Con gli occhi di Turandot: così il teatro scopre i Google Glass

innovaizone

La Turandot nacque da un incontro a Milano, durante l’inverno del 1920, fra Puccini e i librettisti Adami e Simoni. Per il soggetto si ispirarono ad una delle fiabe teatrali più celebri di Carlo Gozzi (drammaturgo veneziano del Settecento). All’inizio del 1921 Puccini aveva già iniziato la composizione musicale con l’aiuto di un carillon cinese. I primi due atti vennero conclusi nel all’inizio 1924 mentre il terzo atto rimaneva incompiuto con l’aria di Liù «Tu che di gel sei cinta», perché l’autore non riusciva a vederne il logico sbocco drammatico. Tra alti e bassi il lavoro sulla partitura procedeva a rilento e si interruppe definitivamente quando il compositore ebbe i primi sintomi della malattia che l’avrebbe di lì a poco portato alla morte.

Il compositore si sottopose a cure mediche che però non ebbero l’esito sperato. Il suo cuore cedette improvvisamente, portandolo alla morte il 29 novembre 1924. L’opera fu completata in seguito da Franco Alfano sulla base degli schizzi lasciati dall’autore.

La trama. Turandot è un’opera in 3 atti e 5 quadri ambientata in Cina, in un mitico “tempo delle favole”, dove viveva una bellissima e solitaria principessa (Turandot), nella quale albergava lo spirito di una sua antenata violentata e uccisa. Da ciò nasceva l’orrore di Turandot per gli uomini. Il popolo di Pechino e l’Imperatore suo padre (Altoum) le fanno però pressione affinché si sposi. Lei alla fine accetta di sposare solamente il giovane nobile che sarà in grado di sciogliere i tre enigmi da lei proposti: se fallirà, però, morirà.

L’opera si apre con l’ennesima testa che cade, quella del giovane Principe di Persia. Tra la folla è presente in quel momento Calaf, principe tartaro spodestato, che non riesce a resistere alla bellezza di Turandot e decide di provare a risolvere gli enigmi. Fra la folla ritrova il vecchio padre (Timur) e la fedele schiava Liù (da tempo segretamente innamorata di Calaf) che tentano inutilmente di fargli cambiare idea. Calaf si ritrova faccia a faccia con la “bella di ghiaccio” di cui riesce a risolvere tutti e tre gli enigmi. Turandot è ovviamente disperata e Calef le propone a sua volta un enigma: se prima dell’alba la Principessa riuscirà a scoprire il suo nome, egli morirà. Altrimenti diventerà il suo sposo. Turandot, riesce a rintracciare Timur e Liù, ma entrambi taceranno, anzi, Liù sentendo di non poter resistere alle torture a cui la stanno sottoponendo, si suicida.

Alla fine sarà lo stesso Calaf a rivelare alla principessa il proprio nome, ma solo dopo essere riuscito a darle un bacio appassionato. Bacio che sconvolgerà nell’intimo Turandot, la quale andrà con Calaf davanti all’imperatore suo padre ed al popolo, annuncerà trionfante di aver finalmente scoperto il nome dello straniero: “Il suo nome è “Amor”.

Il cambio di prospettiva. Il compositore non si sarebbe mai aspettato che la sua opera avrebbe cambiato prospettiva spostando lo spettatore sopra il palco scenico non intralciando però gli attori. L’obiettivo di Mauro Meli, alla guida del Teatro come Sovrintendente, è quello di utilizzare i nuovi media come mezzi di diffusione per divulgare le produzioni teatrali e i diversi piani di lettura che compongono un’opera lirica. Grazie agli “occhiali di Google” e ad un’applicazione sviluppata nel MediaLab del teatro, è stata messa in scena un’opera raccontata dal punto di vista di chi la realizza. Immagini e video sono stati catturati dai diversi protagonisti dello spettacolo e sono state “postate” sui principali social network. L’incontro con la tecnologia dei google glass ha permesso agli appassionati di immedesimarsi con gli attori diventando per qualche istante veri protagonisti dell’Opera.

La tecnologia. 3 sono stati i device che il teatro lirico aveva a disposizione in comodato d’uso e che ha utilizzato. “All’inizio” ci racconta Alessandra, soprano, che ha indossato i google glass durante la prima del 30 luglio“quando ci hanno proposto la novità non tutti l’hanno accolta bene, ci sono state delle polemiche perché non si capiva bene di cosa si trattasse, si pensava che i google glass dovessero entrare nella vita privata … ed erano in maggioranza le persone che osteggiavano il progetto … poi piano piano il progetto è stato accettato perché si è capito che non si entrava nel nostro privato ma che invece si voleva dare una nuova prospettiva allo spettatore”. Continua Alessandra “durante la prima eravamo in 3 ad indossare gli occhiali io, Barbara (soprano come me) e Giuliana che recitava nella parte dell’ancella, e per gli spettacoli successivi gli occhiali vengono dati ad altri professionisti, a rotazione, di modo da creare più punti di vista”.

