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Chiudete l’ISIA? Noi inventiamo una scuola nuova: si chiama #Occupy3.0

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Domanda: cosa ci fanno quattro italiani, un norvegese, due olandesi, un messicano, un brasiliano, un pakistano, due tedeschi, tre statunitensi, due canadesi, una coreana, una australiana e un nepalese su Google Hangout?

A cavallo tra fusi orari impossibili – chi la mattina prestissimo, chi la tarda notte, nelle relative fasce attorno all’ora di Greenwich –, si sono dati appuntamento per fare l’impossibile: riprogettare il futuro del sistema educativo, con uno sforzo globale, partecipativo, collaborativo e visionario. Sono ricercatori, hacker, accademici, professori, imprenditori sociali, cittadini. Ma soprattutto studenti.

Una storia, questa, che inizia come tante (tra crisi, austerity, tagli alla cultura e alla scuola), ma che sta continuando come poche. È nostra intenzione aiutarvi a navigare questa storia – perché non è semplice – iniziando dalla crisi, ma concentrandoci su ciò che è avvenuto dopo.

Noi lo chiamiamo Occupy 3.0: gli studenti che, insoddisfatti sia dello scenario globale attuale, sia della dinamica del conflitto con le istituzioni, hanno deciso di prendere in mano la situazione, e di riformare il futuro della loro scuola, letteralmente.

Questa è la storia di perché e come nasce una scuola ubiqua, accessibile, inclusiva, e basata su un modello ecosistemico. Sì, avete capito bene, una scuola che funziona proprio come un ecosistema: dinamico, equilibrato, inclusivo, e dedicato al benessere dell’ecosistema stesso. Che impara dalle tecnologie più avanzate – e le utilizza – e dalla storia dell’essere umano e delle sue società.

Ah, dimenticavamo: questa non è propriamente una storia, vi abbiamo mentito. È una azione: sta avvenendo realmente. Seguiteci nei prossimi paragrafi: vi assicuriamo che alla fine avrete voglia di prendervi parte anche voi.

Atto primo – La Crisi

Siamo all’ISIA di Firenze, storico istituto di design e fiore all’occhiello dell’università pubblica italiana dove abbiamo il privilegio di insegnare ormai da diversi anni. ISIA è un istituto superiore di eccellenza in ambito design e comunicazione, che garantisce (statistiche alla mano) elevate percentuali di accesso al mondo del lavoro ai suoi studenti. ISIA peraltro costa allo stato meno di un qualsiasi liceo.

A ISIA abbiamo scoperto la gioia di una didattica sperimentale volta alla collaborazione continua e paritaria con gli studenti, insieme al sincero desiderio di attraversare discipline differenti creando percorsi condivisi con altri docenti. Un luogo dove gli studenti sono al centro della didattica e la dimensione umana non solo è possibile, ma è prioritaria. All’ ISIA ci si conosce tutti per nome, il tempo per le lezioni non basta mai e ci si trova spesso al “bar dell’angolo” a proseguire tutti insieme la discussione iniziata.

Ed è vero, quando passi da lì, che tu sia uno studente o un professore finisci per sentirti parte di una piccola società, diventi un “isiota”. Una parola dal sapore antico che si impara ad amare e a pronunciare con affetto.

Ed è qui che dal 2013 coltiviamo un progetto di didattica sperimentale, a riprova che quello che leggi entrando nella home page del sito è vero. ISIA ha aperto le sue aule al nostro corso di Near Future Design, il primo nel suo genere in Italia, che in poco più di un anno di vita ha prodotto risultati straordinari e due classi di meravigliosi pionieri di questa disciplina completamente nuova.

ISIA condivide il destino di tante università, in Italia e nel mondo, colpite dalle politiche di austerity, dai tagli e dalla crisi. I budget si assottigliano, i tagli al bilancio degli ultimi 2 anni arrivano a compromettere pesantemente il funzionamento della struttura, ma l’istituto deve fronteggiare un’altra emergenza tanto concreta quanto temibile: dal 30 giugno lo sfratto – con cui si combatte da anni – sarà esecutivo. Fra fine novembre dicembre gli studenti scendono in piazza: è mobilitazione.

[2] Atto secondo – La Decisione

Seguiamo le vicende dell’Istituto dal Canada – come al solito in trasferta – in un misto di stupore e apprensione, facendo quello che è possibile: un tweet, messaggi, Facebook, riprendere le news. Ma siamo lontani e in casi del genere la presenza fisica ha la sua importanza. Sentiamo la necessità di essere lì insieme a loro, capire come si stanno evolvendo le cose, il clima, le aspettative, il mood reale e l’aria che si respira nei corridoi.

Sappiamo che ignorare la situazione è impossibile, ma per muovere un passo qualsiasi dovremo aspettare il rientro.

Il nostro corso di Near Future è già iniziato qualche mese prima. Questo secondo anno di sperimentazione è dedicato al cibo, in vista di EXPO 2015 e i ragazzi sono già al lavoro. Torniamo tra fine dicembre e inizio gennaio e c’è fermento reale: nonostante il clima pre-natalizio e le vacanze in arrivo le assemblee straordinarie continuano.

Riprendiamo le lezioni aprendo un dialogo con i ragazzi e tutto diventa immediatamente chiaro: il nostro contributo di docenti alla situazione di emergenza è semplice e naturale, avremmo messo a disposizione l’intero corso per studiare il near future dell’educazione ed arrivare insieme agli studenti a progettare un futuro alternativo. Uno dei tanti possibili.

[3] Atto terzo – L’Opportunità

In tutto questo, c’è un elemento da mettere in evidenza. Per molti versi la crisi è uno dei momenti migliori in cui ci si possa trovare: crisi e trasformazione sono profondamente, intimamente connesse.

