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Cos’è il personal book branding (e 5 autori italiani che lo fanno)

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Non esiste posto migliore, e giornata più azzeccata per dedicare un articolo al mondo dell’editoria puntando i riflettori sul dietro le quinte, o meglio, dietro alle tastiera. Raccontare storie di giovani che scrivono innovando e si promuovono scrivendo, il personal book branding.

Ieri, come ogni 23 aprile dal 1996 in tutto il mondo, vengono organizzati eventi dedicate alla lettura, è stato il World Book Day, patrocinato dall’UNESCO, la giornata del libro e del diritto d’autore.

L’iniziativa della World book night è la mia preferita, si diffonde come una catena di Sant’Antonio, attraverso premurosi volontari che sposano in prima persona l’idea della diffusione della lettura. La versione italiana organizzata dall’AIE (Associazione Italiana Editori) si chiama #ioleggoperchè. 240 mila libri pronti per essere consegnati ad altrettanti lettori tramite messaggeri volontari.

Ma in una Milano in cui non c’è un bar o social street in cui non ci siano un paio di cassette della frutta dedicate al book crossing, mi sono domandata, abbiamo ancora bisogno di ristampare i grandi classici della letteratura tricolore moderna?

Il passaggio dal libro classico all’ebook comporta rinunciare a tatto e olfatto, che in fin dei conti hanno sempre fatto parte della nostra esperienza di lettori. Ma a parte il pesce d’Aprile di Google Olezzo dell’anno scorso, sono convinta che ci arriveremo, fialette di “parfum de livre” per tutti.

È passato qualche anno dall’acquisto del mio primo ebook, eppure, mi rendo conto che, diversi miei coetanei, possessori di tablet per giunta, proprio non accettano (o non vogliono accettare/sperimentare) la lettura digitale.

Pigrizia o pregiudizio?

Uso la parola pregiudizio perché siamo pieni in Italia di casi di maltrattamento di ebook, dal trattamento fiscale differente per libri cartacei e libri digitali (finalmente risolto grazie alla campagna #unlibroèlibro) alla completa esclusione dai più prestigiosi premi letterari nazionali, vedi il premio Strega e relativo hashtag #Stregadigitale. Un tempo per segnalare le ingiustizie ricorrevamo a Striscia la Notizia, oggi abbiamo Twitter, al posto dell’Uomo Ventosa ci sono gli hashtag.

L’editoria tradizionale ha bisogno dei canali moderni di comunicazione, degli hashtag e delle pagine social, mentre l’editoria digitale di cosa ha bisogno (a parte della cultura al digitale)? Di niente.

L’editoria digitale si autoalimenta, e sono i protagonisti stessi, i professionisti di settori insieme ai lettori ad autoalimentarla attraverso ogni social, forum e newsletter.

Sono due le carte con cui il digitale si gioca la partita, rispetto a cui il tradizionale non potrà mai competere: costi e comunicazione. La prima è chiara, semplice, costo zero, è il self publishing. Per non parlare delle mille occasioni in cui i libri (di qualità si intende) sono gratis o “costano” magari solo un Tweet, 140 caratteri per un ebook. Quando mai è successo qualcosa di simile nell’editoria tradizionale ?

Ma l’aspetto più dirompente, per cui ho deciso di scrivere questo articolo, è la comunicazione.

È infatti della comunicazione online, ma soprattutto di self book branding, che vi vorrei narrare, vorrei proprio farne un manifesto.

Viviamo in un era di straordinarie possibilità per un giovane scrittore, non solo di autopubblicarsi a costo zero, ma soprattutto di autopromuoversi a costo zero, è una rivoluzione fondamentale del sistema editoriale contemporaneo.

La comunicazione e la promozione di un libro cartaceo tramite strumenti digitali è performante, se realizzata seguendo le policy e le regole dei vari social network, ma comporta pur sempre una troncatura dell’esperienza di lettura. Un gap temporale tra quando decido di acquistare il libro e quando lo ricevo. L’attesa del libro si azzera nel caso delle piattaforme digitali, non ci sono tempi morti tra la scelta della lettura e l’inizio dell’attività di lettura. Con una pagina Facebook dedicata ad un ebook aggiungendo il pulsante di invito all’azione “acquista”, in un paio di clic si accorcia drasticamente la catena distributiva dall’editore al lettore.

Un articolo dedicato all’autopromozione, scritto da Stefano Piedimonte sul sul Corriere della Sera, riassume in questa frase esattamente il concetto che vorrei esprimere “La copertina diventa la foto del profilo e ogni post è uno spot”.

Perché è proprio lo scrittore, da solo o in collaborazione con la propria casa editrice, a mettersi in prima linea gestendo attivamente la propria strategia social.

5 LIBRI ITALIANI DI AUTORI CHE FANNO BOOK BRANDING

Silvia, Ilaria e Stefania, le trentenni, hanno un blog ed ora un libro “I trentenni” appunto. Ma non è solo un libro, è un luogo metafisico, o meglio, su Facebook definito come una comunità. Un must have per chi ha appena oltrepassato la soglia dei trenta. Vicende in cui tutti i trentenni si immedesimano e si confrontano, con uno slogan molto divertente “dai trent’anni in su si può fare di tutto, o quasi”.

Enzo Lauretta con il suo libro d’esordio “Gli Zingari dello Studio” edito da Nativi Digitali, presidia praticamente tutti i canali social, da Facebook a Instagram con un evidente programma editoriale tailor made per ogni policy social. Uno scrittore che è anche traduttore del suo stesso libro, ideatore della copertina, regista, sceneggiatore e attore del booktrailer presto in uscita. Racconta le storie di studenti universitari Erasmus e non solo. Beppe Severgnini è solo dire “Erasmus, i soldi meglio spesi dall’UE”. Diversi eventi e presentazioni nelle prossime settimane, in occasione della settimana Europea della Gioventù dal 27 Aprile al 10 Maggio e per il Salone del Libro di Torino.

Mario Zanardi nella sua pagina “Ci meritiamo tutto” omonima al titolo del suo ultimo libro, non lascia alcun dubbio e punta tutto sull’ironia, per la serie non ci resta che piangere. Pubblica le divertenti, o forse tristi recensioni della sua opera, “è un genio”, “10 e lode”, “dovremmo leggerlo tutti”, eppure alla fine è una grande presa in giro di noi stessi, del nostro modo di essere, e ci piace leggerlo, riconoscere il nostro attuale status. Tre parole mai state così chiare e dirette.

Francesco D’Isa. Foto: ziguline.com

Francesco D’Isa è un autodidatta in tutto e per tutto. Un artista multitasker, che ha sempre autopromosso il proprio lavoro, da artista prima, e da scrittore poi, e contemporaneamente, con tutte le difficoltà che un duplice lavoro può generare, ma sempre con il supporto della sua casa editrice Effecu. Ma non è stato “Anna storia di un palindromo” a renderlo famoso, bensì un articolo tutt’altro che promozionale, ma bensì uno sfogo generazionale, diventato virale fintanto da avergli in alcuni casi valso il soprannome di “Ragazzo della partita iva”.

Pietro de Viola può essere considerato come il precursore di questo “movimento”. È passato un blog alla pubblicazione gratuita in ebook per poi essere pubblicato in cartaceo dalla Casa Editrice Terre di Mezzo diventando uno dei 5 libri più belli del 2011. A volte è proprio la fame che ci si crea online a far scattare la curiosità da parte dell’editoria tradizionale, a far bussare alla porta degli influencer della lettura, come è successo a Pietro.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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