In principio era il Bitcoin. Tutti ne hanno parlato. Tutti ne hanno scritto. Tutti lo conoscono. La criptovaluta che permette di effettuare transazioni economiche senza passare da intermediari bancari ha diviso da subito chi l’ha conosciuta in due fazioni: entusiasti e detrattori. E questi ultimi sono di più. Bitcoin non gode di una grandissima reputazione. Dubbi sono stati avanzati su chi la utilizza, sui beni che si possono comprare con i coin (tutti, anche illegali). Eppure la tecnologia che ne permette l’utilizzo sta accendendo negli ultimi mesi gli entusiasmi di molti. Il protocollo si chiama Blockchain, o catena di blocchi. Ma Bitcoin e Blockchain non sono due cose troppo diverse. Molti anzi usano i due termini come sinonimi.
L’entusiasmo divampato in tempi recenti è dovuto al fatto che si è scoperto che la Blockchain ha una gamma di applicazioni tendenzialmente infinite.
Può permettere a qualunque persona, o gruppo di persone, di collaborare, intessere relazioni lavorative, professionali, contrattuali, senza dover fare appello ad un’autorità centrale che ne sancisca la validità. Immaginate quello che fa Bitcoin per i pagamenti di beni e servizi. Solo che la Blockchain può essere applicata a tutto ciò che necessita che una relazione, uno scambio, sia garantito. Notai. Istituzioni. Esperti d’arte. Proprietà intellettuale. Elezioni politiche. Insomma tutto ciò che ha a che fare con l’uomo nelle sue relazioni con altri uomini. A pensarci, possiamo definire la Blockchain come una macchina perfetta, un algoritmo inattaccabile, che genera e garantisce fiducia tra le persone in una comunità.
Blockchain, illustration by Cinzia Franceschini
E’ la Blockchain la vera forza di Bitcoin.
Perché nella Blockchain sono registrate tutte le transizioni fatte in Bitcoin dalla prima volta che è stato utilizzato (2009) ad oggi. Un libro contabile aperto, e controllabile da tutti. Tutti possono controllare la Blockchain. Ma nessuno la può possedere. La ragione è che ogni transizione deve essere approvata dal 50% più uno dei nodi della catena di blocchi. Concetti che possono sembrare complessi, ma che proveremo a spiegare passo passo.
IL MISTERO DELLA NASCITA DI BITCOIN
A pensarci, la cosa più incredibile è che la nascita di Bitcoin (e della Blockchain) sia ancora avvolta nel mistero (qui un’utile timeline sulla storia di Bitcoin). Non si sa chi, non si sa quanti, non si sa come siano riusciti il 16 agosto 2008 a creare e una moneta virtuale che molti hanno paragonato alle invenzioni più importanti degli ultimi 100 anni, insieme a quelle di Einstein e Von Neumann.
Di Bitcoin, e del protocollo che ne rende possibile l’utilizzo chiamato blockchain, si è scritto parecchio. Libri, saggi, migliaia di articoli che ne hanno raccontato la perfezione matematica, analizzato le implicazioni politiche, sociali, economiche. Bitcoin è nato nel cuore dell’era dell’informazione, eppure avere informazioni sulla sua paternità è impossibile. La sua origine oggi più che mai è leggenda.
5 PAROLE CHIAVE PER CAPIRE COS’E’ LA BLOCKCHAIN
Alla base del Bitcoin c’è un meccanismo a tratti vertiginoso. Complesso. Forse troppo perché possa essere stato partorito da una mente sola, quella, pare, di Satoshi Nakamoto (abbiamo raccontato la sua storia qui), un programmatore di cui non si sa nulla. Ma è un pezzo della leggenda e non possiamo che lasciarlo lì.Oggi i Bitcoin sono accessibili a tutti. Lo usano circa 4 milioni di persone nel mondo (per avere un metro di paragone, Facebook lo usano 1,5 miliardi). Per ottenerli e cominciare ad acquistare con la criptovaluta ci si può rivolgere a società di trading che convertono i vostri soldi in Bitcoin, creandovi un wallet (portafogli) di moneta virtuale. Oppure acquistarli da chi ne ha e ne vuole vendere in cambio di contanti o ricaricando una carta prepagata. Certo è che per usarlo e decidere di comprarne bisogna capirlo bene. Per chi non sa come funzioni esattamente una catena di blocchi, proveremo a spiegarlo in 5 concetti chiave. Chi la conosce già bene può andare oltre.
