (solo gli ultimi, cronologicamente) qualsiasi società privata sarebbe alla gogna anche e soprattutto mediatica, se in un qualunque festival a tappe periodiche, sponsorizzato, accadessero scontri e fatti di cronaca come quelli di ieri.

Si griderebbe il nome dell’azienda come sovvenzionatore di una manifestazione che altro non è che la scusante per quei criminali pregiudicati e recidivi, di agire con violenza e commettere crimini in un contesto logistico-sportivo che li rende immuni, o quasi, da quel codice penale che fuori da quel contesto “sportivo e logistico”, in teoria, li punirebbe in maniera esemplare.

Bisogna pensare che in fondo anche quello sia spettacolo. Del resto c’è il pre-scontro con la diffusione della notizia delle tensioni prepartita; gli scontri con gli aggiornamenti in real time; e il post scontri con il drammatico racconto della cronaca.Eh, sappiamo dare un valore economico a milioni di telespettatori che anticipano di qualche ora l’accensione della televisione sul canale che trasmette l’evento sportivo per seguire, con apprensione, l’evolversi della cronaca che sfocerà nello squallido (lo squallore in tv tira molto) trailer con attori criminali, e attori sportivi, e attori rappresentanti delle istituzioni, tutti insieme a fare il countdown che ci porterà a quello che doveva essere il vero spettacolo, la partita di pallone? No, io non so quanto vale in soldoni, ma so che ieri sera il mio tempo che doveva fermarsi al massimo in centoventi minuti sintonizzato su quel canale, è stato allungato a duecentonovantacinque minuti, tutti con ben in vista il marchio TIM, e tutti sullo stesso canale, nel caso specifico Rai 1 e non Sky Sport.

In questo caso il valore del mio tempo è ancora più alto considerando la crisi in cui riversa la Rai (azienda statale, e non privata, quindi che dovrebbe avere un’attenzione e una responsabilità maggiore nei confronti dei suoi utenti).L’immagine del logo aziendale, in bella mostra, come a dire “senza di me tutto questo non ve lo potreste permettere”, positiva in caso di un’esultanza sotto la curva, decisamente negativa nel caso dello squallido siparietto di ieri tra sportivi, istituzioni e criminali, non dovrebbe far riflettere i vertici aziendali sull’accostamento della propria immagine a fatti tanto gravi?

Allora è qui che non può più essere distinto l’aspetto sportivo da quello penale, in occasione di incidenti. Ed è qui che non può essere più distinto l’aspetto sportivo da quello commerciale. Oggi parliamo della finale di Tim Cup (la Coppa Italia si chiama proprio TIM cup da qualche anno), ma non dimentichiamoci i tanti episodi di questi anni. Dal famoso derby di Roma sospeso a fine primo tempo per la falsa notizia di un morto ammazzato fatta partire dalla curva. Ai calciatori del Genova fatti spogliare perché indegni di indossare quella maglia, alla tragica morte a Catania dell’ispettore Raciti, a tanti altri.

Ecco, considerando che questo post nasce con la, speriamo non inutile, speranza di ragionare sul come poter risolvere un problema civile che ci portiamo dietro da anni, continuo a sostenere che qualche campionato di calcio, in Italia, con gli stadi chiusi, e ridimensionando in maniera netta il valore di tanti interessi, che ad oggi semplicemente non è giustificato, potrebbe domani farci guardare a quello stesso spettacolo con una civiltà, un rispetto, un’educazione che oggi ci manca. Bisogna partire dalla pulizia. Bisogna azzerare tutto prima di poter ricostruire. Bisogna stroncare le entrate ingiustificate. Io non pago per vedere i morti ammazzati. Occorre ridare il giusto valore alle cose. Non sono di quelli che si scandalizza per le centinaia di milioni di euro che ballano dietro lo sport-spettacolo, ma voglio che quei soldi siano giustificati in maniera attinente al contesto per cui vengono sborsati. Se le istituzioni non sono capaci di agire velocemente ed efficacemente, allora la sensibilità di soggetti privati potrebbe aiutare. Bisognerebbe che le aziende private sospendessero, almeno tagliassero, le entrate che portano a questo sport-spettacolo finché non si arriva alla consapevolezza di poter parlare un domani solo di sport e solo di spettacolo.

Ieri mio nipote aveva gli occhi spalancati durante tutto il prepartita. Quattro anni, cosa dovevo spiegargli? Mi chiedeva perché già dalle sette non poteva guardare i cartoni. Gli dicevo di stare un attimo zitto. Un attimo durato le due ore prima del calcio di inizio. Quegli occhi spalancati e spaventati, che non avrei mai voluto vedere, valgono la mia promessa di non portarlo mai in uno stadio in Italia. Il suo grido neanche tanto consapevole al gol di Insigne vale la promessa che quando non succederanno più quelle cose brutte, lo porterò ogni domenica.

Napoli, 6 maggio 2014LUCA CARBONELLI

Reblog da Il salotto del caffè

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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