Celio aggiunge il suo nome alla lunga lista di catene di abbigliamento in procedura collettiva. Il rivenditore di moda maschile, che rivendica la leadership in questo segmento con una quota di mercato del 6%, ha depositato lunedì una domanda di salvaguardia. Celio, che è posseduta al 100% dalla famiglia Grosman, ha attualmente 4.000 dipendenti in tutto il mondo e 1.585 negozi in 46 paesi, di cui 488 in Francia. Tuttavia, solo i negozi francesi gestiti dalla Celio stessa, ossia 345 punti vendita, sono interessati da questa procedura.
“Questa soluzione permetterà al gruppo di preservare il proprio flusso di cassa nei prossimi mesi, per darsi il tempo di riprendere l’attività commerciale e di adattare la trasformazione già in atto”, spiega Celio in un comunicato stampa.
È stato richiesto un prestito garantito dallo Stato, finora senza successo.
Da dove derivano le difficoltà di Celio
Come molte delle sue sorelle dell’industria dell’abbigliamento, il marchio non ha resistito alla crisi Covid, quando era già finanziariamente indebolito dai gilet gialli e dallo sciopero contro la riforma delle pensioni. Per due mesi sono stati chiusi i suoi 1.585 negozi nel mondo (principalmente in India, Francia, Spagna e Italia), con una perdita di 100 milioni di euro. Ancora oggi, quasi 300 negozi rimangono chiusi.
In Francia, ora sono tutti aperti, ma alcuni sono stati aperti in ritardo a causa della loro ubicazione in grandi centri commerciali rimasti chiusi dopo l’11 maggio, come il Forum des Halles di Parigi.
Le difficoltà di Celio non sono dovute solo al Covid. Il fatturato del gruppo era già in calo nel 2019, a 560 milioni di euro contro i 605 milioni di euro dell’anno precedente. La moda maschile non è sfuggita alle difficoltà del settore dell’abbigliamento nel suo complesso, anche se questo segmento è meno competitivo.
Piano di trasformazione
Per convinzione ecologica o per risparmiare il loro budget, i francesi comprano sempre meno vestiti. Negli ultimi dieci anni, le vendite registrate dall’Istituto Francese della Moda (IFM) hanno registrato un calo quasi continuo. I rivenditori di fascia media sono quelli che soffrono di più. Allo stesso tempo, le vendite online sono cresciute, mangiando la quota di mercato dei rivenditori fisici che hanno investito poco nell’e-commerce. Le vendite online non hanno superato il 5% delle vendite totali prima del lockdown. Secondo l’amministratore delegato dell’azienda, Gaëlle de la Fosse, intervistata la scorsa settimana su Fashion Network, queste vendite sono raddoppiate e a volte triplicate quando i negozi sono stati chiusi e sono ancora oggi a un buon livello.
Lo sviluppo delle vendite online è una delle priorità del piano di trasformazione presentato dal CEO nel mese di ottobre, la cui durata prevista è di dieci anni. Celio vuole anche rinfrescare la sua immagine e cambiare il suo stile, per esempio optando per materiali più naturali. Infine, il parco dei negozi deve essere ottimizzato. L’anno scorso in Francia ne sono stati ristrutturati 64 e 30 sono stati chiusi. Infine altri 40 resteranno chiusi nel 2020.