Era il 2004 quando in Italia da un gruppo di professionisti è nata l’associazione senza fini di lucro dei consulenti del terziario avanzato, ACTA. Ne facevano parte Anna Soru, attuale presidente di ACTA e Sergio Bologna, docente e storico del movimento operaio che curò con Andrea Fumagalli nel 1997 un testo che ha fatto scuola, Il lavoro autonomo di seconda generazione, aprendo il campo a una rinnovata riflessione sul lavoro autonomo di freelance e partite Iva.
L’associazione ha coperto un vuoto andando ad occuparsi dei professionisti non iscritti ad albi o ordini professionali.
Vi aderiscono ricercatori, formatori, informatici, designer, grafici, traduttori, interpreti, esperti di marketing, operatori audiovisivi, illustratori, organizzatori di eventi, consulenti e altri.
La prima realtà che si è posta nell’ottica di tutelare il lavoro non subordinato, sostenendo i freelance in un mercato che fatica a riconoscere competenze, conoscenze e professionalità.
Gli obiettivi di Acta
Nata quindi per unire le diverse forme di lavoro indipendente in un’unica rete, ACTA ha un tratto marcatamente “movimentista”. Si è posta fin dall’inizio, come sostiene Anna Soru in questa intervista, il problema di cambiare l’immagine pubblica di questa area grigia del mondo del lavoro: “siamo diversi da come spesso veniamo raffigurati. Nell’immaginario collettivo siamo evasori, ma chi lavora per le imprese e la Pubblica Amministrazione non ha possibilità di evasione: se non si emette fattura non si è pagati”.ACTA ambisce a far conoscere la realtà del lavoro autonomo in Italia reclamando cittadinanza, diritti e rappresentanza. Si occupa di pensioni, fisco e gestione separata Inps, ma anche di contrattualistica, diritti di malattia, paternità e maternità.
In Italia il prelievo previdenziale per gli autonomi è molto alto mentre la prospettiva pensionistica è a dir poco minima.
L’associazione richiede un trattamento analogo a quello dei professionisti iscritti agli ordini professionali. Infatti, i freelance pagano il doppio mentre i contribuiti vanno nel contenitore unico dell’INPS. Mentre le imposte rispetto al lavoro dipendente sono maggiorate.
Dicano33, Afrodite K. e le altre
Ha cominciato ad avere una visibilità pubblica più ampia con la campagna DicaNo33. Un appello ai candidati per le elezioni politiche e regionali del 2013, al quale chiedeva di aderire per non far aumentare il già gravoso contributo INPS dei freelance, dal 27% al 33%. Una battaglia vinta. Ha inoltre aderito alla convenzione sanitaria proposta dal sindacato traduttori Strade, punto di riferimento per i traduttori editoriali e per i lavoratori del diritto d’autore. Con il Sindacato Nazionale Scrittori, ha sottoscritto “Insieme Salute” la convenzione dedicata a Elisabetta Sandri.
Un vero e proprio caso è nato poi con la campagna per la tutela della malattia grave dei freelance, a partire da quella di Daniela Fregosi (che ha assunto in rete il nome di Afrodite K).
Ho conosciuto personalmente Daniela nel corso di questa sua battaglia che Acta ha sposato, durante la presentazione dei servizi dell’associazione in un incontro che organizzammo a Multiverso nel 2014. Dal 2013 sta lottando per il riconoscimento e la tutela della sua malattia (un tumore al seno), fino al ricorso contro l’INPS. Per lei sono state raccolte 87.500 firme su change.org. Per approfondire ecco un video di Daniela
L’associazione più in generale, offre servizi ai propri associati quali convenzioni, consulenze, formazione e supporto legale come nel caso di FiscOK
un servizio di assistenza fiscale per i soci che operano in regime agevolato. Un’assistenza specializzata per chi lavora in regime forfettario e con i minimi.
Ha stipulato una partnership con SMart-It per la tutela dei contratti degli artisti. Un progetto nato in Belgio nel 1998, presente in nove paesi europei. Dal 2013 è attiva anche in Italia, dove ha assunto la forma di una Cooperativa Impresa Sociale. SMar-It facilita il lavoro di artisti e professionisti della creatività, agendo come produttore delle attività dei propri soci, si occupa degli aspetti amministrativi, ne tutela i compensi dai ritardi di pagamento e si fa carico della gestione previdenziale e fiscale legata ai contratti.
Occhiali nuovi per guardare ai freelance
L’associazione ne ha fatta tanta di strada in questi dodici anni di vita, diventando un interlocutore per le istituzioni. Il 9 marzo ACTA è stata ascoltata, insieme alle principali associazioni del lavoro professionale, dalla Commissione Lavoro al Senato, sul DDL lavoro autonomo (DDL 2239) di cui abbiamo scritto in un precedente articolo. In quel contesto ACTA ha presentato una memoria contenente misure di modifica e integrazione del Ddl e diverse proposte su altri aspetti non affrontati dal disegno di legge, in vista di una azione integrativa in materia fiscale e previdenziale.
Come si evince dal testo, c’è una diversità di approccio sostanziale rispetto alla CGIL e al suo statuto del lavoro autonomo. La critica di ACTA alla CGIL riguarda la discrepanza tra ciò che viene dichiarato nella Carta rispetto a quella che l’associazione definisce una proposta superficiale, che ha il limite di non riuscire a superare l’appiattimento del lavoro autonomo sul lavoro parasubordinato. Questo è evidente, sempre secondo l’associazione, prendendo in esame anche gli strumenti proposti. Tutto è affidato alla contrattazione collettiva, come nel lavoro subordinato. E cosa ancora più importante per ACTA, il compenso non può generalmente essere definito sulla base del tempo, ma di una prestazione.
Il modello a cui guarda l’associazione è quello della Freelancers Union (FU) negli Stati Uniti. Costituita alla metà degli anni 90, rappresenta oggi più di duecentomila persone appartenenti a tutte le professioni. Nel 2012 è iniziato un percorso di stretta collaborazione che ha portato al riconoscimento reciproco col sindacato come sister organization (associazioni gemellate).
Da gennaio 2010 ACTA fa parte anche dello Steering group del EFIP, European Forum of Independent Professionals (già IFE), forum europeo che riunisce organizzazioni di professionisti freelance allo scopo di promuovere il lavoro indipendente, con un’azione di sensibilizzazione e di pressione politica sulle Istituzioni dell’UE. Quella italiana è sicuramente un’esperienza interessante, se volete approfondire potete andare sul sito e iscrivervi all’associazione.