Da poco è sceso il sipario su Expo Milano 2015, per sei mesi abbiamo passeggiato tra le eccellenze che ognuno dei paesi partecipanti ha messo in mostra. Ma quanti di noi hanno compreso i motivi che hanno portato Be Hive, il padiglione del Regno Unito, a vincere il «Premio internazionale per le architetture di Expo Milano 2015» nonostante si trattasse quasi dell’antitesi del padiglione tipico?Se da un lato appare evidente il valore estetico e spaziale dell’opera, da progettisti vogliamo riflettere sulle ragioni profonde di questa vittoria, ponendo l’accento sui suoi aspetti tecnologici e interattivi in relazione al cosiddetto swarm behavior.(1)
Quello che ha colpito è stata la capacità dello scultore Wolfgang Buttress, autore del padiglione, di mettere a sistema con una straordinaria sintesi poetica, natura, creatività, scienza e tecnologia partendo da una crisi globale e indicando la strada per trasformarla in opportunità di crescita, ma entriamo nello specifico.
Un mondo senza le api
Vi siete mai chiesti cosa succederebbe se non ci fossero le api ad impollinare?
Si tratta di un problema reale che conosciamo col nome di sindrome dello spopolamento degli alveari (SSA), una diminuzione improvvisa della loro popolazione iniziata in America nel 2007 e successivamente osservata anche in Europa e in altre parti del mondo. La causa sembra essere legata alla notevole sensibilità di questi insetti ai fattori ambientali. Se da un lato essi sono delle ottime sentinelle nei confronti dello stato di salute del nostro pianeta, dall’altro sono particolarmente esposti ai rischi derivanti da una profonda modifica del loro habitat di cui l’uomo è in gran parte responsabile.
Se il declino degli impollinatori selvatici continua, corriamo il rischio di perdere una parte consistente della flora mondiale.
(Ollerton et al, 2011).
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Una stima dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), indica come il contributo dato dai piccoli insetti vada ben al di là della semplice produzione di miele e altri prodotti alimentari e che la loro importanza è nei servizi ambientali che svolgono. Infatti delle cento specie di colture che forniscono il novanta per cento di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api. Ciò fa sì che la loro salvaguardia sia oggi al centro di numerosi studi e iniziative che vedono il Regno Unito in prima linea.
La sfida vinta dal progettista è stata quella di trasmettere questo messaggio attraverso l’arte e il design
E l’ha fatto coinvolgendoci in una esperienza immersiva, attraverso un’opera dal tono volutamente dimesso che ha al centro il paesaggio.
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Il nostro viaggio all’interno del padiglione inizia attraversando a piedi un frutteto di meli e peri inglesi, e prosegue con un prato di fiori selvatici. Il percorso si sviluppa in trincea, infatti a contenere il frutteto è un muro che fornisce contenuti digitali attraverso un centinaio di schermi, mentre il prato è arginato da elementi in acciaio corten in cui sono ricavati i punti di sosta. Qual è il senso di questa scelta?La sua valenza è duplice: sul piano sensoriale assumiamo il punto di vista di un’ape nel suo viaggio verso l’alveare. Tale parallelismo ci spinge poi a una riflessione anche sul piano sociale e politico,
il risultato è la presa di coscienza delle nostre potenzialità come sciame sociale nell’era dell’informazione.
È con questa consapevolezza che proseguiamo la visita per essere accolti dall’alveare, fulcro di tutto il progetto. Esso si presenta come una grande sfera cava all’interno di un cubo reticolare alto 17 metri per la cui realizzazione è stato fondamentale il coinvolgimento del team di ingegneria di fama internazionale Stage One. La progettazione esecutiva dell’alveare è stata mirata all’ottimizzazione strutturale attraverso un’attenta analisi parametrica affinché fosse mantenuta una perfetta combinazione di forma e struttura.
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La grande architettura-scultura è composta da 169.300 parti in alluminio, caratterizzate da lievi variazioni, che sono state fabbricate in uno stabilimento di York. I componenti sono stati pensati per essere assemblati successivamente a Milano con un processo di costruzione layer-by-layer in trentadue strati orizzontali. Tale approccio ha permesso di rispettare il budget e i tempi di costruzione, fatto che ha costituito un ulteriore punto di forza del progetto.
Il risultato dei processi di progettazione e realizzazione è che le cinquanta tonnellate della struttura sembrano svanire quando vi entriamo e ci muoviamo sospesi sul pavimento vetrato da cui ammiriamo con una prospettiva unica il suo pulsare di luci e suoni, grazie al quale si ha l’impressione di assistere al volo di un’intera colonia di api, in un atmosfera in cui l’interattività gioca un ruolo chiave, infatti ad ogni luce corrisponde un abitante di un vero alveare che si trova a Nottingham.
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The wisdom of the crowds e i vantaggi della cooperazione
A guidare questa scelta una delle fonti di ispirazione del padiglione, ovvero la ricerca del professor Martin Bencsik docente di Fisica presso la Nottingham Trent University, il quale, nell’ambito del progetto “Swarmonitor” finanziato dall’UE, ha sviluppato un innovativo sistema che consente il monitoraggio a distanza degli alveari attraverso la decodificazione dei dati vibrazionali provenienti dall’alveare e raccolti attraverso accelerometri. Ciò che è emerso da queste ricerche è l’esistenza di segnali specifici in riferimento a varie patologie. In particolare è stata identificata una precisa gamma di ampiezza delle vibrazioni corrispondente al fenomeno della “sciamatura” (abbandono del nido da parte delle api) che rappresenta uno dei sintomi più gravi dello spopolamento e che è possibile, grazie a questo sistema, prevedere con largo anticipo in modo da evitare invasive e dannose ispezioni dell’alveare.
