C’era una volta la RAI… questa invece è social Tv (dalla A alla Z)

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È un mercato pazzerello / dove trovi questo e quello / e c’è pure un pappagallo / con il becco giallo. Alzi la mano chi non si ricorda questo motivetto. Entrava nelle case di milioni di italiani, costringendoli a rimanere incollati davanti al televisore di casa, rigorosamente posizionato in tinello o in casi sporadici nel salotto di casa, quello accessibile solo nei giorni delle feste comandate. Anche grazie a quel ritornello siamo stati pionieri della social Tv, la conosciamo addirittura da trent’anni, senza forse neanche saperlo. Sia chiaro, una social Tv sui generis, con tutti i limiti della pura sperimentazione, partecipata in modo embrionale. Però siamo stati tra i primi ad averla accesa. E per giunta sulla Tv pubblica.

Eccola allora la prima social Tv ha bussato alle porte di mezza Italia grazie ad un pappagallo.

Correva l’anno 1977 e in Italia si accendeva una specie di Tv interattiva. Accadeva con quel genio di Enzo Tortora, che nel suo “Portobello” dialogava con il pubblico in modo diretto, immediato. Dalle telefonate che arrivavano in studio alle nomination espresse dal pubblico fino alla presenza del mitico pappagallo. Ma il punto più alto della social Tv è stato raggiunto nella primavera del 1980. In una puntata de “L’Altra Campana”, Tortora chiese alla gente di esprimersi con un voto accendendo e spegnendo le luci di casa. L’Enel, dopo pochi minuti, era in grado di dare il responso basandosi sulla variazione dei consumi che si registrava.

Eccome se si registrava. Oggi siamo lontani da quegli sbalzi di luce. E sono ormai completamente archiviate le vaste platee generaliste da milioni di italiani, salvo alcuni casi sporadici (calcistici).

Però la gente è ancora incollata alla tv, negli schermi più disparati, dai miniaturizzati degli smartphone e tablet ai totalizzanti della connected tv.

Con Andrea Materia, autore ed esperto di Tv interattiva, abbiamo provato a raccontare questa rivoluzione nel manuale “Social tv: guida alla nuova tv nell’era di Facebook e twitter” per il Gruppo24Ore. È una lenta e graduale rivoluzione semantica ed esperienziale. Qualcosa che cambierà per sempre il nostro rapporto mediato con un piccolo schermo che si polverizza in mille schermi e si consuma in altrettanti differenti rivoli. Ecco allora alcuni flash sul tema con un incompleto ma spero efficace e divertente vocabolario, dalla A alla Z (di zapping).

A come advertising, peché la pubblicità si reinventa in soluzioni partecipate, deve farlo necessariamente.

L’impatto della pubblicità ha a che fare con le metriche. Da rivedere e da riprogrammare perché oggi sostanzialmente sono monodirezionali, ovvero quantitative. Ecco allora che va in questa direzione l’avvento in America per Nielsen del cross-platform campaign rating, che aggiunge i fruitori della rete al pubblico televisivo. «La vera sfida per gli editori e per le relative concessionarie si giocherà tutta sulla capacità di aprirsi a partnership trasversali in modo da poter gestire l’attenzione su più schermi, creando professionalità autorali “multi-screen” e format pubblicitari estensivi», ha raccontato in “Social Tv” Pieranna Calvi di Sipra.

B come broadcaster. I primi protagonisti di questa rivoluzione, coloro che – volenti o nolenti – determinano il grado di coinvolgimento dell’utente. Perché convenzionalmente per social Tv si intendono le produzioni dei broadcaster che vanno in onda e che poi vengono rimbalzate online, commentate, rielaborate e in qualche modo espanse su Facebook, Twitter e sui media sociali. È un concetto che arriva dal mondo anglosassone e che in Italia trova contorni più sfumati. Ma da noi – coacervo di smartphone e tablet d’ogni sorta – il potenziale è enorme.

C come Cisco, che stima un boom del video online: entro il 2014 il 90% del traffico totale IP caratterizzato da flusso video. Per Nielsen ad oggi gli americani assorbono 256 minuti al giorno di Tv. Gli italiani seguono con 246 minuti, ovvero oltre 4 ore su 18 a disposizione. Un dato ancora impressionante.

D come devices di ogni tipo. La nuova Tv partecipata e sociale si sta declinando oggi tra cellulari e tablet, pc e console di gioco, applicazioni e interazioni, login e check-in. La Tv si decompone e al tempo stesso si amplifica, si miniaturizza sugli smartphone e si ingigantisce sulle connected Tv.

E come engagement, chiave di volta per comprendere la portata della social Tv. All’Università Bocconi hanno coniato il concetto di personal engagement, una unità di misura, un parametro che monitora il coinvolgimento personale rispetto al contenuto proposto, un dato frutto di otto indicatori differenti. Ecco allora che la differenziante per la social Tv diventa l’esperienza immersiva nella fruizione, un impatto emotivo che risulta – paradosso – più alto per gli europei rispetto agli utenti americani. «È la dimostrazione di come l’Europa interpreti la partecipazione sui social network», ha dichiarato Margherita Pagani, docente di e-marketing dell’Università Bocconi.

