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Come e perché dobbiamo difendere la libertà di Internet

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Oggi David Osimo e Riccardo Luna sono a Bruxelles per partecipare a un workshop su “EU Web Competitiveness”. Internet è un volano non solo per l’economia, ma anche per i diritti fondamentali: proprio come ha detto il vice presidente della Commissione Europea Neelie Kroes nel suo discorso alla Berlin Web Week.

Oggi vi parlerò della libertà in Rete: perché è importante, perché dobbiamo proteggerla e come possiamo farlo. So che molti di voi a re:publica sono già impegnati a difendere la libertà di Internet. Continuate così! Internet è la nuova frontiera della libertà, non solo nelle democrazie occidentali, ma anche nel resto del mondo. È una realtà che sta cambiando la politica e l’economia globali. Un cambiamento che alcuni ritengono tanto radicale e distruttivo da doverlo impedire.

Eppure, ricordatevi di quante libertà possiamo promuovere e difendere online: dai diritti fondamentali, come quello di parola e di tutela della privacy; quello di fare innovazione, vedere riconosciuti i propri meriti e ricevere la giusta ricompensa per le proprie idee; e quello di avere una Rete che a sua volta è libera.

Già, perché Internet dovrebbe essere una struttura aperta e libera. Ma questo non significa che debba essere una terra di nessuno o una sorta di Far West senza regole. Di recente abbiamo visto migliaia di persone protestare contro i regolamenti che ritenevano lesivi nei confronti di Internet e della sua forza innovatrice. Dobbiamo riconoscere loro una forte identità politica, una realtà fatta di persone che rispetto ma di cui non posso sempre condividere le posizioni su certi argomenti.

Con molta probabilità, vivremo in un mondo senza SOPA e ACTA. Questo significa che dovremo trovare altre soluzioni per rendere Internet un luogo libero, aperto e capace di garantire opportunità di innovazione a tutti, non solo a chi fa parte della tecno-avanguardia.

Il punto è che, a volte, l’online ha delle ripercussioni sulla vita reale. Che lo vogliamo o no, certe persone usano la Rete e i suoi strumenti per ordire crimini orribili come l’omicidio e l’abuso sui minori. Altri lanciano cyber-attacchi ai danni dei sistemi Internet per violarli e destabilizzarli. Un fatto non più trascurabile visto che ha un impatto sempre maggiore sulle persone e le loro attività sempre più legate a interfacce digitali. So che si tratta di una minoranza ristretta di persone, motivo per cui possiamo reagire e dare il giusto equilibrio al rapporto tra libertà e sicurezza.

Di certo non possiamo fare finta di nulla.

Internet è troppo importante perché decidiamo di consegnarla nelle mani della sorte. Dobbiamo riconoscere i diritti e le responsabilità che porta con sé e fare in modo che si integrino sempre più con la nostra società. Oggi, vorrei porre l’attenzione sul futuro di Internet e le possibilità che offre all’Europa.

Ogni giorno, sempre più persone capiscono che il Web può alimentare forme di innovazione quasi infinite e che gli schemi del passato ormai non sono più un ostacolo, piuttosto, possono aiutarci a creare qualcosa di nuovo. Sono le stesse persone che pensano a un tipo di industria completamente nuova, non più basata sul controllo e la chiusura ma sulla condivisione e l’interazione con i clienti. La libertà in Rete può alimentare l’innovazione di cui abbiamo bisogno, ma i sistemi datati, chiusi o complessi possono soffocarla.

Ora chiediamoci: che cosa può darci la libertà di Internet? Bene, può promuovere grande sviluppo economico, far crescere la produttività e porre strumenti incredibili nelle mani di persone comuni che hanno la stoffa degli imprenditori. Ecco perché sono convinta che le Web company siano la chiave per sbloccare la crescita. Ecco perché voglio essere certa di dare loro l’aiuto di cui hanno bisogno.

