Il 24 e il 25 Maggio dello scorso anno Parigi è stata invasa da centinaia di persone provenienti dai cinque continenti. Niente di nuovo per una città abituata ad accogliere ogni anno 25 milioni di turisti ma, se i circa 1500 partecipanti sono i rappresentanti delle realtà più importanti del Web mondiale, l’evento assume tutta un’altra importanza.
Il grande padiglione allestito nei giardini delle Tuileries ha visto sfilare le delegazioni dei maggiori attori operanti in rete. Da Eric Schmidt a Mark Zuckerberg passando per Jimmy Wales e Sean Parker, c’erano tutti o quasi. Tra i grandi influencer mancavano solo Steve Jobs, Bill Gates e Julian Assange. La delegazione italiana era composta da poche unità: Stefano Rodotà, Guido Scorza, Luca Ascani, Franco Bernabé, Carlo De Benedetti e Vincenzo Vita (anche io ero tra gli invitati all’eG8).
Il summit è stato quasi snobbato dalla stampa italiana mentre in rete si discuteva, anche con veemenza, della sua necessità. Alcuni hanno disertato, come Cory Doctorow di Boing Boing che considerava l’eG8 un tentativo dei governi di mettere le mani su Internet. Altri, i professori di Harvard e Stanford, Yochai Benkler e Lawrence Lessig, nonché il giornalista Jeff Jarvis, sono intervenuti senza nascondere, nei propri interventi, la distanza tra le loro posizioni e il discorso introduttivo di Nicolas Sarkozy. Dal canto suo il Presidente francese si è soffermato a lungo sulla necessità dell’Hadopi (la legge francese che punisce il P2P) e sull’importanza della legge sul copyright. Dopo tutto, il main sponsor di Sarkozy era pur sempre il patron di TF1, principale gruppo francese del comparto media.
L’idea di un G8 della rete nasce per volere dell’ex Presidente francese e di Maurice Lèvy, presidente e direttore generale di Publicis (la seconda agenzia pubblicitaria al mondo nonché curatrice della campagna di comunicazione di Sarkozy), con il duplice scopo di sostenere la lobby delle major in difesa del diritto d’autore e di incontrare le realtà della Rete, principale mezzo di informazione “antisarkozysta”. Con il senno di poi né l’uno né l’altro obiettivo sembrano esser stati raggiunti ma il tentativo di un vertice embedded ha prodotto certamente delle innovazioni importanti.
La prima e più evidente è stata proprio l’aver progettato un evento che mettesse intorno allo stesso tavolo gli uomini e le donne della rivoluzione digitale.
La seconda novità è stata quella di consentire alla foltissima delegazione francese, costituita non solo dai colossi Orange o Free, ma anche dalle startup (o quasi) transalpine, di scambiarsi contatti e consigli con dei padrini d’eccezione.
L’eG8 è stato soprattutto questo. Un’enorme occasione per tante aziende e giovani francesi (e non) di incontrare chi il Web l’ha cambiato davvero. Come Sean Parker, capace di organizzare una riservatissima festa al Matignon sugli Champs Élysées e raccogliere intorno a sé 4 o 5 bilionnaires del Web. Così, mentre il fondatore di Napster offriva tequila silver, ci si poteva fermare a dialogare con Jimmy Wales.
Quello che a molti è parso un evento di facciata, ha consentito lo scambio e l’interazione tra molte aziende – sarebbe superfluo sottolineare l’importanza dei momenti informali nelle relazioni pubbliche – consentendo ad alcune startup francesi di avvicinare non solo CEO internazionali ma anche i vari Xavier Niel, Jacques-Antoine Granjon e Marc Simoncini (fondatori rispettivamente di Free, provider francese che ha rivoluzionato l’offerta telefonica, Vente Privée, vero grande sito di e-commerce transalpino e Meetic, il sito di incontri). Per capire l’importanza di questi personaggi basta rileggere questo articolo apparso sul Sole24ore, in cui Niel viene definito “quanto di più simile a Steve Jobs l’Europa abbia prodotto”.
Quello che alcuni avevano definito la “Yalta di internet” si è rivelato un mezzo flop da un punto di vista normativo (meno male!) anche per le forti opposizioni, tra gli altri, di Eric Schmidt e Sean Parker. L’idea di Sarkozy di produrre un documento da presentare al G8 di Dauville si è rivelata un boomerang di immagine. Solo chi non crede nella Rete potrebbe voler gettare alle ortiche un’esperienza unica come quella dell’eG8 parigino.
Se in due giorni 1500 ospiti hanno avuto modo di scambiarsi idee e contatti è solo grazie a questo enorme sforzo. Uno sforzo che ha dato la possibilità a tante aziende francesi di conoscere le best practices dei loro colleghi americani e/o asiatici consentendo alla Francia di imporsi sulla scena del digitale non solo in chiave passiva, ma anche in chiave propositiva. Non è un caso se gli USA inviarono il loro consigliere Alec Ross con lo scopo di osservare i passi francesi ed eventualmente riproporre il format al G8 di Camp David. Lo sforzo fatto dalla Francia andrebbe replicato l’anno prossimo dall’Italia.
Un paese che vuole uscire dalla crisi deve muoversi lungo il sentiero dell’innovazione. Innovare vuol dire osare. Alla riduzione del digital divide va affiancato un sostegno alle startup innovative che possono attrarre investimenti anche dall’estero. Per farlo abbiamo bisogno di un momento d’incontro. Un evento come l’eG8 può rappresentare la vetrina giusta per le realtà italiane d’eccellenza. Non sono poche.
Ci sono aziende che se fossero nate nella Silicon Valley sarebbero analizzate come esempi da seguire e che invece, troppo spesso, sono viste come figlie di un dio minore. Anzi figlie di un’industria minore, quella del Web (diciamo che forse pensare a Google, azienda con 23 mila dipendenti e 43 miliardi di dollari di liquidità, come figlia di un dio minore è alquanto anacronistico ma tant’è). Nel caso di Google ci troviamo dinanzi una realtà che molte corporazioni combattono poiché diffonderebbe del “contenuto”! Come se il contenuto non fosse conoscenza, come se quest’ultima non fosse l’unica vera risorsa che l’uomo è capace di produrre.
Questa mentalità andrebbe combattuta con forza. Il Governo Monti potrebbe e dovrebbe, prima di rimettere il mandato al Capo dello Stato, impegnarsi ad organizzare un eG8 in Italia. Dovrebbe farlo per il paese e per tutti quegli imprenditori che, ogni giorno, combattono con i ritardi strutturali di questa nazione. Per tutti quelli che restano, invece di partire, perché credono che sia qui ed ora il momento di andare avanti.
Un Governo di un grande paese che vuole rimettersi in carreggiata dovrebbe investire in innovazione e per farlo dovrebbe rimettere al centro della propria agenda il digitale. Un eG8 a Roma, un eG8 come quello parigino, con meno voglia di copyright e più interazione, sarebbe l’occasione giusta. Caro Professore, ci faccia fare una salto nel futuro e ci lasci mettere alle spalle, per sempre, questa società consumista-televisiva, zavorra culturale della nazione e di cui davvero non sentiamo più il bisogno.
Roma, 4 luglio 2012FRANCESCO PICCININI