Con straordinaria abilità il progettista è riuscito a comunicare il dato scientifico trasformandolo in un momento di struggente poeticità attraverso un design essenziale, e con un uso sapiente delle tecnologie digitali a cura dell’agenzia creativa Squint/Opera della cui collaborazione si è avvalso Buttress. L’informazione pervade come una presenza discreta l’intero padiglione, dagli schermi da “scoprire” celati nei ritagli dei muri in corten, al dispositivo di vibrazione ossea, attraverso il quale possiamo “sentire” le diverse vibrazioni emesse dalle api mordendo l’estremità di un bastoncino.
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Al centro dell’alveare la nostra esperienza arriva al culmine e con uno sguardo che va oltre la sensibilizzazione sui temi ambientali siamo spinti a porci un interrogativo: Quali importanti insegnamenti di carattere sociale possiamo trarre dai meccanismi di scambio delle informazioni, rilevati all’interno del mondo naturale e nel caso specifico dal comportamento delle api?
Cooperare per competere meglio e sopravvivere
Già nella prima metà del ‘900, gli studi dell’etologo austriaco Karl Von Frisch, avevano messo in evidenza l’esistenza di una forma di linguaggio in grado di rappresentare simbolicamente un messaggio complesso, fatto di informazioni precise e dettagliate, da parte di organismi “semplici” come gli insetti, rivoluzionando il mondo dell’etologia e gettando le basi di quelle ricerche in campo informatico che hanno portato alla definizione della Swarm intelligence, con cui spieghiamo diversi fenomeni emergenti nella società dell’informazione e che trova numerose applicazioni nel campo della robotica e dell’intelligenza artificiale.
L’intelligenza dello sciame definita nel 1988 da Gerardo Beni, Susan Hackwood e Jing Wang è la “proprietà di un sistema in cui il comportamento collettivo di agenti (non sofisticati) che interagiscono localmente con l’ambiente produce l’emergere di pattern funzionali globali nel sistema”.Caratteristica principale di questo tipo di intelligenza è l’auto-organizzazione. Posto che ciascun individuo possiede capacità limitate che non gli permettono di conoscere lo stato globale del sistema, i suoi comportamenti sono conseguenza di uno scambio di informazioni a livello locale in assenza di un ente coordinatore. La soluzione di problemi relativi all’intera colonia emerge dunque dall’insieme di un gran numero di interazioni semplici tra i singoli individui.L’analogia tra questi meccanismi e le dinamiche che viviamo ogni giorno in rete sono straordinarie, in particolare dopo l’avvento del web 2.0.
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Le teorie sulla swarm intelligence sono ad esempio alla base dei servizi di advertising personalizzato come Google AdWords e Google AdSens di cui, come utenti di social network come Facebook, abbiamo esperienza, ad esempio:
possiamo facilmente notare come il contenuto dei banner pubblicitari sia regolato sulla base delle ricerche effettuate anche su altri siti oppure sulle preferenze dei componenti della propria rete sociale.
Tale fenomeno rientra nel più ampio concetto di crowdsourcing, termine che nasce dalla fusione di crowd, “folla”, e outsourcing, “esternalizzazione di alcune attività”.
Da mera strategia di business, evoluzione del ben noto passaparola, il crowdsourcing sta rivoluzionando anche il nostro modo di costruire conoscenza.L’uso di servizi come Wikipedia o Yahoo Answers −solo per citare i più diffusi− la cui caratteristica principale è di vivere del contributo volontario di milioni di utenti, ci pone di fronte a un nuovo modello cognitivo che ha la sua chiave nei contenuti generati dagli utenti.Tali contenuti innescano dinamiche di tipo stigmergico, concetto ancora una volta preso in prestito dalla biologia secondo cui l’alterazione dello stato ambientale da parte di un individuo diventa stimolo per gli altri individui. Tale approccio rappresenta una nuova frontiera per un problem solving basato sulla connessione partecipativa il cui potenziale maggiore è la formazione di una cittadinanza attiva.
Se ci chiedessimo quale sia la sensazione che rimane alla fine di questo viaggio nel padiglione, la risposta non può che essere la consapevolezza che ciascuna delle nostre azioni è parte di un agire comune, che trova nella condivisione delle informazioni e nella cooperazione le chiavi di un nuovo modello di sviluppo responsabile.
DAVIDE MOTTA ; nITroSaggio
DIDA IMMAGINI1, 2, 3, 4, 5, 7. Wolfang Buttress, Padiglione Regno Unito presso Expo Milano 2015 ©Hufton+Crow (immagini tratta dal sito: http://www.huftonandcrow.com/)6. Dispositivo di vibrazione ottica. Squint/Opera, Padiglione Regno Unito presso Expo Milano 2015 (immagine tratta dal sito: http://www.squintopera.com)