Questi imprenditori potrebbero realizzare idee fantastiche se la sola barriera a separarli dalla realtà fosse quella della creatività e dell’immaginazione. Purtroppo, di barriere ne esistono ben altre. So che le aziende hanno bisogno di soluzioni nuove per mettersi in rete in modo più efficace – lo so e ci sto lavorando su. Hanno bisogno della fiducia e del riconoscimento da parte della politica: tutte cose dovute. Ecco perché la competition Tech All-Stars è alla ricerca dei migliori talenti europei nel campo delle startup. Ecco perché le nostre università devono venire loro incontro trasformandosi in hub di innovazione che ispirino e diano linfa vitale ai talenti di domani. Sto lavorando anche su questo.

Ma sono anche impegnata sul fronte degli standard aperti per gli open market. Non abbiamo ancora realizzato un mercato unico per le compagnie di telecomunicazioni: un dettaglio che, secondo uno studio recente, potrebbe costarci qualcosa come 110 miliardi di euro all’anno. È per questo che nel 2012 lavoreremo fianco a fianco con le autorità per la standardizzazione e le industrie con lo scopo di determinare qual è il modo migliore per fare un passo avanti. Perché in un contesto regolato da standard i content provider e gli operatori possono garantire offerte uniformi, ridurre le tariffe in eccesso e dare il via a nuove economie scalabili.

Allo stesso modo, dobbiamo essere certi di mantenere l’accessibilità libera ai servizi Internet: alcuni la definiscono net neutrality. Le persone devono poter consultare offerte trasparenti, in modo da avere piena coscienza di quale servizio stiano acquistando. In parallelo, è bene dare a tutti la possibilità di cambiare facilmente provider o tipologia di contratto se questi non li soddisfano. Inoltre, a tutti deve essere sempre garantita l’opzione di avere accesso a Internet senza alcun limite di tempo e al pieno delle sue potenzialità, se questo è ciò che vogliono. Ma, cosa più importante di tutte, gli imprenditori del Web hanno bisogno proprio di noi per riconoscere e superare le barriere che bloccano la strada verso la libertà della Rete.

Parlo di ostacoli rappresentati da sistemi che non permetto di identificarsi, effettuare pagamenti e rilasciare licenze in modo semplice e compatibile. Perché avere 27 diversi set di regolamenti quando potremmo averne uno solo? Sono tutti aspetti deleteri che schiacciano l’innovazione e trattengono le idee più brillanti confinate all’interno dei mercati nazionali.

Non dimentichiamoci che libertà significa anche libertà di innovare i modelli di business. Uno dopo l’altro, settori diversi tra loro si scontrano con le nuove realtà online, il declino dei vecchi modi di fare business e l’alba di opportunità inedite. Il settore dell’industria musicale lo ha sperimentato molto tempo fa ed ora anche altri settori come quello degli audiovisivi iniziano ad accorgersene. È per questo che il nostro Media Futures Forum sta analizzando la situazione applicata a tutto il settore.

Certo, la transizione all’era digitale non comporta il dover sempre rilasciare materiale e prodotti gratis. Tuttavia, dobbiamo essere aperti a nuovi approcci, modelli di distribuzione, sistemi di retribuzione e piattaforme di facile accesso ai contenuti online.

A volte le persone si astengono dall’abbracciare il cambiamento a causa di vecchie regole come quelle del copyright. In altre occasioni è solo un fatto di apertura mentale e questa resistenza è dovuta al fatto di sentirsi ancora troppo legati a vecchie abitudini e non accorgersi che il mondo è cambiato. In ogni caso, dobbiamo svegliarci e sentire l’aroma del caffè. Ecco perché sono così frustrata per i mancati progressi verso la creazione di un mercato unico digitale. I fatti sono questi: se vogliamo veramente appoggiare una Internet libera e aiutare gli imprenditori del Web dobbiamo promuovere un modello di cultura open.

