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Come si raccontano le Paralimpiadi? Un altro punto di vista

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Supereroi: esseri umani dotati di qualità straordinarie fisiche e/o mentali. Indossano un costume che funge da icona, una maschera che copre il volto, un mantello – e poi vedremo il perché. Tutto ciò rappresenta la loro identità: duplice. Devono salvare e salvaguardare il mondo in modo disinteressato, spesso supereroi ci diventano per sopperire una mancanza interiore, per superare una perdita, per sconfiggere un temuto antagonista. Superuomini, da qualcun altro, vengono definiti gli esseri umani che hanno scelto di avere l’obiettivo di praticare uno sport a livello agonistico, dopo un evento scatenante nella loro quotidianità. E nel messaggio pubblicitario, la qualità che apportano, in prima persona plurale, è un costume stereotipato verso l’individuo normodotato. I fotogrammi scorrono veloci mostrando azioni quotidiane e sportive svolte a ritmo di musica.

VIDEO VIRALE

È il caso del video virale pubblicato da CHANNEL 4 UK in occasione dei Giochi Paralimpici di Rio 2016, al via dal 7 settembre. I social media, già nei precedenti di Londra, hanno avuto un ruolo rilevante nella comunicazione. La maggior parte di amici in comune aveva già pubblicato e condiviso il filmato nelle loro pagine Facebook. Qualche giorno dopo, scrissi un post che andava controcorrente rispetto ai commenti ricevuti, descrivendo tale come un’etichetta che rende gli atleti disabili invincibili e insuperabili (e l’aggettivazione potrebbe continuare). A questo proposito ho condiviso un messaggio, che fa comprendere cosa voglio intendere, attraverso il TED Talk di Stella Young:

Stella Young

“Ci hanno propinato la menzogna che la disabilità sia una Cosa Negativa, con la C e la N maiuscole.

È una cosa negativa, quindi vivere con una disabilità rende eccezionali. Non è una cosa negativa e non rende eccezionali. È ciò che noi chiamiamo pornografia motivazionale, stiamo riducendo ad oggetto le persone disabili a beneficio di quelle non disabili. Lo scopo di queste immagini è di fornire ispirazione, motivazione affinché possiate guardarle e pensare: beh, per quanto difficile sia la mia vita potrebbe essere peggio. Potrei essere io quella persona. (Un simile discorso era riproposto in un articolo a supporto del video). Loro non fanno niente che sia fuori dell’ordinario. Stanno soltanto usando i loro corpi al meglio delle loro capacità“.

PARALIMPIADI, CAMBIO RAGIONAMENTO

Un tipo di ragionamento che dovremmo cominciare a fare, modificando il focus di partenza, ovvero la mancanza di un arto, di un senso, e di conseguenza annullando il sentimento di stupore e meraviglia per il semplice fatto di alzarsi dal letto la mattina e vivere una vita ordinaria.

Come negli atleti olimpionici normodotati, dovremmo domandarci perché non sappiamo identificare loro solo atleti (ciò che realmente sono), dopo un’accurata preparazione fisica, sudore, e fatica per arrivare alla vetta dello sport. Abbiamo bisogno di riporre tutto in caselle già esistenti. Siamo convinti che questa immagine non invaderà il nostro spazio? Meglio identificarla come distante.

Pian piano il corpo si abitua, e trasforma i piccoli gesti in primi movimenti. Scopre le sue potenzialità in modo differente. Oggi più che mai grazie anche all’uso della tecnologia

Penso invece che il corpo ci riserbi numerose aspettative, e sia una grande risorsa per ognuno di noi, e infine una grande soddisfazione. Pian piano, esso si abitua, e trasforma i piccoli gesti, in primi movimenti. Scopre le sue potenzialità in modo differente. Oggi più che mai grazie anche all’uso della tecnologia, al mondo protesico, alla creatività di giovani designer, ingegneri, medici. Intitolato “We’re Superhumans”, il filmato non necessitava di didascalia.

Mi domando: è giusto condividere, al giorno d’oggi, questo tipo di messaggio separando i due mondi? Che cosa vogliono trasmettere? Quale punto di vista? Il nostro, il vostro?

