Questa è una storia di cooperazione, una storia dai colori chiari: trasparenza, apertura e dialogo che sono elementi connaturati ai processi cooperativi e collaborativi. Sono valori che esprimono una identità, e per questo ogni tanto, le imprese a finalità sociale devono fermarsi e rinnovare gli strumenti di con cui li esprimono.
Quando si parla di impatto sociale va tenuto in conto che non servono solo sistemi di misurazione, ma sistemi che ricostruiscono, attraverso processi codificati, i significati delle azioni e degli esiti. Valori e obiettivi nascono prima degli strumenti, ma gli strumenti sono parte connaturata ad una peculiare e condivisa visione e se il mondo con cui abbiamo relazioni cambia, deve cambiare il modo con cui noi ci rapportiamo ad esso.
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Nelle organizzioni e nelle politiche CSR, se i nostri stakeholder e il loro ambiente cambiano deve cambiare il nostro modo di relazionarci ad essi, di avvicinarli ai temi della comune conversazione.
È quello che ha fatto la coop Cittàverde, con Indica e Actionaid, e vi raccontiamo come.
Partiamo dai fondamentali
Accountability è l’impegno di una organizzazione a rendere conto degli esiti in relazione agli impegni assunti evidenziando il valore generato per i diversi interlocutori.
Le organizzazioni sono chiamate a “dar conto” ai cittadini delle proprie azioni e dei risultati conseguiti, nella consapevolezza che qualsiasi attività che viene svolta genera degli impatti e ha dei risvolti a livello economico, sociale ed ambientale. Negli anni in cui si sono diffusi i sistemi di accountability la comunità degli esperti era convinta che l’accountability affiancasse gli strumenti tradizionali di governo, fosse un processo e non un prodotto o una procedura, e fosse contemporaneamente uno strumento di riconoscimento e miglioramento della propria identità.
Queste convinzioni sono ancora fondate ma nel tempo sono cambiati gli strumenti che possono rappresentare un supporto al processo di rendicontazione.
L’accountability cambia perché il futuro ha bisogno di fiduciaLa fiducia e innovazione sociale sono i due obiettivi “alti” e strategici da perseguire in un processo di accountability. Essi ci guidano per modificare costantemente gli strumenti dei percorsi di rendicontazione nei suoi tre assi portanti:
- integrazione con strategie, sistemi organizzativi e informativi interni;
- stakeholder engagement;
- comunicazione.
Perche oggi è necessario ripensare ad una revisione degli strumenti su tutti e tre questi assi? Tra i motivi: eccesso di informazioni, calo della fiducia dei cittadini verso istituzione, imprese e media, emergere di nuove strumentazioni e nuove forme di aggregazione, sistema di governance tradizionali in crisi, haters, diffusine dei media civici, grande richiesta di sistemi di trasparenza e opendata, per citarne alcuni.
I processi di rendicontazione sono stati portati avanti negli ultimi anni adottando metodologie di coinvolgimento degli stakeholder (stakeholder engagement) e ricostruendo il sistema di evidenze realtiva al proprio agire sostenibili attraverso un report di sostenibilità (sistema di gestione della sostenibilità), fornendo così agli stakeholder una “ricostruzione del senso”, una “evidenza” mediata da un report e da informazioni strutturate, a volte verificata a volte no. Tuttavia report, sito, assurance non sono più sufficiente a garantire il raggiungimento di un livello adeguato di fiducia tra la impresa e i suoi stakeholder, in particolare per il peso nella “conversazione sociale” acquisito da quei gruppi che sfuggono ai canali tradizionali di rappresentanza e che oggi risultano capaci di influenzare la reputazione di una organizzazione.
Segnali per cambiareA conferma di queste valutazioni molti sono i segnali che si osservano, uno tra tutto ad esempio che i report di sostenibilità diventano strumenti più ordinari, vengono abbelliti e resi piu leggibili da infografiche e mappature, ma non bastano. La legittimazione e la reputazione passano molto piu di prima attraverso comunità non piu di natura solo rappresentativa.
E allora dobbiamo trovare chi è capace di innovare i metodi di realizzazione del processo di rendicontazione attraverso:
- lo “smontaggio” delle strategie e degli esiti (ridefiniamo la mission assieme gli stakeholder attraverso processi di codesign delle policy),
- la sua disintermediazione (facciamolo direttamente, con nuovi strumenti gestionali, attraverso un diverso uso dei dati, infografiche, visite dirette, opendata)
- una idea diversa di governance (orizzontale, inclusivo, narrativo, alimentato dalle stesse comunità e stakeholder).
