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Che cosa ho imparato a zonzo tra i tech festival d’Europa

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Chi vive a Londra sa quanto sono duri 6 mesi consecutivi… l’inverno, la pioggia e il freddo. Londra è una città dalla quale è necessario staccarsi di tanto in tanto, ma spesso ce ne dimentichiamo, assorbiti come siamo dai mille impegni di lavoro, eventi, opportunità da sfruttare, amici che ti vengono a trovare… Già, seppure Londra sia come una buca dalla quale è difficile scappare, a fine maggio ho voluto fare un esperimento. Ho voluto coniugare viaggio e lavoro grazie al ruolo di globetrotter che mi sono costruito con tanta fatica. Ho deciso infatti di andare ad ognuno dei maggiori festival tech d’Europa che, guardacaso, si concentravano tutti negli stessi giorni. Per la precisione OuiShare a Parigi dal 18 al 21 Maggio, Pioneers Vienna dal 24 al 25 e The Next Web dal 26 al 27 Maggio (Amsterdam).

OUISHARE, PARIGI

OuiShare è stato forse il più sorprendente dei tre festival ai quali sono andato. Non sapevo di preciso cosa aspettarmi, ma qualcuno mi aveva detto che si trattava di un incrocio tra Burning Man e TED talks. OuiShare è più che altro un network di volontari ed esperti in sharing economy e collaborative economy nato nel 2012 in Francia ma che si sviluppa ormai in tutto il mondo. Tre giorni di conferenze, seminari e workshop che hanno visto alternarsi luminari ed esperti di social design, sharing economy, blockchain, collaborative leadership, self empowerment, nomadismo digitale e nuove forme di governance, che ha tutte le carte in regola per definire l’equilibrio futuro tra capitalismo digitale e socialismo, che è proprio della sharing economy.

Il tutto senza dimenticare l’aspetto critico e senza smettere di sperimentare nuove forme di interazione.

Ouishare, una atmosfera unica di orizzontalità e apertura

OuiShare è un festival che legge il presente con almeno 5 anni di anticipo rispetto a altri festival. Sostenibilità nell’innovazione cosi come nell’economia sono state due delle colonne portanti che hanno alimentato la discussione durante i tre giorni. Personalmente una delle cose che mi ha pù impressionato di OuiShare è stato il fatto che quasi tutti gli speaker sono rimasti al festival per tutti i tre giorni, anche dopo aver fatto i loro interventi creando così una atmosfera unica di orizzontalità e apertura dove i partecipanti alle sessioni erano spesso più interessanti degli speaker sul palco. Discussioni e panel mai banali, performance artistiche organizzate da Kaimer Productions a tema sharing e collaborative economy, OuiShare ha raccolto oltre 2000 partecipanti da tutto il mondo.

Tra gli italiani presenti sul palco, Ezio Manzini professore di Social Design alla Saint Martin di Londra e al Politecnico di Milano, Primavera De Filippi, ricercatrice ad Harvard che ha presentato il suo Plantoid e Renato Galliano, direttore del dipartimento legato alla ricerca sulle Smart City del comune di Milano.

Caldamente consigliato, Ouishare ha comunità attive anche in Italia.

PIONEERS, VIENNA

Sono arrivato a Vienna dopo aver attraversato la Svizzera zaino in spalla (3 giorni di pioggia) col morale piuttosto basso. Dopo l’esperienza folgorante di Parigi, e l’esperienza in mezzo alla natura Svizzera, l’ultima cosa che volevo era proiettarmi in un ambiente super corporate. Mi accoglie il mio amico Michele D’Aliessi di EIT Digital che mi mostrava un po’ in giro. Pioneers si svolge all’interno dell Hofburg Palace che in passato è stato residenza reale e sede del Governo. Una distesa di marmi, ori, cristalli, e candelabri grandi quanto casa mia. Pioneers è come OuiShare… ma al contrario. Enormi pareti separano le stanze, la luce del sole penetra a fatica all’interno del palazzo e tutti correvano da tutte le parti completamente fatti di Redbull (che era gratis per tutti dato lo sponsor) e caffè (che era gratis per puro divertimento) che avevano sostituito i succhi di frutta biologici e i mieli di api incontaminate dello OuiShare fest.

