Elena Rapisardi, esperta di comunicazione dei rischi in emergenza. Oggi le prime informazioni sul terremoto emiliano arrivano da Twitter, con tutti i suoi pro e i suoi contro. Possiamo fidarci?
Come in tutti gli organismi, anche online esistono degli anticorpi pensati per tenere pulito il flusso di informazioni e indirizzarlo nella direzione giusta. C’è anche chi sfrutta il terremoto per ottenere visibilità, mentre c’è chi cerca di dare informazioni utili e coerenti. Succede sempre così, e lo abbiamo visto per alluvioni e nevicate. In questi ultimi giorni su Twitter la discussione intorno all’hashtag #terremoto è evoluta in modo interessante. È stato proposto un altro canale #terremotoserv per fornire informazioni utili, di servizio. La possiamo definire informazione resiliente allo stato puro: messaggi che permettono alla gente di prendere decisioni ed agire in modo consapevole e corretto nella situazione.
Tutto sta nell’avere a disposizione gli strumenti giusti e una comunità di persone che sappiano utilizzarli.
Twitter e le tecnologie mobile sono utili, ma non alla portata di tutti. Il digital divide resta una barriera?
Quando si parla di disastri bisogna considerare il concetto di “ciclo”: esiste un prima, un durante e un dopo. Smartphone, social network e siti Internet sono tutti strumenti utili in tutte le fasi del ciclo. Dalle prime ore del sisma, Twitter ha veicolato in tempo reale informazioni sparse in giro per il Web. Migliaia di utenti hanno raccolto dati dai siti dell’INGV, diffuso link a manuali di autoprotezione e numeri telefonici della protezione civile. C’era anche chi ha fatto circolare un file in formato kml per visualizzare su GoogleMaps le mappe delle faglie interessate.
Ovviamente le tecnologie mobile sono utilissime, ma ad un certo punto è utile raccogliere tutta questa mole di informazione in siti e piattaforme consultabili a distanza di tempo.
Rendere tutte queste informazioni accessibili non rischia di avvantaggiare chi commette atti di sciacallaggio?
Purtroppo crimini del genere si possono sempre verificare, e la colpa non è certo di Internet. Sulla bilancia dei pro e dei contro, il contributo della Rete nella gestione delle emergenze di certo resta positivo. Online si possono gestire marketplace o luoghi di scambio per beni di prima necessità. Costruire piattaforme comuni permette a istituzioni, soccorsi, media, volontari e cittadini di collaborare in modo proattivo e semplice. Su Ushahidi, per esempio, si possono creare mappe su cui chiunque può segnalare dove si trovano i centri di soccorso, le abitazioni danneggiate e quelle sfollate.
Penso anche all’idea di avere un servizio comune dove raccogliere e poter visualizzare su mappa gli esiti delle verifiche di agibilità per gli edifici danneggiati dal sisma. Basterebbe distribuire i dati su una mappa geo-referenziata per snellire tante richieste di informazioni e di darne sulle procedure da seguire. È come se tutti suonassero il proprio strumento musicale con uno spartito davanti. Ma solo suonando insieme sarebbe un’orchestra.