La proposta di legge sulla sharing economy presentata in Parlamento lo scorso 2 marzo ribattezzata Sharing Economy Act (SEA) inizia a far discutere.
Ma cosa dicono gli operatori del settore, quelli cioè che gestiscono le piattaforme di sharing economy e le difficoltà che questo significa giorno dopo giorno?
Abbiamo chiesto a 7 operatori, tra i più attivi in Italia, di esprimere i loro pro e i loro contro sulla proposta di legge. Tra questi: Cocontest accusata di concorrenza sleale da parte dell’Ordine degli architetti; Gnammo i cui cuochi, secondo il Ministero dello Sviluppo Economico per operare dovrebbero presentare la certificazione di inizio attività (SCIA); Guidemeright che teme da un momento all’altro lo scontro con le guide turistiche abilitate; Zago che tutti i giorni deve affrontare taxisti inferociti; Produzioni dal Basso e Starteed che hanno già vissuto il tentativo di regolamentare il settore del crowdfunding con indubbi vantaggi e benefici.
Fra tutti gli operatori prevale la soddisfazione che il Parlamento italiano abbia iniziato ad occuparsi del tema, ma sui contenuti e sulle specificità della proposta rimangono dubbi e forti perplessità. A partire dal fatto che la legge è molto generica e alcune piattaforme – per esempio quelle sul crowdfunding- faticano a capire la loro specifica applicazione. (Leggi anche questo: “Perché secondo me ci sono almeno tre errori madornali nella proposta di legge sulla sharing economy“)
Le questioni più dibattute sono la separazione fiscale fra utenti occasionali e professionali, la piattaforma che diventa sostituto di imposta e che deve registrarsi presso l’autorità per la concorrenza e il mercato (Agcom), le coperture assicurative – che un servizio deve garantire ma che le compagnie italiane al momento non offrono sul mercato-.
Si teme, in generale, che la proposta di legge invece di favorire le piattaforme ponga vincoli e fatiche che renderanno ancora più difficile la loro crescita.
Ma emerge anche una preoccupante divergenza di vedute, che lascia intravedere una mancanza di visione comune fra gli operatori, rischiando, così, di indebolire la loro posizione e anche la possibilità portare avanti delle istanze e di immaginare un sistema di incentivi che vada molto al di là di una legge. Sarebbe invece auspicabile la stesura di un piano capace di disegnare un ecosistema che metta in moto investimenti, competenze, luoghi di ricerca e di sperimentazione, creando sostegno e innovazione. Ma ecco i commenti dei singoli operatori.
Federico Schiano di Pepe, Cocontest – piattaforma che offre consulenza online da parte degli architetti
Il limite a 10K Euro facilita un utilizzo amatoriale e non professionale delle piattaforme di sharing
“Nessun pro se non l’effettiva necessità di dare un inquadramento fiscale al fenomeno.
Moltissimi invece i contro: una logica votata a recuperare il gettito dalle big company straniere invece che a favorire la crescita delle startup italiane. Il limite a 10K Euro facilita un utilizzo amatoriale e non professionale delle piattaforme di sharing, mentre il raggiungimento della massa critica consegue solo ad un uso professionale.L’inserimento di oneri (ennesimo registro e creazione di ulteriore burocrazia) e di vincoli alla libertà dei gestori che rappresentano solo un costo economico ed organizzativo, rendendo l’Italia un terreno ancor meno fertile per far scalare una startup. Le piattaforme dovrebbero rivoluzionare i mercati dove operano, con questo approccio andiamo nel senso esattamente contrario”.
Gianluca Ranno, Gnammo – Social eating
Un risultato lo abbiamo già ottenuto: siamo riusciti a focalizzare l’attenzione sulla necessità di un percorso normativo
“Nessuna proposta di legge nasce perfetta, tantomeno una su un argomento così nuovo. Ma, con questa proposta, un risultato lo abbiamo già ottenuto: siamo riusciti a focalizzare l’attenzione sulla necessità di un percorso normativo per la sharing economy. La proposta, inoltre, riconosce giustamente l’introduzione di un tetto fiscale per le persone che utilizzano occasionalmente i servizi di sharing economy. Altro passaggio fondamentale è che le piattaforme si configurano come sostituto d’imposta, smarcando così a tutti gli effetti la questione fiscale. Penso, però, che la discussione sarà lunga, anche perché, stiamo cercando una soluzione politica capace di mediare su tanti temi e settori diversi.