Hyperloop? Ridefinirà completamente la maniera in cui ci spostiamo da una città all’altra

Per riprendermi dal viaggio e dai giramenti di testa di troppa innovazione tutta d’un colpo, mi rifugio nella sala stampa che, al Pioneers, risulta essere esattamente di fianco alla sala speaker. E’ così che mi trovo a chiacchierare di capitalismo e marketing con Bibop Gresta Mr. Hyperloop e cyborg a tempo pieno. Bibop è un fiume in piena, non smette mai di pensare e ascolta qualsiasi cosa tu gli racconti come se fosse la cosa più importante del mondo. “Hyperloop ridefinirà completamente la maniera in cui ci spostiamo da una città all’altra ribaltando tutti i paradigmi esistenti”, e “stiamo costruendo un mezzo di trasporto completamente sostenibile, che produce energia da solo e che all’interno dei suoi piloni offre ospitalità ad altre forme di vita”. “Dobbiamo cambiare tutto, mandare tutti a casa e ricostruire da capo” mi dice, insistendo che sia la mia generazione quella che deve radere al suolo la precedente. Ribatto dicendo che il presente va “hackerato” ovvero sfruttato a nostro favore per creare il futuro che vogliamo. Distruggere non serve a niente, l’unica cosa che conta è creare. Subito dopo essermi congedato da Bibop mi imbatto in una di quelle persone con le quali tutti sembrano voler parlare ma del quale ignoro l’identità. Con lui parlo della qualità del caffè (argomento classico per rompere il ghiaccio quando sei italiano) e mi gioco la mia battuta sulla Redbull, lui ride, facciamo due chiacchiere. Salta fuori che si tratta di Adam Cheyer, il padre di SIRI. Dico padre perché è lui stesso a dirmi “se dovessi pensare ad una forma antropomorfa di SIRI, penso proprio che mi chiamerebbe papà”. Non male come risposta alla domanda “e tu che fai?”. Insieme parliamo di Intelligenza Artificiale e di Amazon Echo sul quale però non posso far sapere ciò che pensa. L’ho promesso e si sa che i giornalisti le promesse le mantengono. Mentre mi riprendo riesco a scambiare due chiacchiere anche con Jimmy Wales di Wikipedia, Craig Palmer di Wikio, Rowland Manthorpe di Wired (insieme al quale ho intervistato Craig Palmer) e innumerevoli altri, tutti concentrati nella stessa stanza.

La quantità di contatti e conversazioni interessanti sono limitate solamente dal tempo a disposizione

Ancora una volta, la quantità di contatti e conversazioni interessanti sono limitate solamente dal tempo a disposizione. La mia è stata una scelta di campo – anziché starmene in platea a sentire i grandi CEO parlare, ho preferito aspettare di incontrarli in giro. Dalla sala stampa assisto anche a una ragazza che si fa installare un chip RFID sottopelle live sul palco mentre qualcuno mi fa notare che in sala li installavano per 60 euro. Improvvisamente mi ricapita Bibop alle spalle che mi dice: “Ma guarda te dove siamo arrivati…”. Pioneers è stato più elettrizzante del previsto, robot ovunque, macchine volanti, e materiali avveniristici: è tutto riguardo al futuro del quale setta l’agenda.