- il rafforzamento del capitale sociale dei territori con una maggiore inclusione delle comunità civiche nei processi di local policy
- la capacità di operare in compresenza di rete virtuale e di intervento locale, fisico e radicato.
- la forza e la velocità di trasformare la dotazione strumentale dai database interni agli opendata, dai report informativi al monitoraggio civico, dal dato alle evidenze.
Nuovi fondamentaliDi conseguenza, emergono alter nuove convinzione e alcune esigenze:
- E’ necessario pensare usare velocemente e al meglio le potenzialità di nuovi metodi e strumenti quali gli open government data, i media civici, esperimenti di hacktivism e monitoraggio civico dei progetti;
- Non sono sufficienti elenchi di indicatori, ce ne sono troppi (vorrei capire ad esempio a che serve un ennesimo elenco di indicatori delle starup a vocazione sociale fatto dal MISE);
- Va tenuto distinto il processo di rendicontazione delle performance e degli esiti da quello di valutazione di impatto che andrebbe invece sviluppato in forma collettiva e pubblica (in altri termini non serve che ogni impresa sviluppi un proprio sistema di impatto se la metrica non è data dal pubblico o dalla comunità).
Foto: lacittaverde.coop
Ripartire dalla evidenzaIn medicina si chiama evidence rewiev, nella social innovation si parla di monitoraggio civico, nel campo dell’accountability si definisce materialità, i processi che si basano su un modello scientifico tradizionale si scontrano con il grande cambiamento avvenuto sui processi di formazione della conoscenza collettiva che oggi sono basati in misura maggiore sulle evidenze dirette e sulla condivisione.
Questo significa che i contenuti del processo di accountability non possono più esser veicolati solo dalla reportistica ma devono essere narrati, guardati, riconosciuti, condivisi con nuovi strumenti.
Dalla osservazione collettiva può nascere una conoscenza collettiva che diventa fiducia e valore e viceversa.
Sulla base di queste premesse, Indica, ActionAid e Cittàverde hanno realizzato un primo esperimento di accountability civico cooperativo: “la cittàvede”, un gioco di parole per chiamare gli stakeholder a individuare “la materialità” attraverso le sue forme visive dirette e concrete.
Abbiamo fatto una sperimentazione basata sulle evidenze e abbiamo tentato di ricostruire il senso delle attività di una coop sociale a partire dalle “cose che si vedono” tentando tuttavia di mantenere un collegamento con gli strumenti decisionali tradizionali (cda e bilancio sociale).
La cooperativa La Città Verde nasce nel 1991. Obiettivo della cooperativa è quello di essere impresa sociale che fornisce servizi e prodotti di qualità legati al territorio: cura del verde, igiene urbana, trattamento rifiuti, manutenzione arredi urbani e servizi socio-educativo sono quindi attività finalizzate ad offrire a persone svantaggiate opportunità di lavoro e benessere.
Il primo passo per l’impostazione del percorso di sperimentazione è consistito nel coinvolgimento del Consiglio di Amministrazione allargato della cooperativa per identificare gli esiti importanti da ricercare e evidenziare.
Tabella 1 – Esiti da ricercare e possibili indicatori e modalità di ricerca, emersi dai lavori dei due gruppi durante il workshop con il CdA allargato della cooperativa.
Tabella 2 – Esempio di schematizzazione ai fini del bilancio civico, a partire dagli elementi “qualità del lavoro sociale” e “qualità del lavoro tecnico”
Si è scelto quindi, come in altre esperienze di monitoraggio civico, di portare le persone “sul campo”, chiedendo loro di trasformarsi per un giorno in “verificatori” dell’operato di Città Verde, con attenzione particolare agli ambiti di qualità del lavoro e qualità delle relazioni.Sono state organizzate due mezze giornate di “invasione” ai cantieri di Città Verde, incentrate su due delle aree territoriali più “centrali” per la cooperativa, ovvero Pieve di Cento (BO) e Ferrara. Sono stati scelti alcuni cantieri di lavoro da visitare, sulla base del calendario dei lavori e dell’agibilità dei cantieri, cercando di coprire il più possibile le aree di servizio della cooperativa (cura del verde, gestione rifiuti, arredo urbano).
Il primo monitoraggio è stato realizzato a Pieve di Cento, il 12 settembre. Si è iniziato lo spazzamento manuale in centro a Pieve, in cui i principali temi emersi nel dialogo con gli operatori di Città Verde sono stati il rapporto con la comunità, attraverso un lavoro che non si svolge in un cantiere recintato ma in mezzo a cittadini e passanti, la percezione che la comunità ha del lavoro svolto dagli operatori e la percezione che chi svolge il lavoro riesce a farsi del senso civico e del senso di comunità dei cittadini.
