“Biomedicale, moda, meccanica, con tutti gli indotti, portavano questa zona del modenese ai livelli di competitività della Germania”: dice Ermes Ferrari, responsabile dell’ufficio comunicazione e studi di CNA Modena.
Con punto di non ritorno il 29 maggio: in quel giorno è avvenuta la scossa che che ha davvero decimato gli insediamenti produttivi di un territorio che nel dopoguerra aveva i livelli di disoccupazione più alti del Paese.
Ermes è il nodo del”ecosistema imprenditoriale modenese in cui CNA conta 58 sedi in 45 dei 47 Comuni della provincia modenese e 15.500 aziende associate con oltre 24.000 imprenditori. Si occupa sia della comunicazione interna con gli associati sia esterna con i media e durante l’emergenza del terremoto gestiva da un canto le pressioni dei giornali internazionali, da CNN a El Pais, dall’altro le imprese che dovevano ripartire e che ad oggi, dopo 12 mesi, meritano particolare attenzione.
Perchè “il territorio è ferito ma non finito” dice con voce sommessa.
“Il 29 maggio avevamo 12 sedi inagibili e 6 crollate. Ora abbiamo appena creato una task force formata da una decina di professionisti che non aspetta le segnalazioni delle imprese, va spontaneamente lì dove c’è bisogno”.
Per ripartire è necessario uno sforzo andando tra le imprese. Ascoltare e fare comunità sono le parole chiave. “Vogliamo uscire dai nostri uffici per andare ad ascoltare gli imprenditori, per trovare soluzioni concrete tra scrittura bandi e formulazione documenti per accedere ai fondi per la ricostruzione, dal bando INAIL o in riferimento all’ordinanza 57. Ma non solo”.
Emerge un filo conduttore che parla di territorio e senso comunitario.
“Perché essere parte di un’associazione di categoria storicamente radicata come CNA, durante questa emergenza, ha confermato un’antica vocazione, molto simile al ruolo dei sindaci dei piccoli paesi: noi siamo parte di questo territorio e proviamo a risolvere situazioni a 360°.
Durante l’emergenza, ma anche ora in parte è così, eravamo consapevoli di essere parte di un collante sociale: oltre alle funzioni lavorative, i nostri associati chiedevano consigli personali intercettando un valori condivisi.
Districarsi tra bandi e accesso al credito in attesa dei finanziamenti è parte del lavoro, poi c’è il senso di appartenenza che permette di essere riconosciuti come parte del sistema, quello che regge e che si riconosce, perché ” CNA a Novi, Cavezzo, San Felice, Finale come in tutto il cratere, ha lavorato in condizione di emergenza. I funzionari hanno lavorato oltre il proprio ruolo. Non erano dipendenti, erano parte di una comunità ferita. Molti erano in tenda a lavorare, a fare il primo filtro per le emergenze delle imprese, mentre non avevano più la propria casa”.
A Modena la CNA diventa un organismo di prossimità, fatto da una rete di persone che, fuori dalle istituzioni, si nutrono di bisogni e di risposte che tra consigli al telefono, via sms e facebook e bandi da scrivere, ora accolgono segnali di allarme. ”Il consumo in crescita degli antidepressivi e degli alcoolici, ad esempio, mentre la burocrazia, “i soldi incagliati” e le banche sembrano non ascoltare. In mezzo ci siamo noi”.
Per questo nasce la task force: c’è bisogno di un cambio di marcia per dare risposte concrete. Per uscire dagli schemi,per andare, impresa per impresa, a dare ascolto e supporto perché “le contestazioni si sono sollevate nei confronti delle strutture governative più lontane fisicamente ai cittadini. Le figure politiche vicino al territorio, e l’ultima elezione amministrativa di una cittadina modenese che ha visto riconfermarsi il sindaco con il 60% dei consensi lo indica, sono state riconosciute dai cittadini mentre il governi centrali appaiono in difficoltà. Seppur in movimento, alcune istituzioni scontano una lontananza fisica dai problemi reali”.
D’altronde, come altri in questa nostra serie di interviste sul post terremoto emiliano, Ermes non ha dubbi nell’indicare, come risposta all’emergenza, la comunità.
“Quando ti trovi davanti un imprenditore in lacrime che al telefono, di fronte al proprio capannone distrutto, sta cercando un altro luogo per far ripartire subito la propria azienda, la paura non trova posto. Ho visto un pezzo del mio territorio in guerra: le ambulanze che sgombravano gli ospedali, le scosse che non si fermavano mentre hai i figli a scuola, sono momenti che ti fanno vedere il mondo con altri occhi. Sono questi i momenti, quando le cose non girano per il verso giusto, in cui ci accorgiamo dei valori sociali. Dovremmo parlarne e rendercene conto anche quando si sta bene. Altrimenti diventa troppo tardi”