Forse indossiamo solo la prima impressione per non essere riconosciuti, perché è più comodo ed è più semplice rendere un concetto così sottile in poche parole, e trovarle giuste. Soluzioni sono sempre più accessibili, e per fortuna, se ne parla ed è un bene. Ma in modo pragmatico, oltrepassiamo barriere della vita, con spirito, iniziativa e voglia di continuare a conoscere. Dal cambiamento in prospettiva di essere forti al sentirsi forti. Ritengo ciò pura ispirazione. Non ridurre alla spettacolarizzazione.

UN ALTRO PUNTO DI VISTA

Da quelle righe, le ricerche sono proseguite sul piano comunicativo e sociale. Per curiosità personale, e per osservare se il mio punto di vista era condiviso o disapprovato. Per approfondire un esame universitario, per non fare tutta l’erba un fascio. Vi propongo una panoramica che, in parallelo al video virale britannico, sviluppa lo stesso tema in un modo meno motivazionale, e più concreto. Secondo me più efficace. Il primo è uno spot pubblicato già quattro anni fa sul canale ufficiale Youtube dei Giochi Paralimpici di Rio 2016. Fino alla settimana scorsa erano presenti poche migliaia di visualizzazioni, il che mi sorprese visto l’autorevolezza rispetto a quelli dedicati stranieri. È un video semplice, in cui si scoprono gli atleti poco per volta, senza fretta, si ha il tempo di entrare nella loro realtà; gli sfondi sono i campi da calcio, la spiaggia, la piscina, i giochi in controluce contribuiscono a crearne un’atmosfera limpida e alle volte nascosta. Se non fosse per il titolo in sovrimpressione che ci svela di cosa stiamo parlando, solo dopo sapremmo che gli atleti che gareggiano sono gli stessi che indossano oggetti biomedicali e sedie modificate. Prima vediamo le loro abilità. Ed è solo quello che conta, e ci interessa. Perché lo sport non cura chi sei.

THANK YOU MOM

Proseguiamo invece con una storia totalmente diversa, perché a promuoverla è la multinazionale P&G, con la fortunata campagna pubblicitaria “Thank you mom”, già sponsor dei Giochi dal 2012. Parla la voce roca di una mamma americana che incoraggia il figlio non vedente a correre, a provare nonostante tutto, e a decidere lui stesso cosa può fare con determinazione, senza l’approvazione di nessun altro. In conclusione, la diffusione di più filmati ideati dal partner dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Rio: Samsung. Grazie all’hashtag #DoWhatYouCant i racconti di persone e atleti normodotati e disabili vengono presentati indifferentemente. In una narrazione in cui le barriere vengono sfidate: un incidente, una malattia, un passaggio. Spingendo alla tenacia e a quello che fa timore, a tentare e credere nelle proprie qualità. Debolezze trasformate in opportunità, nello spirito sempre e comunque.

È chiaro che l’emozione gioca un ruolo nella comunicazione, ma trovo le parole importanti e soprattutto le definizioni che ne ricaviamo

Non è il caso di soffermarsi troppo sulla forma, ma effettivamente ciò arriva alla gente comune, e scatena il meccanismo di risposta attivando comportamenti specifici: il dispiacersi, il pietismo, la fortuna. È chiaro che l’emozione gioca un ruolo nella comunicazione, ma trovo le parole importanti e soprattutto le definizioni che ne ricaviamo. Alcune immagini parlano da sole, non necessitano di un commento. Ognuno di noi potrebbe trarne le conclusioni personali, quasi fossero i puntini di sospensione, in base a quello che si sta vivendo. Può come dire costruire la propria storia. Trovo questo molto motivante e arricchente.

SUPEREROI SENZA MANTELLO

Delineare i tratti personali, ideare la storia, sviluppare la sua immagine. Come creare un Supereroe? Non servono solo forbici, tubetti di colla, e matite colorate. Serve fantasia. Bisogna partire dall’origine, dal passato, da quando ha deciso di seguire la sua ispirazione. Le descrizioni ci permettono di comprendere che, dopo un trauma, una perdita, una sfida il supereroe ricava sempre la forza di andare avanti. Senza mantello, un velo che rende il carattere molto più interessante. In ciò ci immedesimiamo, di ciò abbiamo bisogno. Perché umani.

Voi non volete essere i supereroi della vostra vita?

FABIA TIMACO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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