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Che te lo dico a fare, questa è tutta un’altra musica

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If it doesn’t spread, it’s dead”- Quel che non si diffonde è morto. Lo slogan del mediologo Henry Jenkins fotografa l’emergere di un modello ibrido di circolazione dei contenuti in antitesi alla logica della distribuzione tradizionale. Questo modello prende il nome di spreadability, “diffondibilità” (ma è brutto in italiano), e si riferisce alle risorse tecniche che rendono più facile far circolare certi tipi di contenuti rispetto ad altri, alle strutture economiche che facilitano o riducono la circolazione, agli attributi di un testo mediatico che può suscitare la motivazione di una comunità per la condivisione di materiali, e alle reti sociali che collegano le persone attraverso lo scambio di frammenti dotati di significato.

Questo nuovo contesto ha fatto (e fa tremare) l’industria culturale così come la conosciamo e forse davvero il futuro della musica non passa più dalle maglie delle grandi major ma da nuovi corpi intermedi capaci di creare connessioni nuove tra piattaforme e linguaggi diversi.

Con la capacità di mettere in moto una vera e propria palestra cognitiva che alleni la nostra intelligenza sociale a trattare una mole sempre maggiore di contenuti scegliendo la modalità che di volta in volta più ci aggradano: creando, fruendo, condividendo, remixando.

XXXV è un esperimento di etichetta crossmediale che lavora in questo senso è la prima startup innovativa italiana dedicata alle produzioni artistiche crossmediali e transmediali. XXXV non si presenta come una casa discografica ma piuttosto come un Hub che attraverso i suoi progetti fa incontrre e scontrare operatori, artisti, professionisti e studiosi che da anni lavorano dentro, con, insieme, a realtà consolidate del panorama culturale nazionale (tra cui Studio35, Cinecittà, Centro Studi Etnografia Digitale, YouTube, Radio Popolare Network, Deezer; Giffoni Film Festival… ) e che senza XXXV forse non avrebbero olte occasioni per verificare gli effetti provocati dal lavorare insieme su progetti apparentemente bislacchi.

L’esperimento crossmediale della startup partenopea

StudioXXXVlive è un esperimento di format crossmediale, ideato dal cantautore elettronico Nicodemo e da Alex Giordano. Nomi noti negli ambienti dell’innovazione digitale, uniti dalle comuni passioni per la musica e per la cultura binaria e in cerca di un modo per coinvolgere gli studenti del dipartimento di scienze sociali dell’Università Federico II di Napoli dove Giordano insegna il corso di Culture digitali della comunicazione.

L’idea è semplice: Il format XXXVlive in onda su SKYART HD è un pretesto per sviluppare una narrazione crossmediale che riconosce agli stessi fan delle band il ruolo di “medium” principale elevandoli dal ruolo di consumatori a quello di sensemaker. Opportunamente stimolati sono proprio gli artisti, attraverso le loro piattaforme sociali, ad accendere interesse nella rete fruendo di contenuti realizzati in maniera componibile:

a) 10 puntate di 30’ circa con concerto live inedito (intervallato da solo pochi minuti di intervista) per la tv SKY ARTE HD;

b) 10 puntate live speciali di Minisonica su Radio Popolare Newtwork;

c) 10 video interviste inedite (intervallate da momenti di musica dal vivo) su Chefuturo dove l’artista racconta la sua visione di innovazione;

d) 50 videoclip indediti live dei pezzi suonati e registrati ad altissima qualità audio/video in studio postati su canale dedicato messo a disposizione da Youtube;

e) 10 tracce di concerti live inediti registrati full hd disponibili sulla piattaforma DEEZER

f) 1 solo hashatag #XXXVLive

XXXV LIVE: L’arte dell’incontro e la musica narrata

Il poeta brasiliano Vinicius De Moraes diceva che “la vita è l’arte dell’incontro”.

Per questo cominciamo questo viaggio con il progetto L-Train che rispetta in pieno questa massima: un incontro inedito, originale, insospettabile. Per la prima volta insieme, sul palco di #XXXVLive, la tromba di Roy Paci, uno che ha iniziato col jazz per poi arrivare al pop e allo ska, si unisce alla sintesi elettronica di un altro producer siciliano, John Lui. Il risultato è uno spettacolo coinvolgente, unico, in cui i suoni non conoscono confini e limiti stilistici, tra tradizione e innovazione.

D’altronde è lo stesso Roy Paci a precisare che:

“Il futuro della musica è la musica stessa. Non sono mai sazio di dare, trasmettere, servire le persone”.

Esplorare nuovi mondi musicali, superare le sovrastrutture di genere è da sempre uno degli aspetti pregnanti dell’attività del musicista siciliano: “Io sono un musicista da sempre talmente imbastardito, talmente eterodosso che non sono riusciti mai ad etichettarmi, quando lo hanno fatto hanno combinato dei casini, casini che mi hanno come al solito favorito, perché quando crei il dilemma “quello è jazzista o non è jazzista” tutti ne parlano. Ma infatti io non sono un musicista jazz, ho un animo talmente punk dentro che non mi interessa fare il jazzista e neanche essere etichettato”.

Una fuga perenne da qualsiasi steccato in una mescolanza di stili, influenze e forme che trova nella musica liquida di John Lui il contraltare ideale per una performance in equilibrio precario tra classicismo e post-modernità. La settimana prossima sentiremo cosa ha da dire Bugo, e non vi anticipiamo nient‘altro

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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