“It’s all about execution” dicono in Silicon Valley. Ma è anche “all about timing“. E quando di un fenomeno mondiale se ne accorge anche il Consiglio dei Ministri italiano significa che i tempi sono maturi davvero.
Parliamo di crowdfunding: quel meccanismo di finanziamento/donazione/prestito che permette a chi ha progetti e idee innovative di sottoporle ai propri clienti, finanziatori, supporter, così da poter ricevere non soltanto un feedback sull’idea, ma anche un sostegno economico per realizzarla.
Ma parliamo anche di Crowdfuture, la prima conferenza in Italia che si occupa interamente di crowdfunding, e ha la “pretesa” di farlo senza creare miti, martiri o eroi che arriverà il 27 ottobre 2012 a Roma con un tempismo altrettanto perfetto. Per farlo nella maniera più laica, onesta ed efficace possibile si dovrà analizzare e sdoganare culturalmente il fenomeno che in Italia, più di altri fenomeni legati alle Silicon Company, è coperto da un alone di incertezza al limite della mitizzazione.
Il fenomeno negli Stati Uniti è invece maturo e popolare. Molti dei lettori avranno sentito parlare di Kickstarter, e di alcuni prodotti che si sono fatti finanziare lì con milioni di dollari. I media non perdono mai occasione di fare sensazionalismo e le piccole storie significative, così come i tanti insuccessi, non hanno molta copertura. Risultato: il crowdfunding è essenzialmente pre-vendita di prodotti.
Noi invece vorremmo spiegare che non c’è “IL” crowdfunding, e che in realtà sono vari fenomeni distinti che stanno definendo il nuovo mercato del finanziamento e dell’investimento, e che dovremmo cominciare a guardare nell’insieme. Durante Crowdfuture guarderemo alle manifestazioni più popolari del crowdfunding al giorno d’oggi.
Il cosiddetto reward-based crowdfunding, implica una donazione libera da parte del sostenitore per finanziare il progetto.
In cambio il progettista decide dei premi corrispondenti a certe soglie di donazione. Per lui sono tutte importanti, ed è importante per lui che siano tutte proporzionalmente gratificanti per i backers.
Le motivazioni che spingono una persona a finanziare un progetto sono tante e varie, bisogna aprire la mente e prendere in considerazione la diversità.
Il reward-based crowdfunding equivale spesso a pre-vendita del prodotto stesso che si va a finanziare, arricchito di validazione dell’idea da parte della folla, ma anche a finanziamento di iniziative no-profit, di progetti di cittadinanza collaborativa, di progetti creativi che avranno importanza per un gruppo di persone che deciderà di supportarli senza volere necessariamente qualcosa in cambio, se non che il progetto si avveri.
Di questo modello ne parleremo con Chiara Spinelli di Eppela, piattaforma tutta italiana di crowdfunding attiva dal 2011. Noi l’abbiamo provata sulla nostra pelle, finanziando parte dei costi della conferenza con successo, grazie a più di 60 sostenitori. Funziona, davvero.
Poi c’è il modello “equity-based”, che è rusticamente traslato come azionariato popolare. È quello più controverso da un punto di vista strettamente legale, poiché al momento non molte legislazioni lo riconoscono, e le norme sull’antiriciclaggio e sulla fiscalità generale lo rendono un po’ border-line. Al momento in Italia non esistono piattaforme di equity-based crowdfunding (potete osservare un vero e proprio esempio con l’olandese Symbid) ma ci sono i cosiddetti marketplace for startup, simili negli intenti, come SiamoSoci, di cui ci parlerà Dario Giudici, che ci spiegherà come la loro piattaforma, attiva in Italia dal 2010, abbia provato a risolvere e in che termini questo problema.
Infine, con Maurizio Sella di Smartika, parleremo di Peer to Peer e Social Lending, fenomeno in parte sviluppatosi sulla scia del microcredito con il quale Muhammad Yunus nel 2006 vinse il premio Nobel per l’economia. Il concetto è semplice, i tuoi creditori potranno non essere più banche o istituti di credito, ma anche tuoi pari (peer per l’appunto) a cui chiedere prestiti, e riceverli sulla base della propria affidabilità, reputazione e ovviamente solvibilità.