1. RETE
E’ una rete. Una rete peer-to-peer (una rete tra pari) di computer. Per capire come funziona, pensate a Napster, il servizio per la condivisione di file musicali. E come in tutte le reti peer to peer all’interno si scambiano informazioni. Bitcoin di fondo altro non è che un’informazione. Un file, se vogliamo, che ha un controvalore economico che permette a chi lo possiede di comprare beni e servizi all’interno della rete. Più è grande il numero degli utilizzatori più aumenta la possibilità di usarlo. Difficile stabilire quanti siano. Oggi ce ne sono in giro circa 14.662 milioni.
Il numero delle monete crescerà fino al 2140 quando saranno diventate 21 milioni. Poi si esauriranno.
E nella rete verranno scambiati beni e servizi solo con quei 21 milioni di Bitcoin, il cui prezzo dovrebbe tendere a salire. Ma a garantirne l’utilizzo anche per transazioni minori è la sua capacità di avere fino a 8 decimali (0,00000001). E quando i Bitcoin saranno esauriti i decimali potrebbero anche aumentare, per garantire transazioni più basse. Un bene come l’oro, finito, e infinitamente divisibile.
2. BLOCCHI
Chi mette in circolo i nuovi Bitcoin? Alcuni attori di questa rete sono professionisti che sfidano a risolvere i codici che proteggono nuovi Bitcoin. Si chiamano blocchi e formano una catena. Una catena di blocchi, appunto. Chi è in grado di farlo è chiamato miner – vedete questo video, girato a Dalian, Liaoning, Cina, considerata da molti la capitale dei miners per capire come vivono. Miner, minatore. I primi miner avevano un compito relativamente facile. Appena nato il Bitcoin non aveva alcun valore e così è rimasto per qualche anno. Il codice che lo proteggeva era piuttosto semplice. «Allora i bicoin li regalavamo, io stesso ne ho regalati diversi» ricorda Stefano Pepe, italiano che sta lavorando ad una startup proprio sulla blockchain, in fase di sviluppo in queste settimane in Silicon Valley. «Le cose col tempo si sono andate complicando e oggi occorrono macchine enormi con una potenza di calcolo incredibile per risolvere i codici che lo proteggono. La complessità dei codici che proteggono un blocco (e quindi i bitcoin contenuti in esso) aumenta ogni 2 settimane. La complessità aumenta se il tempo impiegato a risolvere il codice tende a diminuire, diminuisce la complessità se invece aumenta il tempo necessario ai miner. Basta che il risultato sia un blocco risolto ogni dieci minuti.
Sbloccare un blocco della catena libera oggi 25 Bitcoin. Vuol dire che ogni blocco liberato dà a chi lo libera un premio di 25 Bitcoin. Quindi circa 6 mila dollari (un Bitcoin nel 2015 ha avuto un prezzo in media di 250 dollari). Se da protocollo viene liberato un blocco di Bitcoin ogni 10 minuti circa, vuol dire che ogni giorno vengono liberati circa 1.4 milioni di dollari in Bitcoin. 30mila dollari per 25 bitcoin ogni dieci minuti.
Cosa garantisce il timing? L’algoritmo stesso che è alla base della blockchain.
Forse la sua soluzione più geniale di tutte. Più aumentano i player e la loro potenza di calcolo, più si fa complesso. Autonomamente. E garantisce da solo l’equilibrio interno al sistema. Oggi sono circa 300K i blocchi risolti. «Se vogliamo è la prima applicazione concreta del concetto di intelligenza artificiale», spiega Pepe.
3. NODI
Sono le parti della rete che garantiscono la correttezza delle transizioni. Ed è la parte più politica, se vogliamo, del Bitcoin. Se prima a garantire i passaggi di denaro o di beni erano istituzioni come le banche o i notai, qui il terzo elemento garante sono loro. Un notaio diffuso, una banca centrale disseminata nell’Internet. Pensateli pure come i libri contabili inventati da Luca Pacioli, l’economista toscano vissuto nel XVI secolo che ha inventato la partita doppia che ancora oggi usiamo.
Sono registri che contengono tutti i passaggi di monete da un capo all’altro della rete.
Da dove arrivano i soldi e dove vanno. Questi nodi devono garantire che tutto sia a somma zero. Sono circa semila oggi. Chiunque può diventare un «nodo» scaricando un programma e l’intero libro contabile di tutte le transizioni in Bitcoin che avvengono nel mondo e controllarne l’autenticità.