F come Facebook, il social network miccia potentissima per l’accensione di ogni esperienza di social Tv. Al mondo si registrano decine di casi di successo (e altrettanti di insuccesso) ma uno di quelli più curiosi arriva proprio dall’Italia e afferisce la comunicazione politica. Il sindaco di Bari Michele Emiliano è il protagonista del primo format di social Tv in ambito politico: ogni settimana da oltre un anno il sindaco risponde direttamente da casa sua alle domande dei cittadini postate su Facebook e Twitter in live streaming sulla piattaforma web di Bari Tv. E così l’amministrazione di una città intera viene raccontata attraverso una web Tv e i suoi profili social associati.

G come social gaming, l’ultima frontiera della social Tv. Il game è anche il game-show rappresentato con successo da Channel4. La Tv anglosassone arriva a proporre anche i primi concorrenti social della storia del piccolo schermo. Piccolo e anche piccolissimo, addirittura miniaturizzato, perché i concorrenti del game-show inglese “The million pound drop” trasmesso su Channel4, si collegano dal loro smartphone e partecipano alla trasmissione. I quiz si registrano in studio, ma possono essere partecipati via Facebook. E gli utenti connessi possono arrivare anche a battere il concorrente in gara.

H come Hulu e le parole del suo CEO Joe Kilar: «La rivoluzione è la possibilità per gli utenti di trasportare i video preferiti, anche intere puntate, negli spazi di social networking, sul proprio blog, inviarli agli amici e discuterli». Hulu sin dal nome è tutto un programma: deriva da un vecchio proverbio cinese che significa “dententore di cose preziose”. Questa social Tv ha in catalogo migliaia di video, soprattutto provenienti dal bouquet Nbc e Fox. Oltre a Hulu sono da tenere d’occhio anche altre piattaforme di social Tv: Joost, Justin Tv, Veetle Tv, Loom Tv e Sidereel.

I come Interazione. Vera, reale, autentica, distribuita. E soprattutto differente a seconda degli strumenti adottati e che viene valorizzata anche da aziende d’eccellenza. Come ha fatto Ducati, con il social streaming del Ducati GP12 e la rossa di Valentino Rossi e Nicky Hayden distribuita su Facebook e sui device mobili.«In questo evento la reazione della rete – che in Ducati misuriamo anche con la febbre della community sui social networkè stata straordinaria. Il live streaming ha permesso inoltre di raggiungere nuovi pubblici, per esempio i mercati asiatici», ha raccontato Patrizia Cianetti, General Manager Ducati.com.

J come James Spann. Spetta a questo meteorologo televisivo dell’Alabama il primato delle prime previsioni del tempo interattive. A causa di un calo di elettricità dovuto ad un tornado e che ha coinvolto la stazione televisiva dalla quale trasmetteva quotidianamente le previsioni, James Spann si è trovato d’improvviso in onda soltanto sulla rete. Dopo i primi secondi di smarrimento Spann ha fatto di necessità virtù: non riuscendo ad ottenere dal satellite gli aggiornamenti meteo, ha chiesto aiuto a Twitter e ha iniziato a fare da collettore delle informazioni digitali dal basso. Così gli users, ancora connessi online, hanno iniziato a twittare le previsioni da ogni angolo dell’America. Ne è nato un esperimento di successo: da paludata trasmissione Tv del meteo di James Spann è diventata un format innovativo in streaming live, aperto ai contributi degli utenti.

K come klout. Non basta interagire con un game o con un format. Oggi l’ultima frontiera della social Tv è quella di intercettare l’interesse dei top-influencer digitali, coloro che con la loro partecipazione spostano pubblici ben definiti e spesso molto motivati in rete. Andrea Materia racconta come il network HBO abbia lanciato con successo una delle mobilitazioni più innovative per la stagione televisiva americana: la strategia “social” della nuova serie di True Blood con applicazioni, riconoscimenti su Twitter e una speciale classifica su Klout. «Adottare klout per la social tv è stato sinonimo di trasparenza, perché i risultati non sono alterabili. Quindi è una partecipazione “dal basso” e multilivello che comporta affezione, empatia con il proprio pubblico», ha affermato Andrea Materia.

L come La7, uno dei casi di successo in Italia nella programmazione multi-piattaforma della social Tv rivolta a massimizzare l’accessibilità degli spettatori ai programmi, moltiplicando le occasioni di consumo e avvicinando la rete ai suoi spettatori attraverso l’aumento delle occasioni di interazione. Un’identità digitale coerente passa per l’utilizzo astuto di tutte le piattaforme.

M come Michele Santoro. Volente o nolente è lui che ha alzato l’asticella della social Tv in Italia con la prima esperienza di format multipiattaforma rappresentata da Servizio Pubblico.Trasmissione tele e webvisiva partecipativa, con una formula di finanziamento in parte crowdfunding (la raccolta tramite donazioni ha superato il milione di euro) e in parte advertising.

