Capita spesso ultimamente e la ragione è facile da comprendere. C’è il giornale da impaginare, è sera tardi, magari manca qualche scoop da prima pagina, si fa una rapida ricerca online ed ecco il titolo che cattura l’attenzione. E’ in inglese. “C’è qualcuno che parla inglese qui dentro?”, chiede una voce. Nessuno risponde. Il giornale è da riempire comunque e serve la storia. Ad ogni modo il titolo è abbastanza chiaro “Whatsapp with that?”. Una rapida letta all’articolo sembra sufficiente per capire il senso della storia. Facebook vuole chiudere Whatsapp! Bingo! Che poi, in fondo in fondo, era quello che in tanti volevano sentirsi dire da tempo. Sin dall’acquisizione di Whatsapp da parte di Facebook, la stessa voce che chiedeva se qualcuno parlava in inglese dentro la redazione diceva spesso “Vedrete che Facebook ha comprato WhatsApp per eliminare un competitor, date retta a me!”.
C’è un nome in psicologia per questo atteggiamento. Ma non sono psicologo, quindi non ve lo so dire, ha però a che fare col fatto di cercare involontariamente notizie che confermino il nostro punto di vista. Contro tutto e tutti.
La storia qui sopra raccontata non è altro che la riproduzione immaginaria della scena che deve essere capitata al Sole 24 Ore quando la mattina del 16 Aprile ha pubblicato la storia che WhatsApp sarebbe stato chiuso da Facebook per forzare gli utenti a utilizzare il suo servizio di messaggistica. Sono sicuro che al Sole hanno giornalisti preparatissimi e che parlano benissimo l’inglese, ma si sa, la sfortuna è dietro l’angolo e la fretta cattiva consigliera. E’ un attimo cadere nel tranello del titolo in inglese.
Ti sei appena convinto che l’inglese lo parli bene, ti senti sicuro di te stesso ma l’errore di distrazione capita anche ai migliori. D’altronde, è sempre troppo facile sparare a zero su un collega che prende un abbaglio. Capita. Nessuno è perfetto e le redazioni, si sa, lavorano sempre nella fretta. Questo, infatti, non vuole assolutamente essere un pezzo sulle derive del giornalismo, l’inaccuratezza della verifica delle fonti o la scarsa conoscenza dell’inglese da parte dei giornalisti (ma non solo) di casa nostra. Ma la notizia era un’altra! Un’altra cosa proprio.
La fonte, oltretutto, era il Daily Mail. Ora, non serve essere degli esperti di cultura British per conoscere la famigerata reputazione del Daily Mail (la rappresentazione cartacea di Studio Aperto per intenderci, un misto tra Cronaca Vera e Libero).
Quello che il Daily Mail raccontava (seppur rimanendo un giornalaccio, cura bene la parte tecnologica come ormai qualsiasi giornale inglese), era che Facebook ha annunciato di voler eliminare la possibilità di mandare messaggi dalla sua app madre, “forzando” i suoi utenti ad utilizzare la app dedicata “Messenger”. La motivazione ufficiale è che “Messenger” funziona meglio, consegna i messaggi il 20% più rapidamente e gli utenti la preferiscono di gran lunga al macchinoso “inbox” della app madre.
La mia spiegazione, invece, è che dopo l’acquisizione di Whatsapp, Facebook ha per le mani un enorme archivio di numeri telefonici che prima gli mancavano. Ora ha la possibilità di integrare i numeri di telefono con l’app “Messenger” e Zuckerberg solo sa cosa potrà uscire dall’integrazione di telefonia, Social Network, realtà virtuale (Oculus) e il servizio di trasferimento denaro sul quale ha messo gli occhi. Ma qui c’è tutta l’aria di una rivoluzione nella maniera in cui giochiamo, telefoniamo, utilizziamo i media e socializziamo online.
Torniamo alla nostra redazione. L’articolo è pronto, il giornale è da chiudere. Va bene cosi! Va’ in stampa.
Il mattino seguente piovono critiche da ogni parte. Passi per il refuso nel sommario “Facebook starebbe spegnere” (con buona pace ai grammar-nazis), ma la notizia non è vera! E’ infondata. La fonte diceva proprio una cosa diversa! Pazienza. Ormai il giornale è stato stampato, non si può più cambiare. Contrariamente alla versione online, che invece viene aggiornata immediatamente incolpando quel titolo così deviante. Sì, colpa del titolo che ad una prima letta ci aveva fatto pensare una cosa diversa.
Quando la notizia viene data da un quotidiano autorevole come “Il Sole 24 Ore”, rimbalza su tutti i siti dei quotidiani e blog autorevoli. Il Messaggero, Repubblica e chissà quanti altri, che ora hanno rimosso la notizia pubblicata. Si perché poche ore dopo, era ormai risaputo che la notizia fosse infondata. D’altronde la notizia esiste solamente in Italia, non ci sono tracce di alcun titolo simile in inglese. Qualcuno grida anche al complotto! “Siamo davvero sicuri che fosse una bufala? E se la notizia fosse trapelata involontariamente e la smentita fosse solo funzionale?” No, caro blogger, Facebook non ha intenzione di spegnere WhatsApp. Non lo farà. Non ne ha motivo. Almeno non ora, non nel breve periodo. Ma del futuro non v’è certezza.
Londra, 24 aprile 2014Marcello Mari