Si scarica un client Bitcoin Core, si avvia sul proprio computer, e si scarica tutta la blockchain. In quel momento si diventa un nodo della rete Bitcoin, proprio come scaricando eMule, per chi lo ha usato, si diventava un nodo della rete Kademlia. I client Bitcoin Core condividono la Blockchain. Tutto il sistema è open. Aperto e controllabile da chiunque. Ma perché uno si dovrebbe mettere a controllare la bontà delle transizioni? Perché magari si posseggono Bitcoin, perché è un controllo fatto da chi li ha e non vorrebbe perdessero valore a causa di un bug o di una truffa. O spesso si tratta di siti che offrono questo come servizio. C’è sempre un ritorno economico di qualche tipo nella catena di blocchi.
4. SICUREZZA
La sicurezza è il vero valore di Bitcoin. Perché uno dovrebbe mollare contanti e carte di credito per farsi un wallet in Bitcoin altrimenti. Bitcoin ha dimostrato di poter essere una rete sicura di pagamento in grado di garantire da un lato transizioni corrette e verificate grazie ai nodi, dall’altro anonimato e protezione dei dati. E’ per questo che fa gola.
Fa gola a chiunque voglia per qualche motivo tenere riservati i propri dati.
Sono i nodi (e minatori, che spessissimo sono anche nodi) a garantire la sicurezza di tutto il sistema. Sono loro e i loro registri inattaccabili a garantire che con una moneta non vengano fatti più di un pagamento. Il problema più antico di ogni moneta: doppi pagamenti e contraffazione. Il Bitcoin non si può contraffare. E non si può pagare due volte con la stessa quantità di valuta (o se volete con la stessa stringa di codice visto che non è una valuta materiale). Il sistema non lo permetterebbe e poi non lo consentirebbero i guardiani della rete. Ma loro perché lo fanno? Sono benefattori dell’umanità? No, affatto. Bitcoin non è roba da buoni samaritani. Ed è questa un’altra intuizione geniale della criptomoneta. Che è basata su un sentimento umano e antichissimo: l’avidità.
5. AVIDITA’
A miners e controllori conviene che sia tutto sempre perfetto e inattaccabile perché è il loro lavoro e la loro fonte di guadagni sempre più lauti. La correttezza di Bitcoin è quello che tutti gli attori della rete di pagamenti vogliono, perché ogni passaggio che controllano e verificano dà loro una piccola percentuale in bitcoin per il lavoro svolto. Una fee in Bitcoin. Che è la moneta con cui vengono retribuiti per il loro lavoro. Se lo facessero male i loro guadagni si assottiglierebbero. E se crollasse la rete si azzererebbero.
«Ogni transizione deve essere data per buona dal 51% dei nodi della rete. I possessori dei registri controllano tutto, e questo garantisce una velocità delle transazioni impossibile per un istituto di credito» spiega Franco Cimatti, della Bitcoin Foundation Italia. E’ l’avidità che rende perfetto Bitcoin. E inattaccabile la Blockchain. Avidità e perfezione del protocollo. Il gioco di Bitcoin è tutto qui.
CRITICITA’: CHI GARANTISCE LA BLOCKCHAIN?La risposta alla domanda chi garantisce che nessuno possa controllare la catena di blocchi e quindi falsifichi il meccanismo del 51% è semplicemente, nessuno. Ovvero. A nessuno converrebbe investire così tanti soldi da comprare i nodi per controllare un volume di scambi nella rete inferiore all’investimento stesso. E una volta scoperto, beh chi userebbe più il Bitcoin? Quindi cercare di controllare la rete è inutile. La catena si bloccherebbe. Il valore di Bitcoin diventerebbe nullo, o quasi, e controllarlo non avrebbe alcun premio. Impossibile dire che non possa succedere, ma potrebbe trattarsi solo di qualcuno con un portafogli enorme che butterebbe una quantità enorme di denaro (si tratta ci centinaia di milioni di dollari) per far saltare Bitcoin. BITCOIN NON E’ CHE LA PUNTA DELL’ICEBERG(DI CUI NON POSSIAMO VEDERE LA FINE)
Recap. Bitcoin è la moneta. Blockchain è il protocollo che ne rende possibile e sicuro l’utilizzo. Cercare di capire chi sia nato prima è un po’ scervellarsi nel chick and egg problem. Diciamo che sono connaturati, e oggi vengono usati come sinonimi. Ma la Blockchain è un protocollo aperto, scaricabile, fruibile e replicabile da chiunque per qualsiasi applicazione. E’ l’essenza della filosofia peer-to-peer per gestire transazioni, conoscenze, creazione di valore, condivisione di beni. E’ Blockchain l’elemento davvero rivoluzionario di Bitcoin. Che può essere applicato a qualsiasi ambito della vita sociale, politica e economica di un gruppo umano.
