Cartier celebra il decimo anniversario della scomparsa di Jacques Kerchache presentando la sua importante e suggestiva collezione sugli antichi riti Vudù. La Fondation Cartier pour l’Art Contemporain ha inaugurato lo scorso 5 aprile la mostra dedicata al misterioso mondo dei riti vudù, “Vodun: African Voodoo“.
L’evento, che avrà luogo nella bellissima cornice della sede parigina della Maison, l’originale edificio in vetro e metallo disegnato da Jean Nouvel, si concluderà il 25 settembre.
Cartier omaggia così uno dei suoi consulenti artistici, Jacques Kerchache, prematuramente scomparso nel 2001, presentando la sua prestigiosa ed unica collezione privata sui riti vudù.
Magia o religione, mistero o credenze popolari: il vudù sicuramente è una religione molto diffusa, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, dai caratteri fortemente esoterici.
Il culto è considerato tra i più antichi al mondo e da sempre affascina attraverso i suoi colorati e spesso macabri riti simbolici.
L’interesse di Kerchache verso il vudù affonda le sue radici fin dagli anni ’60. Studioso e appassionato esploratore di arti primitive, Kerchache è stato anche responsabile della creazione del Pavillon des Sessions all’interno del Museo del Louvre e dell’ideazione del Musée du Quai Branly.
La collezione privata di Anne e Jacques Kerchache si articola in centinaia di oggetti, statuette, conchiglie, collane, ma anche ceramiche e corde, collezionati e raccolti durante i numerosi viaggi in Africa. La maggior parte dei reperti, infatti, proviene dalla zona del Benin, oltre che dal Togo e dalla Nigeria.
L’allestimento della mostra è stato affidato a Enzo Mari, uno dei maestri del design industriale italiano, e sottolinea l’interesse estetico più che quello antropologico del vudù.
Come ha dichiarato lo stesso Kerchache in uno dei suoi scritti:
L’arte del Vudù si compone di molti elementi, quali: una connessione costante tra l’estetica e il sacro, la perfetta creazione di una specie di ideogramma a tre dimensioni portato all’estremo, un’arte sovversiva dove ogni cosa ha un significato, un processo che sorprendentemente risulta moderno e innovativo, una sperimentazione delle forme e dell’estetica.
La mostra, poi, si arricchisce anche di scritti e fotografie, filmati e documenti necessari per poter meglio comprendere l’importanza, non solo religiosa ma anche antropologica, del vudù.
La Fondazione Cartier, con questa mostra, non solo omaggia il suo collaboratore, ma dimostra ancora una volta il suo interesse nel promuovere e diffondere l’arte contemporanea in tutti i suoi molteplici aspetti.