Caro Matteo Renzi,Innanzitutto, congratulazioni per una vittoria forte e convincente, come poche volte succede in Italia. Il popolo del più grande partito di centrosinistra Italiano le ha dato fiducia e con questa l’onore di identificare in Lei il leader che deve guidare una stagione di rinnovamento della politica e della società Italiana. Insieme agli onori vengono però anche gli oneri e le responsabilità, in questo momento enormi, di incarnare per molti la speranza di essere la persona giusta per guidare il Paese fuori da una tempesta e un declino che durano ormai da decenni.
Declino dovuto dal fatto che negli ultimi anni ci si è solo concentrati a mitigare i sintomi dei malanni del Paese, e non a curare le cause della malattia.
In Italia la politica ha continuato ad applicare dei modelli di lettura del Paese basati su visioni da primo Novecento. Nel frattempo il mondo cambiava. Da sinistra a destra, chi per un verso chi per un altro, si è solo cercato di tenere insieme i pezzi senza cambiare lo status quo.
Io mi occupo di scienza, tecnologia e innovazione da oramai vent’anni. E ad ogni stagione elettorale ho sentito asserire dai candidati di turno quanto sia importante rifondare il comparto istruzione, ricerca e innovazione.
Nei salotti elettorali e in quelli televisivi sono tutti d’accordo, ma nessuno ci crede veramente e infatti nessuno lo ha mai fatto.
Gia due anni fa raccontavo su La Stampa la storia dell’Olanda alla fine della tragica guerra con la Spagna del 1574.
Guglielmo d’Orange dovette far aprire le dighe e portare di conseguenza il paese alla distruzione pur di vincere la guerra. Ancora alle prese con cumuli di macerie, uno dei primi atti ufficiali del governo fu la creazione del sistema universitario olandese.
Il pensiero e l’innovazione come motore di un paese piccolo che, da palude afflitta da carestie, si trasforma in potenza coloniale. Un successo trainato dall’accensione di un motore culturale e tecnologico che ancora adesso e’ una delle forze propulsive di quel paese.
Ecco ciò di cui abbiamo bisogno in Italia. Una rifondazione del motore culturale, tecnologico e innovativo del Paese. Una rifondazione che deve assolutamente combattere lo status quo. Che coraggiosamente deve mettere al primo punto degli obiettivi delle forze politiche e del governo una rivoluzione coraggiosa di quelle istituzioni che sono l’anima pensante del paese.
E non parlo in maniera demagogica di dare più fondi all’università e alla ricerca. Parlo invece di cambiarne il dna, di cambiarne le interazioni con il mondo dell’innovazione e del lavoro.
Ma ci vuole corraggio. Il coraggio di dire a voce alta che deve esistere un vero ricambio di risorse umane anche ai livelli culturali più alti del paese. Un esempio. l’Accademia dei Lincei, massima istituzione culturale Italiana con ruolo di consulente scientifico e culturale del Presidente della Repubblica, è composta in gran parte da ottuagenari.
La saggezza e l’esperienza sono beni preziosi, ma nella classe “Fisica e Applicazioni”, per fare un caso che conosco bene, l’età media dei membri e’ 82 anni per i soci nazionali e 70 anni per i soci corrispondenti (i giovanotti dell’accademia). Mi domando quale tipo di energia innovativa possa essere trasmessa dall’Accademia alla presidenza della Repubblica.
Il coraggio di capire che il mondo sta entrando nell’era della post-rivoluzione digitale. Un mondo che sarà basato sulla formazione e la preparazione culturale degli individui. E da li bisogna ricominciare. Nelle scuole, nell’università, nella ricerca. Agendo su tutti i meccanismi che possano riattivare il ciclo virtuoso che dall’idea, anzi dal sogno, portano all’innovazione e dall’innovazione al valore. Un valore non solo commerciale ma anche culturale e di qualita’ della vita.
E quindi avere il coraggio di dire che in Italia non tutte le università sono uguali e di pari utilità ma che possono convivere livelli e compiti diversi nel campo della ricerca e dell’educazione, anche se questo andra’ a distruggere baronie e posti di potere.
Il coraggio di smetterla di crogiolarsi sulle isole di eccellenza e riconoscere che le maggiori istituzioni di ricerca Italiane, come il Cnr, vanno rifondate perché sono in mano ai burocrati e non agli scienziati.
Il coraggio di riconoscere che in Italia i consumatori pagano lo stesso prezzo dei loro concittadini europei per dei bellissimi smartphone di cui usano solo in minima parte la tecnologia perché in Italia la rete 4G è in ritardo di 5 anni.
Creando finalmente i presupposti per un reale piano di adeguamento delle infrastrutture basato sui reali bisogni del Paese e non sulle clientele. Per esempio cominciando a dire che l’agenzia digitale è una delle cose più importanti del Paese e non deve essere guidata da nomine politiche, commissari e controcommissari per far contento qualche manager di stato che ha bisogno di un incarico.
Il coraggio di dire chiaramente che la crisi dell’occupazione non si vincerà cercando di far rinascere i vecchi compartimenti e i vecchi posti di lavoro. Questi non esistono più, in Italia soprattutto. L’unico modo per uscire dal tunnel è puntare tutto sull’innovazione, dalla digitalizzazione del turismo alle stampanti 3D, dalla manifattura dei makers all’alta tecnologia che il nostro Paese è ancora in grado di creare. Innovazioni che possono comunque sposarsi con le tradizioni Italiane e con il ruolo di leadership che abbiamo ancora in campi come la moda, il cibo o il design.
Bisogna soprattutto avere il coraggio di ammettere che queste sono riforme strutturali che hanno bisogno di tempo per dare frutto. Sicuramente molte di queste riforme non vinceranno nessun “concorso di popolarità” ne saranno una fonte facile di voti. Ma se fatte seriamente, saranno la chiave per un paese nuovo.
Caro Renzi, io spero che Lei questo coraggio ce l’abbia. L’italia ci spera, perche’ e’ piena di persone coraggiose che vincendo mille difficoltà ancora buttano il cuore oltre l’ostacolo. Senza questo coraggio l’Italia è destinata a guai sempre peggiori. E senza questo coraggio, la classe politica che lei rappresenta è destinata a diventare un ennesimo fallimento.Io le auguro buon lavoro e soprattutto “buon coraggio”.