Mi riferisco in particolare al settore pubblico dove i dati rappresentano una vera e propria miniera d’oro. Se ne sbloccheremo l’accesso riusciremo ad alimentare la creatività, l’economia e la credibilità delle istituzioni democratiche. Ecco perché abbiamo proposto cambiamenti legislativi che apriranno la strada verso gli open data. Rendere la fruizione dei dati più conveniente e facile significa promuovere la nascita di nuovi data set sempre più aperti. Ma non si tratta semplicemente di sbloccare nuove raccolte di dati. Bisogna promuovere nel complesso una nuova attitudine verso la trasparenza online da parte dei governi: questo è creare nuova linfa per far nascere l’innovazione nel nostro mercato comune.

Lo ammetto, in un certo senso si tratterebbe di un passo modesto ma tuttavia importante, perché innescherebbe il cambiamento verso una mentalità aperta. Potrebbe essere proprio questo il preludio a un impegno più vasto sulla riforma del copyright. In questo momento è solo una proposta sugli open data: prima di diventare legge avrà bisogno del vaglio democratico e dell’approvazione da parte del Parlamento Europeo e dei governi che siedono nel Consiglio d’Europa. Sono convinta dei benefici che porterà; sono convinta della spinta verso il cambiamento percepita dai cittadini. Ecco perché mi rivolgo alle istituzioni affinché appoggino coraggiosamente questa proposta. E se avete delle idee su come possiamo avanzarla in modo più convincente, fatecele presente.

È ovvio che esiste anche un altro aspetto molto importante che riguarda la libertà della Rete: l’essere liberi di esprimere se stessi. È un diritto fondamentale, un pilastro della democrazia che dobbiamo difendere, online e nella vita reale. L’anno scorso, l’Ungheria ha introdotto una nuova legge sui media. Molti dei suoi commi erano incompatibili con la legislazione europea perché proponevano regole di registrazione e controllo dell’attività giornalistica che avrebbero imposto obblighi gravosi a tutta l’informazione, dai forum online fino ai blog personali. Ecco perché ho fatto pressione e ottenuto che fossero modificati. Successivamente, la corte costituzionale ungherese ha ribadito che la nuove legge violava la costituzione limitando la libertà di stampa. Sia la Commissione Europea che il Consiglio d’Europa nutrono molte preoccupazioni sul testo di questa legge, che ritengono incompatibile con le norme comunitarie. Il governo dell’Ungheria deve impegnarsi di più.

Penso sia un settore fondamentale per cui l’opinione pubblica si aspetta un intervento dell’Unione Europea. Ma nell’area di competenza comunitaria possiamo supportare solo questioni che abbiano a che fare con i diritti fondamentali. Dovremmo valutare seriamente se l’Europa abbia o meno poteri sufficienti in questo campo. All’interno della Comunità Europea la libertà di parola è, ovviamente, protetta dalla legge. Tutte le azioni intraprese in questo ambito riguardano clausole di salvaguardia e protezioni di tipo legale, così come l’instaurazione di una politica culturale a favore dell’apertura. Sono queste le ragioni che mi inducono a credere che i problemi possano essere risolti attraverso una combinazione di strumenti legali e dialogo politico.

Come forse saprete, ieri (3 maggio) si celebrava lo UN World Press Freedom Day, una giornata nata con lo scopo di ricordarci che nel mondo le persone (compresi giornalisti e blogger) non godono degli stessi diritti riconosciuti a noi europei. Cito l’esempio di Eynulla Fatullayev, giornalista e attivista per i diritti umani dell’Azerbaigian che ha vinto il World Press Freedom Prize indetto dall’UNESCO. A le vanno le mie congratulazioni per il suo coraggioso lavoro. Infatti, alle persone non sempre viene garantito il diritto di sostenere un dibattito democratico o di essere tutelate da una Carta dei Diritti Fondamentali o da norme di salvaguardia come organi di appello e ricorso.

