Nel mondo scientifico è in corso una “tranquilla” rivoluzione che sta coinvolgendo centinaia di migliaia di “volontari” impegnati in un nuovo approccio all’analisi di grandi basi di dati.
Visto che non parliamo di scienziati, ma di semplici cittadini, questa disciplina prende il nome di “Citizen Science”. Oltre a finanziare le ricerche di tutte le branche del sapere con le loro tasse, i cittadini possono finalmente diventare protagonisti.
L’idea è partita dagli astronomi, da sempre rivoluzionari (non vi ricorda niente la rivoluzione copernicana?). L’avvento di grandi telescopi automatizzati li ha letteralmente sommersi con un diluvio di dati, contenenti milioni di oggetti celesti da catalogare e da capire. Per ovviare alla limitatezza delle risorse umane disponibili, gli astronomi dell’Università di Leeds hanno avuto il colpo di genio e hanno messo a punto un sistema assolutamente nuovo, basato sul contributo di volontari.
Così è nato Galaxyzoo: il sito che ha messo a disposizione, di chiunque potesse accedere al web, milioni di piccole immagini di galassie (opportunamente ritagliate a partire dai dati della Sloan Digital Survey, oppure dai deep fields dello Hubble Space Telescope). Attraverso una semplice interfaccia, ai catalogatori veniva chiesto di decidere se si trattasse di una galassia spirale o di una ellittica. In caso di dubbi potevano chiedere consigli, aiuti, suggerimenti attraverso il blog.
Grazie anche ad un servizio della BBC, il successo è stato travolgente. Esaurito in pochi mesi il lavoro di catalogazione delle galassie (con numerose scoperte di oggetti strani e interessanti, oltre a decine di articoli sullo studio delle popolazioni di galassie): è apparso chiaro che l’approccio dell’analisi distribuita era vincente e i progetti si sono moltiplicati.
La ricerca e catalogazione di bolle di gas nella galassia, delle supernove, ancora di galassie, il riconoscimento e il conteggio dei crateri sulla superficie della Luna, la ricerca dei pianeti extrasolari, il monitoraggio in tempo reale dell’attività del sole per evidenziare, il prima possibile, l’emissione delle Coronal Mass Ejection che possono creare qualche problema al nostro campo geomagnetico.
Recentemente Planet Hunter ha avuto il suo momento di gloria grazie alla scoperta di un pianeta in orbita attorno ad una coppia di stelle che, a loro volta, orbitano attorno ad un’altra coppia di stelle. In altre parole: un sistema complicato che aveva resistito all’analisi standard dei dati raccolti dalla sonda della NASA Kepler.
Per capire di cosa si tratta, vediamo rapidamente come funziona la missione Kepler.
All’apparenza si tratta della missione più noiosa della storia. Da quando è stata lanciata (il 6 marzo 2009) osserva sempre la stessa regione di cielo, nella costellazione del Cigno, e registra con grande accuratezza la brillantezza di centinaia di migliaia di stelle. Scopo dell’esercizio è evidenziare variazioni, anche minime, del flusso delle stelle dalle quali desumere la presenza di una stella compagna oppure di un pianeta. Vi ricordate l’ultimo passaggio di Venere sul disco del Sole?
Una macchietta scura che, ricoprendo una piccola porzione del disco solare, ha “mangiato” una minima parte dell’emissione del Sole. Un ipotetico astronomo alieno avrebbe visto la brillantezza del Sole affievolirsi, diciamo, di meno di una parte su 1000. Kepler cerca proprio questo effetto, piccolo, ma misurabile, che gli astronomi chiamano transito. Ovviamente, in questo modo si possono vedere solo i sistemi planetari che hanno una inclinazione “favorevole” rispetto a noi terrestri che li guardiamo.
Dal momento che così si vedono solo i sistemi con particolare inclinazione del piano orbitale dei pianeti, ne consegue che solo una frazione dei sistemi planetari alieni siano rivelabili con questo metodo. Ciononostante, Kepler, guardando solo una piccola regione di cielo, ha già visto i passaggi di più di 2000 candidati pianeti. Segno che ogni stella della nostra Galassia deve avere uno o più pianeti (parlavamo di scoperte rivoluzionarie…). Ogni candidato deve poi essere studiato in dettaglio con i telescopi a terra per essere confermato.
La situazione che ho appena descritta di un pianeta che orbita attorno a una stella è ovviamente la più semplice: Kepler ha visto sistemi planetari composti anche da 4 pianeti, ognuno con il suo periodo orbitale e con i suoi passaggi, oppure un pianeta che orbita intorno a due stelle, con i transiti delle stelle che si sommano a quelli del pianeta.
Insomma, man mano che la tecnica si raffina si trovano sistemi sempre più complicati e i programmi per il riconoscimento automatico fanno fatica a stare al passo.
Particolarmente difficile è lo studio dei pianeti che orbitano stelle doppie. I transiti di una stella di fronte all’altra sono molto più marcati del transito del pianeta che rischia di passare inosservato, specie se il periodo orbitale è lungo e i transiti non sono frequenti. C’è voluto l’occhio di due planet hunters per riconoscere la firma di un sospetto pianeta in un sistema stellare molto complesso e allertare gli astronomi professionisti.
PH1 (il primo pianeta scoperto dai Planet Hunters) è in gigante gassoso un po’ più grande di Nettuno e orbita attorno ad una coppia di stelle (che orbitano una intorno all’altra in circa 20 giorni) con un periodo di 138 giorni. Per rendere il quadro ancora più complicato, un’altra coppia di stelle un po’ discoste orbitano intorno al sistema planetario. 5 corpi celesti con dimensioni e periodi diversi dove tutti passano davanti a tutti, costituiscono una situazione oggettivamente complicata, oltre che una prima nel campo dei sempre più numerosi pianeti extrasolari.
Ma gli astronomi non sono più i soli a sfruttare le possibilità della Citizen science. Galaxyzoo è cresciuto e adesso si chiama Zooniverse e offre progetti di tutti i tipi dal conteggio degli animali marini, per controllare lo stato di salute delle coste, allo studio del linguaggio dei cetacei, alla catalogazione dei cicloni storici. Ce n’è per tutti i gusti, magari anche per i vostri.