N come NBA. Ecco allora lo sport, una delle travi portanti della social Tv. Oltreoceano da anni si fa social Tv con gli eventi sportivi a farla da padrone. Non solo Super Bowl: le recenti finali NBA con James Lebron hanno generato 6,6 milioni di social comment. Dialogando con Materia si scopre che «chi vende diritti sportivi vive una nuova primavera, perché valorizza il peso specifico dell’evento. Mentre nel mondo della televisione generalista gli ascolti si frammentano, i grandi eventi sportivi si moltiplicano e pertanto si rafforzano, si amplificano». Lo sport però vive necessariamente del live streaming, della diretta. Così la dinamica dei commenti su Twitter o su Facebook – tipico gioco da “bar sport” – puntella e blinda gli ascolti.

P come pre e post-show, parti essenziali della liturgia televisiva che si reinventa in rete. Ecco allora che il pre-show diventa basilare come generatore e moltiplicatore del buzz, con backstage, spin-off e teaser. E poi c’è il post-show, più complesso a gestire, che riflette di repliche e vive nell’on-demand. Come ha sottolineato Materia «Nelle 12/24 ore dopo la fine della messa in onda il buzz va a scemare più velocemente per un telefilm, più gradualmente per un dibattito politico tra candidati in lotta a elezioni dietro l’angolo».

R come reality e talent, che vivono una nuova primavera grazie ai social network. Mark Burnett, uno de punti di riferimento della Tv anglosassone per quanto riguarda talent-show e reality (suo il primo Survivor su Cbs), ripete con forza orrmai da anni: «Al pubblico di oggi non basta più lo spettacolo che gli abbiamo messo davanti fino a ieri. Vuole partecipare, sentirsi socialmente rilevante, stare dietro le quinte e conoscere in anteprima ogni retroscena».

S come gli altri social network. La social Tv vive certamente su Facebook e Twitter, ma oggi anche altri attori bussano prepotentemente alle porte di utenti (e investititori). C’è Foursquare, ll geo-social network nato nella primavera del 2009 in America e divenuto un caso di successo in tutto il mondo, Italia compresa. Gli ultimi dati dell’Osservatorio Foursquare Italia fotografano un tasso di crescita percentuale a tripla cifra negli ultimi sei mesi: ad oggi da noi risultano attive 266 brand page con un incremento del +302%. E poi c’è Pinterest. Nato meno di due anni fa dalla genialità di Evan Sharp, Ben Silbermann e Paul Sciarra e dedicato alla condivisione di foto e alla loro catalogazione, Pinterest registra oggi una crescita senza precedenti: è passato in pochi mesi da 3 a 12 milioni di utenti, posizionandosi sotto Facebook e Twitter. E a pinnare sono soprattutto le donne, target particolarmente appetibile per big spenders.

T come Twitter, che è è alla base della social Tv. Anche in Italia. È la conversazione per eccellenza, che scorre nelle vene degli users attraverso hashtag e retweet. Pubblico che consuma, giovane, con un’alta propensione all’acquisto: in America l’81% degli utenti di Twitter ha meno di 49 anni e il 47% guadagna più di 50mila dollari l’anno.

User è il telespettatore multitasking di oggi, colui che decide di “partecipare” la tv. Una indagine Accenture appena pubblicata decreta ormai il passaggio obbligato della tv attraverso la rete. Lo studio – che ha coinvolto 7500 persone intervistate in otto diversi Paesi (Argentina, Brasile, Francia, Germania, Italia, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti) – ha inquadrato abitudini e aspettative del consumatore moderno rispetto alla fruizione di contenuti video online. Per Accenture già oggi il 92% degli intervistati guarda abitualmente contenuti video attraverso la rete, ma è soprattutto la logica multidevice a rivoluzionare lo scenario: il 36% usa connected Tv, il 16% set-top box e il 5% accede attraverso gaming console. I tablet vengono utilizzati ogni giorno dal 18% dei consumatori.

W come The Walking Dead della AMC, che ha spadroneggiato in America generando flussi di conversazione esponenziali sui media sociali. Anche se l’ultima stagione televisiva ha registrato alcun sorprese, come il telefilm Pretty Little Liars (sul canale tematico disneyano ABC Family) che ha battuto proprio The Walking Dead sui social network.

V come Viral, ovvero le campagne che ormai registrano numeri da far impallidire, con una diffusione planetaria. In “Social Tv” io e Andrea Materia ricordiamo quella con il bambino della Volkswagen che immagina di essere un Cavaliere Jedi (The Force, milioni di views su YouTube).

Y di Ynon Kreiz, ex CEO Endemol, ha molto a che fare con la social Tv. In tempi non sospetti aveva affermato perentoriamente che la Social Tv sarebbe stata “qualcosa di grandioso”. Conviene dargli retta

Z come zapping, un concetto che si ribalta e si amplifica, scandito oggi da un mouse più che da un telecomando. Nell’era dei social network lo zapping – primordiale azione della partecipazione – non si disperde affatto ma si moltiplica. La dieta mediale viene così ad essere molto più variegata per utenti evoluti, consumatori selettivi ma ormai onnivori.

Bologna, 6 luglio 2012GIAMPAOLO COLLETTI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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