Nel secondo cantiere, di tutela igienica dei parchi, è emerso invece in maniera preponderante l’aspetto dei servizi socio-sanitari che la cooperativa svolge. Infatti tutti i ragazzi in cantiere, ad esclusione del capo squadra, appartenevano a categorie svantaggiate, due di essi assunti da oltre 15 anni in cooperativa e uno in formazione. Il dialogo con i lavoratori ha permesso di scoprire qualcosa di più sulle loro storie e sul loro senso di appartenenza alla cooperativa, e la contestualizzazione di alcune storie fatta ex-post dagli educatori della cooperativa ha permesso di avere un quadro a trecentosessanta gradi dei percorsi delle persone incontrate.
Nel terzo cantiere, di manutenzione del verde, è stato possibile infine prestare maggiore attenzione gli aspetti tecnici del lavoro, poiché il gruppo di monitoraggio era già sul posto prima che arrivasse la squadra, e ha potuto osservarla mentre predisponeva i mezzi tecnici (tagliaerba, decespugliatore), e successivamente all’opera nel lavoro di sfalciatura dell’erba. Molte domande vertevano sugli aspetti tecnici del lavoro, sulla durata dei cantieri, la frequenza degli sfalciamenti, e gli accorgimenti e le difficoltà del lavoro.
Tra le storie più belle quella di Sandra, una lavoratrice svantaggiata, che ha raccontato di “essere rinata” da quando svolge questo lavoro.
Il secondo monitoraggio invece ha avuto luogo nel ferrarese, in settembre. Nel cantiere di manutenzione del verde il gruppo di monitoraggio ha incontrato una squadra composta esclusivamente da ragazzi in formazione, con forme diverse di disabilità intellettive, sotto la guida di un caposquadra e un lavoratore della cooperativa. Gli aspetti che sono stati rilevati maggiormente dal gruppo sono stati il senso di appartenenza dei lavoratori alla cooperativa (l’orgoglio del cartellino appuntato sull’uniforme da lavoro), l’importanza attribuita al fatto di aver imparato un lavoro, e la loro specializzazione in questo, a cui tengono molto, per cui ognuno nella squadra ha il proprio ruolo e il proprio compito.
Nel cantiere di manutenzione degli arredi urbani il gruppo ha assistito alla messa in posa di alcuni nuovi giochi, in un’area pubblica al centro di una zona residenziale. In questo caso sono stati indagati molti degli aspetti tecnici di questo lavoro, con attenzione anche ai percorsi di formazione fatti dai lavoratori. In particolare due dei cinque componenti della squadra erano lavoratori con disabilità intellettive, uno assunto in seguito ad un tirocinio formativo, e uno in fase di tirocinio. In questo cantiere è stato possibile accogliere il contributo di alcuni cittadini che si sono avvicinati, incuriositi dalla vista del gruppo, e che hanno fornito uno spaccato della percezione della comunità rispetto ai temi del verde pubblico e della sua fruizione.
In fase di chiusura del monitoraggio è stato possibile un confronto tra i partecipanti rispetto alla sperimentazione effettuata, alle percezioni e impressioni rilevate e alla loro elaborazione che han riguardato:
- Il radicamento sul territorio, evidente dagli elementi di rapporto con la comunità locale, emersi soprattutto nei cantieri di spazzamento manuale (Pieve di Cento) e manutenzione e installazione arredi urbani (Ferrara).
- L’offerta formativa qualificante per i soggetti svantaggiati, in particolare dalle parole di Sandra (cantiere di manutenzione del verde, Dosso), Alessandro, Giorgio, Paolo e Mattia (cantiere di manutenzione del verde, Ferrara) e nel sapere tecnico di Massimo e Federico (cantiere di manutenzione e installazione arredi urbani, Ferrara).
- Il senso di appartenenza alla cooperativa, emerso in particolare nei cantieri di tutela igienica dei parchi (Cento) e di manutenzione del verde (Ferrara).
- Il valore, trasmesso ai propri lavoratori, della qualità del lavoro tecnico, nelle parole di Sandra (cantiere di manutenzione del verde, Dosso) e dei ragazzi del cantiere di manutenzione del verde di Ferrara.
Abbiamo cominciato così, portando alla luce valori che non sono ancora numeri.
Cercando di creare condivisione sui risultati attarverso metodologie di stakeholder engagement che tenessero conto di tre elementi fondamentali nell’accountability civico:
- l’engagement di nuove comunità;
- i social network, le reti e i media civici;
- i “cantieri” fisici e locali, raccontati senza mediazione.
E alla fine, fatemi dire una cosa: viva le cooperative trasparenti, sane, collaborative e laboriose!
ALESSANDRA VACCARI