Da quest’anno presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione di Milano (IULM) è partito il primo indirizzo in Digital Marketing Management dell’ormai storico corso di laurea Magistrale in Marketing, Consumi e Comunicazione coordinato dal Professor Guido Di Fraia.
È da un po’ di anni che ho il piacere di condividere con Guido e lo IULM percorsi di ricerca sui temi di frontiera del nuovo marketing e della comunicazione contemporanea.
Tuttavia da quest’anno ho l’onore di seguire un corso che mi sta molto a cuore che sembra davvero tagliato su misura per quelli che sono i miei interessi di ricerca degli ultimi tempi: Società delle Reti e Societing.
Sono davvero grato a Gianni Canova, Preside della Facoltà di Comunicazione, Relazioni pubbliche e Pubblicità (molti di noi lo conosceranno come critico cinematografico e fondatore del mensile di cinema e cultura visuale Duel), a Guido ed a tutta la crew dello IULM per aver avuto la lungimiranza di dedicare un corso quasi propedeutico al percorso di studi che i ragazzi dovranno affrontare nei due anni di specialistica.
Un corso che cerca di indagare da diversi punti di vista (economico, sociologico, antropologico, filosofico) i cambiamenti epistemologici determinati dalle evoluzioni sociali in corso al fine di fornire ai ragazzi strumenti critici per interpretare i fenomeni socio-economici in mutamento riuscendo a risemantizzare le loro competenze non solo in ottica manageriale ma anche e soprattutto sulla via dell’innovazione sociale.
La tecnologia connette gli individui all’informazione, alle altre persone e agli oggetti in modi sempre più efficienti ed intelligenti. Questo cambia le modalità di consumo, di socializzazione, di mobilitazione e questo avviene in un’economia globale, dove i mezzi di produzione sono sempre più decentralizzati, dove il libero accesso è più pratico della proprietà.
Nel corso, organizzato come un laboratorio permanente dove i ragazzi sono stimolati a lavorare in gruppo ed a concepirsi come una comunità che opera in classe ma anche, e soprattutto, attraverso le più disparate piattaforme di comunicazione (multimedia, social network, mobile…) , cerchiamo di far emergere le domande fondamentali che devono porsi le imprese del futuro per avere non solo un successo di mercato, una un vero e proprio senso nella Società.
Cosa è cambiato nella nostra psicologia di condivisione?
È ancora il denaro l’unica valuta, o forse è ancora solo la più considerata?
Come il web e le varie tecnologie real-time e mobile possono continuare ad alimentare forme diverse di economia?
Quali sono gli spazi di opportunità per i manager ed i futuri imprenditori della condivisione nella società delle reti?
Come diventare un brand WE-Based?
La crescita delle attività di sharig suggerisce un clima nuovo in cui sempre di più la gente si aspetta che le imprese permettano loro di migliorare la propria vita e quella delle proprie comunità.
Questo atteggiamento è premiante: le aziende infatti che riescono a fare scelte più sostenibili, volte a migliorare la qualità delle vite dei suoi pubblici di riferimento, beneficiano della diffusione spontanea del proprio verbo tra i suoi pubblici.
Attività amplificata dalle potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione che rendono plausibili modelli di marketing non basati esclusivamente su scambi economicistici (focus sul momento delle vendita, della transazione economica) ma che possano mettere a sistema anche altre monete come la reputazione, la fiducia ed il valore di legame tra gli utenti qualora la marca (o l’azienda, o l’imprenditore stesso) riesce a concepirsi come una piattaforma di socializzazione.
In questa ottica il Market-ing diventa Societ-ing.
Per questo lo scopo di questa prima esperienza di classe con il corso di Società delle Reti e Societing è anche fortemente orientata ad individuare, organizzare e misurare l’impatto sociale delle imprese.
