Che il video fosse la nuova frontiera dei social media era chiaro. Meno prevedibile, che nel giro di poche settimane, il panorama dei servizi web fosse messo in subbuglio da una nuova categoria di applicazioni, quelle di “mobile video streaming”. In sintesi app per trasmettere in diretta video e audio, in maniera semplice e rapida, la televisione in tasca.
Siamo agli inizi di marzo e i siti di tecnologia iniziano a parlare di Meerkat, un servizio di streaming che si appoggia a Twitter. Qualche giorno dopo, il 13 marzo, Dick Costolo annuncia l’acquisizione di un’app simile, Periscope, impedendo a Meerkat di accedere al suo grafo sociale. Sono i giorni del più grande raduno di early adopter del pianeta, il South by Southwest, e Meerkat viene unanimemente dichiarata l’app più calda del momento.
Ma il 26 marzo Twitter dà il via al download di Periscope e da allora l’interesse verso Meerkat sta scemando inesorabilmente.
Eppure questi non sono i primi tentativi di creare interesse attorno al video streaming. Ustream, Livestream, Qik, Justin.tv e altri ci hanno già provato senza grande successo.
Certo la tecnologia è migliorata, sia lato server che client, ma qui la sfida è riuscire a dare valore agli utenti nel tempo.
All’inizio la curiosità è superiore alla noia, ma poi poche decine di persone che guardano tendono a scoraggiare i broadcaster.
Diamo un’occhiata alle tre applicazioni che, in questo momento, si contendono il mercato.
Meerkat
Meerkat, ideata da Ben Rubin, debutta il 27 febbraio 2015, dopo due anni di sviluppo. L’app ha un design minimal ed è stata pensata per appoggiarsi ai sistemi di identità, comunicazione e distribuzione di Twitter.
Ma dopo la decisione di Costolo, all’iscrizione gli utenti devono fare lo sforzo di cercare i contatti, senza poter contare sulla rete già creata in Twitter.
Dopo essersi loggati con le credenziali di Twitter, Meerkat chiede di scrivere “what’s happening” e di cliccare uno dei due tasti “Stream” o “Schedule”. Nel primo caso la risposta diventa il titolo della trasmissione che viene pubblicato su Twitter con un link al video. Nel secondo caso si potrà scegliere la data di programmazione.
Iniziata la trasmissione, che può essere erogata sia in verticale che orizzontale, lo schermo si presenta molto affollato di informazioni: titolo, nome del broadcaster, numero di spettatori e loro foto; essi possono commentare, e il testo viene pubblicato anche come tweet, lasciare un like, che diventa un preferito su Twitter, o rilanciare il link della diretta ai propri follower.
La caratteristica di Meerkat è la caducità: il video può essere visto soltanto da coloro che in quel momento sono connessi. Sparisce alla chiusura della trasmissione, anche se può essere salvato in locale dal broadcaster.
Per scoprire i personaggi più apprezzati bisogna accedere alla sezione “Leaderboard” (in alto a destra). Il punteggio è una combinazione di spettatori totali, tempo di visualizzazione ed engagement dei follower.
Foto: Anthony Quintano (Flickr)
Periscope
Periscope, creata da Kayvon Beykpour e Joe Bernstein, ha un funzionamento sostanzialmente identico a Meerkat. Qui però l’integrazione con Twitter è più sviluppata. La prima schermata che si vede è quella denominata “Watch”, che invita a guardare i live prodotti dalla propria rete sociale. La seconda sezione, invece, offre uno sguardo più esteso all’attività dei broadcaster di tutto il mondo.
Solo cliccando sull’icona “obbiettivo” si abilita la fotocamera posteriore. Basta rispondere alla domanda “What are you seeing now?” e scegliere se abilitare la geolocalizzazione, l’invio di un link su Twitter e la visione limitata ad un gruppo di amici (molto interessante per costruire eventi esclusivi).
Durante la trasmissione, possibile solo in modalità verticale, gli spettatori possono inviare sia messaggi, che cuoricini, cliccando sullo schermo. Per evitare di essere inondati di commenti offensivi, si può abilitare l’opzione “followers only” per ricevere messaggi solo da chi si segue.Alla fine vengono mostrate le statistiche degli spettatori presenti e della percentuale di permanenza fino alla fine (retention). Oltre che salvarlo sullo smartphone, a differenza di Meerkat, si può decidere di rendere disponibile il video per le 24 ore successive.
La sezione “People” mostra i suggerimenti sulle persone da seguire, in base al proprio grafo sociale di Twitter, e quelle più amate in assoluto, ovvero quelle che hanno accumulato più cuoricini.
Sia nel caso di Meerkat che di Periscope, lo spettatore può interagire solo usando l’app mobile (per ora disponibile solo per iOS), mentre può assistere anche da desktop.
YouNow
YouNow è un servizio abbastanza diverso dai primi due. Lanciato a settembre del 2012 da Adi Sideman ha raggiunto un certo livello di popolarità da maggio scorso, quando è passato da 10 a 100 milioni di visitatori mensili.
La trasmissione può partire sia da cellulare, Android e iOS, che da desktop. Dal sito è possibile assistere alle dirette di centinaia di broadcaster, cliccando sulla loro foto, su quello più visto del momento o seguendo un hashtag tematico.
L’ambiente è popolato soprattutto da teenager che fanno streaming lunghi dalla propria cameretta, ballano, cantano e rispondo ai commenti degli spettatori, per acquisire fan e sentirsi protagonisti della propria tv.
LE OPPORTUNITA’ PER LE AZIENDE
Le app di mobile live streaming sono ideali per le celebrities, i giornalisti, gli editori, i politici, ma possono essere interessanti anche per le aziende.
Permettono di tenere i costi bassi e sfruttare l’attimo. Certo, è possibile creare format televisivi, un vero e proprio palinsesto, ma penso che la massima efficacia venga raggiunta quando l’azienda riesce a dare allo spettatore, la sensazione di assistere a qualcosa di unico ed irripetibile.
Tra i primi sperimentatori: Donna Karan che ha mostrato un backstage di una sfilata, Adidas che ha dato in diretta la firma di un contratto da parte del calciatore James Rodriguez, Hachette che ha chiesto ad alcuni autori di svelare lo spazio creativo nel quale scrivono. In Italia Gli Stockisti hanno proposto l’”unboxing” di alcuni prodotti.
Ma l’idea più interessante è di Skyscanner che ha condiviso il proprio account con 24 travel blogger, che nel giro di un giorno, ogni ora, hanno raccontato un luogo diverso del mondo attraverso l’occhio del proprio smartphone.
Insomma la cassetta degli attrezzi del content marketer si arricchisce, ma il video è un elemento che va maneggiato con cura. L’effetto boomerang è dietro l’angolo, quindi bisognerebbe resistere alla tentazione di cavalcare la moda del momento e adottare un approccio strategico, che inserisca il live streaming in una strategia di comunicazione coerente e di lungo periodo.
VINCENZO COSENZA