THE NEXT WEB, AMSTERDAM

Arrivo ad Amsterdam la giornata del 26 consapevole di perdermi il primo giorno con gli speaker di punta Steve Huffman, CEO di Reddit e Gary Vaynerchuck, CEO di Vayner Media. The Next Web è una conferenza nel più puro dei suoi significati. Gli speaker sono su un palco enorme in una sala sterminata. Sembrano inarrivabili. Non c’è sala stampa nella quale incontrarli ed è difficile riconoscerli tra la folla che gira tra i vari stand. Decido quindi di buttarmi a fare networking puro in compagnia del mio amico londinese Jonathan Baille Strong, capo del programma per imprenditori di IBM. Jonathan mi presenta subito alcuni dei suoi contatti tra cui i membri della Kairos Society, un network internazionale di giovani sotto i 25 anni con startup operanti in campi come medtech, edtech e greentech. La Kairos Society seleziona molto accuratamente i suoi membri ed opera in tutto il mondo anche se principalmente nella Silicon Valley con la quale hanno contatti molto stretti. Con loro parliamo di etica dell’innovazione, capitalismo e tecnologia, e il futuro delle nuove generazioni. Subito dopo incontro Pieter Hooghout aka Levels.io, fondatore di Nomad List il più grande network di nomadi digitali al mondo, che mi parla del suo nuovo progetto di realtà virtuale. Nomad List è diventato nel tempo un punto di riferimento per chiunque sia pronto per intraprendere la strada del nomadismo digitale, ovvero viaggiare lavorando in remoto dai paesi più esotici, dove la valuta occidentale vale molto di più rispetto a quella locale. Insieme discutiamo di come i ragazzi della nostra generazione, i millennials per usare un termine che detesto, non rispettino più i paradigmi della generazione che ci ha cresciuti. Non sogniamo più un posto fisso, non sopportiamo più di lavorare per altri e di impiegare le nostre coscienze per costruire prodotti che non siano in linea con la nostra etica. Pieter è un viaggiatore ed un sognatore.

Ho giusto il tempo di sentire parlare sul palco Casey Neistat, nominato youtuber dell’anno, oltre 3.5 millioni di iscritti al suo canale. Casey ha fatto di Youtube la sua casa e ci ha costruito un impero del valore di 1.5 milioni di dollari. Ho anche avuto la fortuna di finire nel suo video su Amsterdam che ha registrato 2.5 milioni di visualizzazioni in meno di 24 ore. Magia di Youtube e del content marketing. Non mi rimane più molto tempo, giusto una birra per salutare le varie persone conosciute in giornata e per rimettermi in viaggio verso la piovosa Londra lasciandomi la soleggiata Amsterdam alle spalle.

Ho imparato che noi italiani non siamo gli unici a non saper parlare inglese

Ho imparato che a parte i grandi brand internazionali di eventi come Pioneers e The Next Web, in Europa esistono molte altre conferenze meno conclamate ma che hanno un impatto enorme sull’evoluzione del dibattito sull’innovazione. Ho imparato che new economy è un concetto molto “old economy”. Ho imparato che esistono gruppi di persone che viaggiano da un evento tech all’altro e che l’hanno trasformato in un lavoro, essendo per loro la maggior fonte di contatti. Ho anche notato che questi mega eventi si riducono a carrozzoni dell’innovazione in cui gli unici a pagare sono gli imprenditori delle startup. Loro cercano contatti e visibilità, i ricchi investitori invece non pagano e spesso sono ospiti gratuti dei festival nei quali i veri protagonisti sarebbero dovuti essere gli innovatori. Ho imparato che noi italiani a questi eventi abbiamo una marcia in più: siamo molto più bravi nell’attaccare discorso dal nulla e nel networking in generale. Ho imparato anche che noi italiani non siamo gli unici a non saper parlare inglese. Francesi e spagnoli sono anche peggio di noi, e no, così non si può davvero parlare di Europa se non riusciamo ad esprimere concetti su di un palco. Ho imparato che non puoi mai sapere con chi stai facendo la fila per prendere il caffè. Le opportunità sono infatti limitate esclusivamente dal proprio tempo a disposizione ma anche dalle proprie energie (ma qui caffè e Redbull effettivamente possono aiutare). Ho visto centinaia di ragazzi provenienti da tutto il mondo (pochi dall’Italia purtroppo) per lavorare gratis a questi eventi con lo stesso entusiasmo con cui io da piccolo lavoravo ai festival reggae (stessa logica ma risultato diverso). Ho imparato che ad alcuni VC piace cantare! A Vienna, Tim Draper (l’uomo con più Bitcoin al mondo e l’autore dello schema che fece andare virale Hotmail quando di virale c’erano solo le malattie) si esibito in “The Riskmaster”. Ho anche imparato che c’è molta più gente di quanto pensassi già pronta a farsi installare dei chip sottopelle.

Ho imparato che tutto sommato il carrozzone delle startup non è un problema esclusivamente italiano (come invece molti cercano di venderci) ma che comunque alla base è fatto di persone autenticamente splendide. La contaminazione culturale che si riceve da questi festival è il vero valore aggiunto, non gli speaker. Le opportunità sono infinite per chi ha la voglia, e il coraggio, di andarsele a cercare.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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