Compresa, anzi preferita, la possibilità di misurare il senso e l’impatto sociale delle StartUp proprio per evitare – come ci mette in guardia l’amico/collega/fratello Salvatore Iaconesi – che “gli startuppari diventino un prodotto, bello impacchettato e non degli imprenditori”. Il rischio c’è ed è palese.
Ed è proprio per dare gli strumenti critici ai giovani neo-imprenditori sociali del futuro, per non finire ad essere merce nuova in un mercato vecchio, che ci è piaciuto giocare a riflettere sulle possibilità offerte da una cultura della condivisione, su una economia delle relazioni che, almeno virtualmente, rende possibile trasformare in denaro qualsiasi cosa: conoscenze o abilità specializzate, beni usati e reti sociali, passioni o tempo libero. (non è un caso che molti dei nuovi modelli di business emergenti in rete sono fondati sul baratto – non scambi monetari – e sullo scambio di tempo e responsabilità).
Per questo abbiamo deciso di farci un regalo e di farlo a tutti i giovani italiani traducendo l’ebook “SHARE OR DIE – voci di una generazione smarrita in tempo di crisi” curato da Malcol Harris e Neal Gorenflo del magazine Shareable con una prefazione di Cory Doctorow.
Libro cult che raccoglie una serie di testimonianze positive di giovani che sono riusciti a rispondere al fallimento del presente mettendo in gioco le loro passioni, i loro talenti, la loro creatività. Giovani che stanno facendo prove generali di futuro sostituendo, ad esempio, la parola “proprietà” con la parola “accesso”, la parola “acquisti” con la parola “scambio”.
In un corso di studi che si definisce innovativo ci è sembrato doveroso affrontare i problemi da questo punto di vista: dal momento che il mercato del lavoro tradizionale non riesce a soddisfare le esigenze di così tanti giovani, gli stili di vita che in passato rispecchiavano i nostri genitori non sono più adottabili dalle nuove generazioni.
Ciò è da intendersi sia in termini di vite condotte all’ insegna del consumismo sia in relazione agli habitat a cui hanno dato origine.
Tradurre e distribuire gratis nella rete questo libro è stato un modo per confrontarsi con storie che affrontano in maniera diversa i problemi del presente, consapevoli che c’è molta rabbia e disillusione in questo libro, e c’è un po’ di cieco ottimismo e più di un po’ di ingenuità.
Quello che , però, più di qualunque altra cosa ci è piaciuto e che ci fa piacere condividere è che questo è un libro di realistica speranza, un libro che mette in mostra la creatività di persone riflessive che stanno imparando che ci sono percorsi alternativi per la felicità, che la ricchezza è più dei soldi e che la connessione è al centro della comunità, non importa se passa attraverso un mondo virtuale, una rete sociale o ad una interazione faccia a faccia.
La condivisione non è solo una strategia intelligente, è necessaria per la nostra sopravvivenza come specie.
Questo è sempre stato così, ma oggi la nostra condizione è particolarmente grave – stiamo usando il 50% in più delle risorse naturali all’anno di quelle che la terra può rimpiazzare. Sia la popolazione globale sia il consumo pro-capite stanno crescendo. E credo sia palese per tutti che ormai ci sia la necessità di condividere su scala globale velocemente, o si muore.
Ma la minaccia non è solo una morte biologica.
E lo abbiamo sperimentato proprio nelle nostre “civiltà evolute” dove ci siamo convinti che lo star bene sia un affare privato e e che fosse possibile porre un muro tra noi e il resto dell’umanità attraverso il consumo e la proprietà, dove non c’è nessun pericolo di morire di fame ma affrontiamo quotidianamente una inesorabile morte spirituale.
Noi non possiamo né sopravvivere né vivere bene a meno che non condividiamo.
E la nostra irriverente speranza è che le giovani voci di questo libro facciano risvegliare anche nei giovani italiani l’idea che la condivisione può salvare loro stessi ed il mondo.
Scaricate qui gratuitamente la versione italiana di “share or die”, condividi o muori.
Ad maiora!
Alex Giordano