Spesso si pensa che i FabLab e la fabbricazione digitale siano argomenti talmente avanzati da interessare soltanto centri di ricerca, fabbriche, moderni laboratori, grande industria. In realtà è facile che si trovino nei luoghi più diversi, come il castello dove si trova il FabLab di Amsterdam. Spesso si trovano in contesti rurali, come nell’istituto Vigyan Ashram a Pune (India), addirittura uno dei primi FabLab (che potete visitare con questo video). Ed è proprio l’intersezione tra fabbricazione digitale, condivisione e Open Source e mondo rurale che vi voglio raccontare in questo articolo.Uno dei progetti più interessanti a riguardo è il Valldaura Labs, sviluppato dallo IaaC (Institute for Advanced Architecture of Catalonia) (già promotore del FabLab Barcelona). Si tratta della ristrutturazione di edificio storico presente in un parco naturale sulle montagne intorno a Barcellona.Questo spazio verrà usatonon solo per sviluppare progetti per il territorio ma anche per studiare come renderlo autosufficiente e sostenibile per la produzione di cibo, energia e manufattiPer questo motivo è dotato di un FoodLab, un EnergyLab e di un Green FabLab.
L’idea è quella di creare e gestire le risorse naturali per lo sviluppo di progetti, e al contempo sviluppare progetti per creare e gestire le risorse naturali. Far crescere un albero, seguire il suo ciclo di vita con sensori e dati digitali, tagliarlo per costruire mobili attraverso la fabbricazione digitale, e utilizzare altri strumenti e sensori per farne crescere un altro e così via. Un grande passo in avanti, insomma, per capire come rendere i FabLab sostenibili, e per capire come utilizzarli per rendere sostenibili le comunità locali, comprese quelle rurali.
Progetto di architettura idroponica del Mediterranean SustainableLab
In realtà questi casi non sono presenti solo all’estero: anzi molti arrivano anche dall’Italia. Uno di questi è il Mediterranean Sustainable Lab, organizzato dal Mediterranean FabLab a Cava de’ Tirreni (Salerno).
Qui si stanno studiando, in collaborazione con la comunità locale e con l’Università di Salerno, progetti utili a capire come il trasferimento tecnologico possa migliorare il territorio e renderlo più sostenibile. Il tutto come base di partenza per la creazione un futuro biolab che unirà biologia, agricoltura e fabbricazione digitale: mondi che si avvicinano sempre di più, separati solo dalla mancanza di strumenti economici che però sono in costante sviluppo. Amleto Picerno Ceraso ha già raccontato a CheFuturo! della cornice teorica del progetto: vari temi si uniscono alla fabbricazione digitale, come ad esempio il downshifting (come si vede dalle esperienze dirette dei partecipanti). Il Mediterranean Sustainable Lab collabora anche con il vicino Rural Hub di Alex Giordano, una rete di ricercatori, attivisti, studiosi e manager interessati a innovazioni sociali ed economiche per il mondo delle nuove imprese rurali.
L’iniziativa ha sviluppato vari progetti, tra cui workshop strutturati secondo le quattro stagioni e allargati alla comunità del territorio lungo tutta la filiera agroalimentare, per poter raccontare e connettere le persone sul territorio, farle condividere conoscenza ed esperienza e per mettere infini a sistema le risorse naturali locali. Un esempio è quello dei componenti architettonici stampati in 3D destinati all’agricoltura idroponica (e con il supporto di sensori per il monitoraggio ambientale).
Siamo a un passo dalla sinergia tra manufatti architettonici di design e organismi vegetali, entrambi pensati come strumenti per abbattere i costi della sostenibiltà e per migliorare la qualità della vita locale
Questi workshop sono stati fatti anche in collaborazione con WASP, uno dei principali produttori di stampanti 3D italiani. Il percorso del Mediterranean Sustainable Lab può essere inoltre seguito anche sulla sua pagina Facebook. Uno dei campi d’azione di WASP riguarda la costruzione di stampanti 3D in grado di stampare strutture architettoniche in argilla: un altro caso di fabbricazione digitale per contesti rurali.
Non solo: ci sono anche progetti per portare il mondo rurale e l’agricoltura anche in contesti urbani, come MEG, ad esempio. Una tecnologia totalmente made in Italy per creare una serra digitalizzata e completamente open source, che ci aiuta a coltivare al meglio (anche in condizioni e contesti difficili) ogni tipo di pianta e condividere in tempo reale le informazioni con altri agricoltori.
Dopo 3 anni di sviluppo (anche in collaborazione con MakeInBo, il FabLab di Bologna), il progetto è stato selezionato per la realizzazione di modelli specifici da installare nella metropolitana di Milano durante i mesi dell’Expo 2015. Questi modelli, dopo una campagna di crowdfunding, sono ora in fase di sviluppo assieme al FabLab/Makerspace Opendot. L’Expo servirà anche, quindi, per costituire e consolidare ulteriori reti progettuali, e per studiare e far capire come attraverso le tecniche di fabbricazione digitale e le strategie open source sia possibile coltivare delle piante persino sottoterra.
E poi ci sono molti altri progetti Open Source nel campo dell’agricoltura digitale e collaborativa, come Horto Domi o OpenFarm (lanciato anch’esso su Kickstarter), a riprova che il fenomeno è in costante sviluppo e che renderà la nostra vita non solo più semplice ma anche più sostenibile.
MASSIMO MENICHINELLI