Luca Sini, Guide me right, (percorsi turistici p2p)
Tentativo ammirevole di legiferare, occorre trovare soluzioni assicurative specifiche
Credo che questa proposta sia un tentativo ammirevole di legiferare dettando i tempi ai propri colleghi europei. Penso che identifichi in maniera chiara cosa si intende per piattaforme di sharing economy e risolva il problema fiscale lasciando ai servizi l’onere di trattenere eventuali imposte. Credo, tuttavia, che vada approfondito il tema dell’imposta del 10% fino a 10.000€ annui. Se sarà cumulabile, chi è responsabile di controllare il superamento del limite complessivo? Inoltre ci sono alcuni punti che devono essere integrati.Bisogna intervenire sulla messa in sicurezza del sistema di review tipico delle piattaforme e anche sul tema delle certificazioni per gli operatori professionali che si sentono minacciati dalla sharing economy (magari delimitando il raggio delle attività per cui le certificazioni sono richieste e prevedendo delle agevolazioni fiscali per i professionisti dei mestieri “minacciati” dalla sharing economy). Relativamente alle coperture assicurative obbligatorie credo che queste siano essenziali per lo sviluppo della sharing economy in Italia. Però, occorre prima trovare soluzioni assicurative specifiche che al momento non esistono.
Angelo Rindone, Produzione dal Basso (Crowdfunding reward)
L’impressione generale è che si voglia far diventare le piattaforme delle estensioni burocratico-operative di AGCM e ISTAT
“È una buona notizia che i parlamentari si occupino di sharing economy. Mi sembra che, a differenza della norma sull’equity crowdfunding, ci sia in questa proposta una maggiore consapevolezza. Il risultato, tuttavia, non sarà per nulla scontato. Si accorpano in un unico testo tanti diversi servizi collaborativi (faccio fatica, per esempio, a immaginare molti degli scenari legislativi proposti sul crowdfunding) e l’impressione generale è che si voglia far diventare le piattaforme delle estensioni burocratico-operative di AGCM e ISTAT e gli utilizzatori dei nuovi lavoratori poco riconoscibili.Ritengo giusto che si operi nel massimo rispetto delle persone, della legge, e della fiscalità, ma credo che le norme attuali permettano già di farlo senza bisogno di sovrastrutturare nuovi flussi o nuove figure di controllo. Spero davvero di sbagliarmi e faccio i miei migliori auguri di buon lavoro a tutti i parlamentari italiani. Benvenuti nel presente”.
Claudio Bedino, Starteed (Funding & Co-Creation)
Si potrebbe agevolmente lasciare in carico agli utenti gli adempimenti fiscali
“Mi sembra di rivivere quanto successo con il primo regolamento sul crowdfunding. Orgoglioso di vedere l’Italia muoversi per prima, ma deluso di constatare come quanto elaborato in tempi stretti abbia generato più problemi che soluzioni, soprattutto per quanto riguarda gli oneri a carico delle piattaforme e la negativa esperienza di utilizzo inflitta agli utenti.In questa proposta di legge non trovo positivo l’obbligo dato alle piattaforme di agire come sostituto d’imposta, quando si potrebbe agevolmente lasciare in carico agli utenti gli adempimenti fiscali. Le piccole piattaforme potrebbero, infatti, avere seri problemi di gestione amministrativa, anche per la mancanza di una condivisione di informazioni tra le piattaforme stesse e verso l’erario (vedi utilizzo di API). Ottimo invece che il regolatore abbia definito in modo chiaro che tra gestori e utenti non deve sussistere alcun rapporto di lavoro subordinato”.
Davide Ghezzi, Zego (carpooling urbano)
È importante che i criteri con cui le piattaforme di sharing economy possono accedere al Registro elettronico nazionale siano chiari
“La proposta di legge sulla sharing economy rappresenta un passo avanti nel regolamentare un fenomeno emergente e inarrestabile. Crediamo che misure volte a tutelare gli utenti e a fare chiarezza siano urgenti e, in questo senso, il ruolo dell’antitrust è estremamente positivo. È importante che i criteri con cui le piattaforme di sharing economy possono accedere al Registro elettronico nazionale siano chiari. Per quanto riguarda il carpooling riteniamo che alla soglia di reddito fissata debbano essere sottratte tutte quelle spese che l’utente sostiene per la condivisione della propria auto (carburante, assicurazione, pedaggi, bollo, ecc.)”.
Nicoletta Civita, Useit (noleggio fra privati)
La proposta di tassazione al 10% giunge ancor prima di aver misurato l’effettiva portata del fenomeno e i benefici che ne derivano
“La sharing economy ha creato tanta letteratura, ma poche piattaforme con numeri significativi. La proposta di legge, di cui si discute in Italia, lascia intravedere alcuni aspetti positivi, come la ricerca di uno strumento atto a misurare e normare il fenomeno, oltre alla possibilità di distinguere gli operatori professionali da quelli occasionali. Di contro la proposta di tassazione al 10% giunge ancor prima di aver misurato l’effettiva portata del fenomeno e i benefici che ne derivano. Si rischia quindi di porre dei paletti, necessari per le multinazionali, ma che rischiano di danneggiare lo sviluppo della sharing italiana.”