Tendiamo ad ignorare il valore trasformativo della crisi, vedendone solo gli aspetti negativi, quando in realtà, valutando in modo lucido il nostro ambiente, quello che ci viene richiesto è un cambiamento per arrivare ad un nuovo equilibrio. La crisi, vista da questo angolo, è una incredibile opportunità. E’ questo uno dei messaggi che abbiamo cercato di trasmettere agli studenti, scoprendo una sintonia immediata e delle orecchie pronte ad ascoltare.

Ci siamo messi subito al lavoro con il vantaggio del nostro schema di lezioni: 8 ore consecutive per volta in cui si crea subito la dimensione del lab. Era l’ambiente ideale per affrontare l’impresa e le metodologie del Near Future Design ci venivano incontro. Mentre i giorni e i mesi si susseguivano rapidamente e l’idea progettuale si andava definendo, il silenzio istituzionale calato sui problemi dell’istituto diventava per tutti uno stimolo a proseguire: la necessità di creare una alternativa autonoma era quantomai reale. Non solo per mettere una toppa sull’emergenza.

Gli studenti hanno identificato 11 assi secondo cui immaginare la trasformazione della scuola e sono partiti da lì per elaborare lo scenario di near future: un nuovo ambiente (un ecosistema p2p) in cui la conoscenza è un bene comune, la scuola è ubiqua e una nuova concezione del valore basato sulla partecipazione e la reciprocità emerge.

Ma non saremo noi a raccontarlo, lo faranno gli studenti nei prossimi giorni, per una ragione molto semplice: questo progetto appartiene a loro (se siete proprio impazienti, potete guardare qui per conoscere qualche dettaglio in più sin da ora).

Noi, in questa storia, siamo solo dei docenti che hanno messo a loro disposizione strumenti, conoscenza, tempo e forse un po’ di sano entusiasmo. È Il nostro lavoro tutto sommato.

[4] Atto quarto – La performance

Ci sono alcune cose che meritano però di essere messe a fuoco. Questa azione non riguarda il “cambiare tutto”, il lamento, il populismo, la fuga. Riguarda il desiderio, l’immaginario, l’accesso, il linguaggio. Per acquisire un nuovo linguaggio – un nuovo strumento – attraverso cui pensare il mondo e costruirlo. Come in ogni performance, la gran parte del lavoro è svolta dalle persone. La partecipazione a una performance è un fatto attivo come l’adottare un nuovo linguaggio e, quindi, una visione di mondo.

Il fatto straordinario è che tutto questo a ISIA sta accadendo sul serio. Il progetto è già uscito fuori dall’aula e interessa una comunità internazionale di accademici, studenti, attivisti, ricercatori e innovatori da tutto il mondo che fra l’1 e il 7 giugno hanno dato vita ad un evento globale ospiti della piattaforma Living Bridges Planet.

Le ragioni di un interesse così vasto e immediato? Forse l’argomento (il futuro dell’educazione) è troppo importante e realmente riguarda tutti come tante volte ci siamo ritrovati a dire in classe discutendo il progetto.

Forse è ormai da troppo viviamo nell’emergenza (la crisi), in un mondo in cui salute, ambiente, educazione diventano progressivamente cose da “comprare” e non beni da produrre “come società”. E ci muoviamo da una emergenza all’altra senza il tempo di immaginare, desiderare e costruire un mondo più giusto, inclusivo, aperto, critico, civico, etico: una crisi degli immaginari e del desiderio piuttosto che finanziaria.

Forse perché infondo lo sappiamo tutti: la partita del nostro futuro come società si gioca proprio sui banchi di scuola.

[5] Conclusioni – Come partecipare

Se questa che avete appena letto non era una storia, ma una performance, questa che leggerete ora non è una conclusione, ma un inizio.

Nei prossimi giorni

  • leggete gli articoli degli studenti di ISIA che verranno pubblicati su CheFuturo! e iSchool, dove vi racconteranno i dettagli del progetto di Near Future del sistema educativo che stiamo progettando, e che verrà messo in atto a partire dalla creazione della Fondazione che ospiterà l’ecosistema, assieme a tutti gli strumenti tecnologici e metodologici necessari;
  • leggete anche le testimonianze di alcuni dei principali sostenitori e promotori internazionali del progetto, come Michel Bauwens e Layne Hartsell della P2P Foundation, Jon Husband l’inventore della Wirearchy, e le dichiarazioni da ricercatori, studenti, accademici e organizzazioni di tante, tante, parti del mondo;
  • partecipate al gruppo Facebook del Near Future Education Lab, per unirvi alle centinaia di persone che, ogni giorno, stanno lavorando per affinare i dettagli del progetto, tra studenti, professori, ricercatori, aziende, organizzazioni e istituzioni;
  • iniziate a pensare, ora e dopo aver letto gli articoli dei giorni a venire, ai benefici che voi e le vostre organizzazioni potreste trarre da un ecosistema di questo tipo e, se vi viene in mente qualcosa di interessante, ditecelo;
  • contattateci (mail) per ottenere informazioni di qualsiasi genere, o per attivarvi nel progetto;
  • venite a (o seguite lo streaming di) RNext a Siena il 24 Giugno ore X, quando racconteremo alcuni altri dettagli del progetto, e sugli scenari che si aprono;
  • tendete le orecchie (sia quelle analogiche che quelle digitali) per prendere parte alle iniziative dei prossimi giorni e mesi: sarà l’inizio di una trasformazione epocale.

Se nel movimento Occupy si parlava del fatto che “siamo il 99%”, ora possiamo dire che in questo Occupy 3.0 siamo il 100%. Insomma, non siate spettatori, siate performer e prendete parte al Near Future dell’educazione!

Roma, 17 giugno 2014SALVATORE IACONESI e ORIANA PERSICO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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