Indossare i google glass non è come indossare un paio di occhiali “quando li indossi hai una sensazione strana … non sono come un paio di occhiali normali, sei “sbilanciato” sulla destra dove ci sono i comandi e la batteria. Quando li metti vedi un dado ed attivandoli ti accorgi che questo dado piano piano si trasforma ed inizia a vedere i comandi. Gli occhiali sono semplici da utilizzare ma capirai bene che noi siamo in scena per cantare e cerchiamo di usare gli occhiali nei “nostri tempi morti” di modo da non disturbare lo spettatore in sala. Prima di entrare in scena abbiamo dovuto impostarli e fare delle prove per non far partire inavvertitamente i comandi, sono molto sensibili. Figurati che una volta li ho attivati con un movimento della testa”.

Immedesimazione. Sono stati 400.000 gli spettatori online che hanno seguito la prima e che sono così diventati parte dell’opera e sono state 1.500.000 le visualizzazioni da tutto il mondo. Per lo spettatore a teatro non è cambiato nulla, la percezione è la stessa, a parte il fatto di vedere ogni tanto gli artisti del coro ed i solisti con i google glass. L’immedesimazione cambia dopo, in rete, quando si possono vedere foto e video fatti direttamente con gli occhiali dalla prospettiva dei cantanti. Purtroppo per problemi tecnici non è stato possibile inviare in diretta le immagini degli spettacoli sui social ma in leggera differita. I video erano anche diffusi negli schermi del foyer del teatro.

Ci siamo chiesti se il device marcato google disturbava ed uno spettatore ci ha risposto “a me non hanno disturbato per nulla. Tieni conto che ero in prima loggia per cui non nelle prime file. Ho seguito sulle pagine perché, innamorato della tecnologia come sono, volevo avere informazioni in più. Tutto ciò che la tecnologia fa per migliorare il racconto di un evento, senza lederne efficacia e fruizione, va benissimo”.

Dalle stesse pagine di Facebook si possono leggere i commenti di tutti coloro che hanno assistito all’opera “La Turandot mi ha tanto conquistato il 19 luglio che sono andata a vederla di nuovo. È veramente uno spettacolo!! La musica di Puccini è coinvolgente, il cast ottimo, i costumi bellissimi. Tutto è reso ancora più magico dalla fantastica (in tutti i sensi) scenografia di Pinuccio Sciola”.

L’innovazione portate in scena non è solamente quella dei google glass ma anche nel nuovo allestimento scenografico realizzato da un autorevole artista sardo al debutto nell’opera lirica Pinuccio Sciola con delle strutture che “escono fuori dal teatro e che abbracciano la gente” e che danno emozioni.

Suggerimenti. Alessandra non è solo una cantante ma è anche appassionata di tecnologia e da tempo gestisce un blog musicamore dove fa un po’ quello che i google glass hanno fatto in una sera: racconta la sua prospettiva di cantante ed il dietro le quinte del teatro. “È stata una bella avventura ma devo ammettere che i google glass hanno dei difetti si scaldano molto in fretta ed hanno poca autonomia. Poi il nostro era un esperimento ed abbiamo fatto riprese in base ai nostri tempi morti, ma eravamo senza regia, le riprese sono “slegate” abbiamo cercato di riprendere le parti salienti ma non sempre sono andate a buon fine. Sarebbe interessante che venisse studiato, per il pubblico, una “regia” di modo da cogliere gli aspetti salienti quindi pianificare a monte con il regista teatrale le riprese di modo da far entrare lo spettatore nel palco. Come se fosse in mezzo a noi”

Avanguardia. Oggi il teatro lirico di Cagliari è all’avanguardia dal punto di vista tecnologico a titolo di esempio posiamo dire che l’impianto fonico e delle luci è il più moderno in Italia. Non solo “oggi si può seguire l’opera anche grazie al sopratesto e grazie a questa innovazione siamo riusciti a portare tanti appassionati a teatro. Senza contare che abbiamo diversi programmi educativi per i bambini”.

Attraverso i glass si sono svelati i segreti, i misteri e le tentazioni dell’Opera, ma si è anche riuscito a leggere gli spartiti con i musicisti, gli attacchi del direttore, le scenografie muoversi e tanti altri segreti, insomma attraverso i google glass anche noi (gli spettatori) siamo saliti sul palco.

La fondazione Teatro Lirico di Cagliari è la prima istituzione lirica al mondo ad aver creato un Centro di Ricerca e Sviluppo Tecnologico, ed aver dato vita ad uno spazio di co-working aperto alla collaborazione tra professionisti della comunicazione, studenti, ricercatori, imprese creative, centri di ricerca e associazioni.

Il progetto dei google glass è stato sviluppato da TSC Lab, partner del MediaLab dello stesso Teatro e Google Enterprise

Le innovazione targate teatro lirico non sono ancora finite.

21 agosto 2014Alessandro LigasReblog da Trasferimentotec.wordpress.com

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

What do you think?

Scritto da chef

innovaizone

Perché il decreto legge sulla scuola approvato ieri è un passo avanti

innovaizone

Truecaller, il segreto del successo in cinque mosse. Tutte social