Per renderla davvero efficace non potremo non parlare delle implicazioni legali, dei limiti (tanti) e delle opportunità (poche) attuali sull’argomento in Italia, e provare ad elaborare alcune idee o persino un embrione di proposta che aiuti il Governo a dar corpo a una legislazione che diventi un volano per questo fenomeno e non ne diventi un freno. Grazie al contributo del nostro venue partner The HUB Roma – una rete mondiale di persone che promuovono l’innovazione sociale – che approfondirà questa prospettiva nel workshop pomeridiano “Crowdfunding: idee, community, seed capital per le start-up di social innovation” in cui verrano prese le osservazioni fatte nel panel della conferenza “Aspetti Legali del Crowdfunding” e rese un working draft su cui lavorare ulteriormente per giungere ad una proposta efficace per la regolamentazione del crowdfunding nel nostro paese.
Alla base di queste considerazioni non potrà mancare un riferimento continuo all’esperienza del Jobs act americano. Uno dei relatori di questa proposta è Jason Best che in un’intervista sul blog della conferenza spiega come il provvedimento varato lo scorso aprile dall’amministrazione Obama sia nato per colmare una lacuna. Mentre era possibile sostenere un progetto su Kickstarter o prestare soldi per sviluppare progetti nel mondo attraverso Kiva, non era ancora legale applicare il cosiddetto Crowdfund Investing (CFI). Questa è una di quelle classiche riforme a costo zero che se introdotte possono creare circoli virtuosi di innovazione e introduzione di capitali nel mercato con l’ingrediente più importante di tutti: il trust sociale. La moneta sonante del cosiddetto Web 2.0.
C’è da dirlo però: l’attuale Governo con il decreto sviluppo che comprende l’Agenda Digitale ci sta “provando”. Dobbiamo usare le virgolette perché un testo di riferimento ancora non c’è, ma ci sono delle linee guida uscite contenute nel “Decreto crescita 2.0″. Queste linee guida riguardano per la prima volta anche la raccolta diffusa di capitale ovvero Crowdfunding.
Quel che ci è dato sapere al momento è che l’organismo regolatore per il Crowdfunding sarà essere la Consob, che avrebbe 90 giorni per adeguarsi dal momento dell’uscita di un testo che, come dicevamo, ancora non c’è. Ma in questo paese ci siamo abituati, al di là di infelici bastoni e carote, a vivere su un doppio binario: da una parte lavoriamo affinché questa classe politica si accorga che c’è vita oltre gli scandali, dall’altra questa vita la coltiviamo.
Perciò a prescindere da quello che succederà con veri o presunti provvedimenti governativi, il 27 ottobre saremo a Roma, alla Facoltà di Psicologia alla Sapienza, in via dei Marsi 78 dalle 8.30 della mattina per cominciare questo percorso cercando di essere spore di un cambiamento diffuso, analizzando e comprendendo il fenomeno senza creare miti o eldorado, e senza approcci messianici, sottolineando limiti ed opportunità. Porteremo i frutti della conferenza già nel pomeriggio (dalle 14.30 in poi) nei vari spazi in cui ci saranno workshop fattivi e pragmatici, in cui si potranno mettere in pratica i concetti appresi la mattina.
Le cose fatte per bene hanno un costo, e gli argomenti nuovi pagano lo scotto di essere non affermati, soprattutto con gli sponsor. È vero che la campagna che abbiamo portato a termine con successo su Eppela è stata il nostro antidoto alla difficoltà in cui siamo incorsi per reperire finanziamenti tramite canali più tradizionali, ma nonostante il tema nuovo e oscuro siamo riusciti a trovare in più di 60 persone fiducia in noi, che ci ha spinto ad andare avanti, e più pragmaticamente siamo riusciti a coprire parte dei costi.Per questo abbiamo dovuto prendere la decisione di far pagare l’ingresso (un biglietto intero per la conferenza costa 40€ e un workshop 20€) e i biglietti potranno essere acquistati fino ad esaurimento sul nostro sito www.crowdfuture.net
Se ci aggiungete i nostri (pochi) sponsor e (tanti) partner e il loro prezioso apporto, assieme a Sapienza Università di Roma e Roma Startup, avete la mescola ideale per avere quello che speriamo un grande evento, a cui manca solo l’ingrediente segreto dello chef, voi.