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Come sopravvivere al lavoro freelance nell’era digitale (istruzioni base)

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Ogni mattina, un freelance si sveglia nel mondo, e sa che deve correre più veloce non solo di tutti gli altri liberi professionisti in concorrenza con lui, ma anche di tutti i suoi molteplici “capi”. Nel giornalismo, ma anche in qualsiasi altro comparto – ormai la maggior parte – in cui lavorano professionisti senza contratto.

Il freelance non ha un capo solo: se tutto procede bene, ne ha tanti. Ognuno con il suo carattere, la sua formazione professionale, le sue esigenze, i suoi tempi.

Mantenere un rapporto proficuo con ognuno è un lavoro degno di un professionista dell’empatia, della comunicazione, della perseveranza e, in molti casi, della pazienza.Può andare tutto liscio, ma anche no.

La fase uno della sopravvivenza, comporta l’analisi del profilo generale: bisogna procedere con piccoli test per capire con che tipo di carattere si ha a che fare.

Scherzoso, formale, amichevole solo in certi casi, pignolo o distratto?

Leggere attentamente le avvertenze, in questo caso, significa studiare bene le reazioni. Le mail possono essere un ottimo campione statistico nel corso dei primi scambi. Come risponde il capo? Stringato? Sciolto? Negativo? Propositivo?

Se Risponde “ok” quando le domande che gli avevate posto erano almeno tre, niente panico. Evitare accuratamente (oltre l’esposizione al sole nelle ore più calde), la replica: “Sì, ma ok a cosa?”. Farebbe innervosire chiunque, alche vostra madre che vi vede tornare a casa senza panni da lavare dopo 6 mesi di ritiro spirituale in Islanda.Procedere piuttosto con una risposta che sollevi il problema, ma non lo metta nero su bianco. Scegliete a quale delle domande vi sta bene l’ “ok”, e procedete con una formula del tipo “bene, quindi procedo con questo questo e quest’altro”.

Assertivi. Poi datevi qualche minuto. Se non arrivano contrordini, via libera. Se arrivassero, saranno certamente più puntuali di prima. E la giornata è sfangata.

Non usate terapie d’urto. Il tono delle conversazioni si può affinare insieme – è pur sempre una relazione – ma bisogna capire bene quando è il caso di calcare la mano, e quando no.

Da evitare: battute da simpa della compa con superiori dall’atteggiamento accademico; risposte secche, frettolose e disattente con chi invece ha sempre un occhio di riguardo (sembrereste scortesi, e se succede, aggiungete, anche in maniera posticcia, una frase di decompressione); abbreviazioni che potrebbero essere fraintese; punti esclamativi a pioggia.Attenzione agli incisi: fate sempre conto che l’interlocutore abbia poco tempo da perdere. Essere prolissi vi farebbe finire direttamente nel cestino, o nel “leggi dopo”, laddove dopo diventerà “mai più nella vita”.

E SE IL CAPO NON RISPONDE? COSA FARE

Innanzitutto, valutare quanto tempo dura l’attesa. Niente smania, niente relax: calcolate il tempo utile che dovreste avere a disposizione per sapere cosa fare del vostro lavoro, e aspettate. Passato quel limite – nel contempo, assicuratevi di esservi mossi anche voi con adeguato anticipo – si aprono le varie opzioni.

Quanti contatti del vostro superiore avete a disposizione?

Iniziare dalla mail, sempre. Non ha senso fare una chiamata che potrebbe essere inevasa costringendovi a mandare comunque una mail. Meglio farlo prima, e non se ne parla più.

Opzione 1: reinoltrare la stessa mail senza aggiunta di testo suona un po’ “oh, ma mi hai letto?”, ma dà l’idea di aver considerato l’affollamento della casella di posta del ricevente.

Opzione 2: mail ex novo, come niente fosse.

Opzione 3: sms. Non è invasivo come una chiamata, tiene conto del fatto che il capo potrebbe non aver controllato la posta, ha buone possibilità di risposta tempestiva. Nel testo, si può fare riferimento alla mail, senza eccedere.

Opzione 4: WhatsApp. Ha il vantaggio di farvi sapere se la comunicazione è stata letta, ma attenzione. È piuttosto personale. Necessita di una certa confidenza.

Opzione 5: Messenger. Il capo/cliente/contatto potrebbe essere in linea, ma questa è più rischiosa dell’im precedente. Serve capire che uso fa l’altra persona del social network. Vi ha già contattato in precedenza con quel mezzo? Se sì, per cosa?In ogni caso, meglio premettere che la scelta è dovuta a ragioni di urgenza.

Opzione 6: chiamata. A meno che il rapporto non sia nato sulla base di una comunicazione vocale assidua, questa è l’ultima cosa da fare se non vi hanno risposto. È incalzante, ma soprattutto potrebbero non rispondere perché sanno di aver già evaso la mail.

Finita qui? Ma quando mai. Ciò che rende un freelance l’equilibrista migliore su piazza, è la capacità di intuire l’altro. Quando il rapporto è consolidato, subentra una parte ancora più difficile. Bisogna capire che aria tira dai gesti veloci, dalle virgole, dall’inclinazione con la quale il dito preme sul tasto “invio”. E lì viene la parte divertente. Se il vostro capo preferito – non diciamoci bugie, ce n’è sempre uno, al massimo due – che di solito ha un fare affabile, se ne esce con una frase più rigida, niente panico.

È come vedere il proprio compagno/a alzarsi col piede storto dal letto, e lascia correre. Se il sintomo persiste, consultare il medico.

Al contrario, se quello che vi è sempre stato ostile, tutto a un tratto si spertica in smile e gentilezze – difficile – non peccate di eccessivo entusiasmo: mantenere la calma per capire quanto dura la bonaccia.

A chi tutto questo avesse generato un’irrefrenabile voglia di contratto a tempo indeterminato: tenersi fuori dalla portata di un solo capo, potrebbe non essere il migliore su piazza.

DILETTA PARLANGELI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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