Come blockchain potrebbe farci viaggiare sicuri in aereo

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Secondo molti osservatori quello che stiamo vivendo sarà l’anno della svolta. Per cosa? Per la Blockchain, il motore che fa muovere i bitcoin. Una catena di blocchi dove sono registrate tutte le transazioni nella criptovaluta a partire dal 2009. Per farla complicata, bisogna spiegare che la blockchain è una rete di computer dove alcuni nodi in particolare si occupano di certificare ciò che accade su quell’autostrada condivisa, garantendo la sicurezza in virtù della medesima architettura peer-to-peer. In altre parole, è impossibile prenderne il controllo totale. Per farla semplice, potremmo invece vederla come un registro aperto e condiviso, garantito non più da un ente terzo che fa il bello e il cattivo tempo ma da un incrocio di calcoli e soggetti.

Oggi quella piattaforma si applica appunto ai bitcoin, domani potrebbe espandere il suo approccio decentralizzato a numerosi ambiti della vita sociale, dalla finanza ai viaggi.

Aerei e passeggeri: il Single Travel Token

Una prova si è vista all’ultimo Air Transport IT Summit di Sita andato in scena poco tempo fa a Barcellona. Noi c’eravamo e lì abbiamo assistito al lancio di un progetto-pilota fra i più avanzati in termini di virtuosismo legato alla blockchain: quello che la supercooperativa che sviluppa servizi per compagnie aeree e aeroporti ha messo a punto insieme alla startup statunitense ShoCard. Per farla complicata? Un sistema diffuso di identificazione dei passeggeri pensato per garantire sicurezza in termini di privacy grazie alla sua stessa articolazione ma anche sul livello dell’ordine pubblico e del terrorismo.

Il tutto velocizzando l’esperienza dei passeggeri ai controlli degli scali, una delle fasi più antipatiche secondo un sondaggio presentato nella stessa occasione. In cosa consiste in concreto? Nella creazione di un’identità dei passeggeri unica e sicura dotandoli di un unico token, cioè un elemento digitale che permetta loro di transitare speditamente negli aeroporti e ai controlli. Facendo fuori i documenti di viaggio ed evitando addirittura di mostrare i propri dati personali. Sui propri dispositivi mobili o addirittura indossabili i viaggiatori potrebbero essere in grado di memorizzare, dopo averlo generato – un po’ come i miner producono bitcoin – un Single Travel Token verificabile che contiene i dati biometrici e personali, passando dai servizi messi a disposizione da ShoCard. Documenti criptati con una chiave privata la cui bontà e veridicità può tuttavia essere verificata fin dall’inizio utilizzando una chiave pubblica.

Cosa poi i viaggiatori dovrebbero mostrare ai controlli è secondario: basterebbe a quel punto un QR Code da scansionare in pochi secondi che certifichi come il proprio record personale sia corretto. Proprio come la rete certifica la bontà di una transazione in criptovaluta. Dettagli biometrici, passaporto, se andiamo negli Stati Uniti Esta o altrove i visti: tutto lì dentro. Utile soprattutto ai frequent flyer anche perché si tratterebbe di un sistema universale.

Passaporti certificati dalla rete

Al momento, infatti, le autorità del pianeta hanno il loro modo univoco di memorizzare le informazioni sui passeggeri. Basti pensare alle lungaggini che ci sono volute – e ancora ci vorranno, si stimano un paio d’anni – per mettere in comune un’informazione in realtà assai poco sicura come il Passenger Name Record, il Pnr dei viaggi aerei, fra i Paesi europei. I Single Travel Token sarebbero invece dei passaporti digitali certificati dalla rete fin dalla loro emissione, assolutamente non falsificabili perché immateriali ma ovviamente basati, in prima istanza, su documenti tradizionali. Insomma, gli aeroporti cinesi non dovrebbero fidarsi di quelli americani e viceversa: la prova dell’autenticità di quell’elemento identificativo è custodita nella catena di blocchi.

Ora la tecnologia blockchain ci offre un nuovo modo di usare la biometria

«Un viaggio senza intoppi è la visione di Sita. Una visione che, a oggi, la tecnologia ci ha permesso di trasformare in realtà in molti aeroporti e in più di 30 frontiere nel mondo – ha spiegato nel corso degli incontri catalani Jim Peters, Cto di Sita – Tuttavia la struttura dei sistemi informatici odierni presuppone che ci siano molteplici scambi di dati tra i vari organismi e numerosi passaggi di verifica, che riducono la possibilità di creare un unico sistema globale. Ora la tecnologia blockchain ci offre un nuovo modo di usare la biometria, che potrebbe consentirle di essere utilizzata attraverso le frontiere, in tutti gli aeroporti, senza che le informazioni personali del passeggero siano memorizzate dalle varie autorità». Database decentralizzati e distribuiti a prova di manomissione. Questo lo snodo di un futuro dei viaggi fin da oggi praticabile. Sembra assurdo, in tempi di terrorismo internazionale e di paure globali, portare avanti un progetto che punta sulla smaterializzazione dei documenti. Eppure, a ben vedere, una larga fetta dei pericoli che viviamo arriva proprio da lì: sono centinaia di migliaia, se non milioni, i passaporti falsificati e acquistabili per poche migliaia di euro sui mercati neri e i biglietti aerei prenotati con nomi falsi. Diverso sarebbe pretendere da ogni passeggero una sorta di identità di viaggio digitale la cui certificazione non dipende da lui né dall’ufficio di un ministero o da una stazione di Polizia ma da un insieme di elementi la cui coerenza sarà testata dalla rete. «Siamo nella fase iniziale e diverse questioni come scalabilità e tassi di adozione sono ancora da esplorare – ha ammesso Peters – ma ciò a cui oggi mira il nostro team Sita Lab è il modo in cui nel settore dei viaggi aerei, compagnie aeree, aeroporti e agenzie governative, possiamo trarre vantaggio dalla nuova era in cui i protocolli della blockchain offrono da soli così tanta fiducia che individui o autorità non devono occuparsene».

Blockchain come strumento contro il terrorismo

C’è insomma da fare uno sforzo notevole di fiducia. Affidandosi, almeno in parte, a una catena di certificazione inedita e distribuita piuttosto che a una tradizionale che ha tuttavia manifestato in numerosissime occasioni le falle più clamorose. Per fare un altro esempio, basta guardare alla serenità con cui elementi appartenenti ai gruppi terroristici che hanno insanguinato l’Europa negli ultimi anni si siano mossi fra il vecchio continente e i teatri di guerra e addestramento turchi e siriani sfruttando un buco fondamentale degli apparati di sicurezza: la non condivisione delle informazioni, la tenuta stagna dei sistemi, l’incomunicabilità dei database. Se non fosse irrispettoso, verrebbe davvero da dire – recuperando un vecchio slogan tv – che l’intelligence è tonta. «Quando si tratta di persone che forniscono a terzi informazioni personali verificabili, ShoCard pensa a una rivoluzione digitale – ha spiegato a Barcellona Armin Ebrahimi, fondatore e Ceo di ShoCard – oggi mostriamo come la nostra piattaforma di identità, costruita utilizzando la blockchain, in combinazione con le soluzioni uniche di trasporto aereo e di gestione delle frontiere di Sita, potrebbe migliorare l’esperienza del passeggero, garantendo nel contempo la sicurezza».

SIMONE COSIMI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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