Niente più terze parti, controllori, notai, istituti centrali, ma tutto gestito da rete di blocchi che validano le operazioni. Di fondo l’obbiettivo della Blockchain è quello di sostituire tutte le istituzioni centrali con una rete orizzontale, aperta e condivisa. E tramite la Blockchain, Bitcoin ha smesso di essere un elemento dirompente per i mercati finanziari, e comincia ad esserlo per quelli non finanziari. Così può essere per la proprietà intellettuale di opere, per la creazione di beni, per il controllo di oggetti connessi alla rete (internet of things), perfino elezioni politiche. E Bitcoin non è nemmeno l’unica criptomoneta. Con la stessa tecnologia ne sono nate finora settecento, il più famoso e usato è l’Ethereum. Qui l’elenco completo.
Nel 2014 venture di tutto il mondo hanno investito circa mezzo miliardo di dollari in startup che applicavano la tecnologia Blockchain a diversi settori. Ultimo in ordine di tempo, i 30 milioni investiti il 9 settembre 2015 nei servizi finanziari di Chain.com da Citi, Nasdaq e Visa, e i 40 investiti in R3, altra startup fintech, da 9 banche americane il 17 settembre. L’interesse è altissimo. Ed adesso si sta spostando dai mercati finanziari al resto. Come testimonia la storia di Stefano Pepe, che ha lasciato il suo lavoro in una startup italiana AppBuilder per lanciarsi in questo settore in espansione in Silicon Valley. Il suo è un servizio legato all’identificazione di persone e oggetti in rete. In questi giorni è a caccia di un seed investment a San Francisco. E la missione sembra tutt’altro che complicata.
DALLA POLITICA ALLE OPERE D’ARTEPERCHE’ BLOCKCHAIN E’ DAVVERO RIVOLUZIONARIO
Bitcoin, come moneta, alla fine potrebbe rimanere poco più che una roba da nerd. Anche se oramai è utilizzato da oltre 25 banche in tutto il mondo e Nasdaq sta per implementare una tecnologia basata su Bitcoin per garantire lo scambio di azioni sul listino tecnologico, la vera forza di Bitcoin ai più è chiaro sia la Blockchain e le sue possibili applicazioni. C’è chi già lo fa e scommette che sarà questo il nuovo boom del tech dei prossimi anni. Ci sono servizi basati sulla Blockchain che garantiscono la transazioni di merci, e chi tutela la proprietà intellettuale di un contenuto online, piuttosto che strumenti per tutelare il rispetto dei contratti tra aziende, le fatture, le opere d’arte, l’elezione dei nostri rappresentati politici in parlamento. Ogni ambito «umano» potenzialmente è interessato. Ogni settore dove ci sia un terzo giudice/notaio che garantisce una transazione, o una proprietà. Autorità governative. Istituzioni. Camere di compensazioni bancarie. E’ il terzo uomo che è escluso. E ciò riguarderà specialmente il mondo delle professioni. E’ azzerato il suo potere di arbitro e di controllore. Sostituito da un sistema di controllo decentralizzato. Diffuso. E l’interesse sale. Perché comporta un modo completamente nuovo di intendere le relazioni umane, gli scambi commerciali, la tutela del valore prodotto da ognuno. E in molti sono pronti a scommettere che sia destinato a ritagliarsi un pezzo importante della nostra vita. Forse cambiarla. Ripensarla per sempre. L’Economist il 31 ottobre 2015 andrà in edicola con una copertina dedicata alla Blockchain. Il titolo è: «The trust Machine. Come la tecnologia che è dietro Bitcoin può cambiare per sempre l’economia». Un riconoscimento non da poco. C’è da scommetterci che della rivoluzione peer to peer della catena di blocchi sentiremo ancora parlare.
ARCANGELO ROCIOLA