Nonostante questa situazione – e proprio a causa di questa disparità – in luoghi come questo il diritto di esprimere le proprie idee si conferma il più importante di tutti. Dobbiamo assicurarci che chi combatte per la democrazia abbia sempre modo di diffondere la propria voce. Una voce che può arrivare proprio da Internet, come abbiamo visto nel caso della Primavera Araba. La Rete non ha sollevato la rivoluzione con le sole proprie forze: il panorama è molto più complicato di così. Ma, di sicuro, le piattaforme online hanno dato ai manifestanti un mezzo per organizzarsi e sfruttare il dirompente desiderio di democrazia. In Egitto il governo ha cercato di spegnere Internet in un tentativo fallimentare di mettere a tacere il malcontento. Altrove poteri dispotici usano le tecnologie di telecomunicazione come strumenti di sorveglianza e repressione.

Non possiamo permettere che accada. Là dove un paese combatte per la democrazia, voglio che ci sia la certezza di non essere mai disconnessi. Per realizzare il “No Disconnect” agiremo in diversi modi: supportando i difensori dei diritti umani che si oppongono alla cyber-censura in regimi non democratici; attraverso linee guida umanitaria che impegnino le industrie europee a fare la loro parte; e grazie al coordinamento tra istituzioni europee e internazionali.

C’è ancora un ultimo punto che vorrei trattare. Troppo spesso, libertà e sicurezza vengono dipinte come alternative incompatibili, quasi come se i tentativi di assicurarne una compromettano necessariamente l’altra. Penso sia vero l’esatto contrario. Perché non c’è libertà senza sicurezza. Si tratta di concetti indipendenti e complementari. Se ho il diritto di camminare lungo una strada di notte lo posso fare solo a patto che questa sia sicura. Allo stesso modo, le persone non saranno in grado di utilizzare Internet in modo libero se non avranno prima la certezza di avere il pieno controllo sulla propria privacy e sui propri dati così che vengano curati in modo trasparente e giusto.

L’interdipendenza di cui ho parlato prima rappresenta il motivo per cui libertà e sicurezza sono citate nello stesso articolo, addirittura nella stessa frase, della Convenzione Europea sui Diritti Umani. Mercoledì abbiamo lanciato la nostra strategia per creare un’Internet migliore per i nostri bambini: penso sia un punto cruciale, perché garantire la sicurezza dei più vulnerabili è una responsabilità che tocca tutti i cittadini. Allo stesso tempo, mi rendo contro del fatto che il mondo online può essere un luogo fantastico per i bambini dove possono scoprire, imparare, interagire e creare. Ma tutto ciò può succedere solo se avranno la possibilità di esplorare quel mondo in modo libero.

È qui che ritrovo due filoni fondamentali della mia filosofia personale. Primo, dobbiamo evitare di schiacciare la libertà e l’apertura della Rete che guida l’innovazione in modo da evitare danni collaterali all’architettura di Internet. Secondo, dobbiamo renderci conto che non riusciremo mai a eliminare completamente i pericoli che minacciano i nostri bambini. Possiamo solo limitarci a ridurli al minimo. Purtroppo è così, i bambini si troveranno sempre di fronte ai pericoli della rete come succede quando affrontano la strada nel mondo reale.

Proprio per questa ragione, abbiamo bisogno di strumenti semplici per educare i bambini e renderli in grado di gestire questi pericoli, esattamente come accade nel mondo “offline”. Sono compiaciuta del fatto che le aziende leader nel settore abbiano aderito alla coalizione deputata a rendere Internet un posto migliore per i bambini. Stanno lavorando insieme per sviluppare soluzioni da consegnare entro la fine dell’anno a genitori e ragazzi.

Ecco, questa è la mia visione di un’Internet libera e aperta, che sia un vicolo per l’innovazione, una piattaforma per la libera espressione e un luogo dove esercitare le libertà garantite attraverso la sicurezza. Il miglio lato della Rete è il suo essere open, e io intendo far sì che rimanga tale.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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