Il pallone rotola verso la rete. Alcuni ragazzi lo rincorrono. Altri già esultano. Le grida si diffondono per tutto il patronato. Un gruppo di genitori in un angolo dialoga. Un giovane prete dispensa sorrisi. Scene che si ripetono. Ricordi che si materializzano. Pure linguaggi che si evolvono. Nel gergo dei più giovani. Nelle parole dei più grandi. Con essi pure gli strumenti per comunicare. Una ragazza mette un like. Una madre invia un tweet. Un parroco commenta un post. Già un parroco, proprio come quello lasciato al telefono mezz’ora fa. Quello con il quale ho parlato di Gesù. Quello con il quale ho parlato di Vangelo. Di Vangelo ai tempi dei social network però.
Il suo nome è Dino Pirri. Don Dino Pirri.
O meglio @dDinoPirri. Il suo è forse uno dei casi più noti di attualizzazione del messaggio di fede. Non l’unico però. Ci ha scritto pure un libro “Cinguettatelo sui tetti – Il vangelo di Marco su Twitter”, ma la sua storia nasce molto prima. Nasce nel 1972, l’anno della sua venuta al mondo. Continua con il seminario, i suoi studi classici, i suoni di una tastiera e quelli tentati con una chitarra. L’Azione Cattolica lo porta a girare. Incontrare le persone la sua missione. Una cosa che gli riesce naturale. Il dialogo, l’ascolto, l’osservazione. In tutto ciò il suo essere normale, con una propensione alla felicità, intesa come modalità per interpretare la vita.
Parte con un blog Dino Pirri, non potrebbe essere diversamente.
È il diario di un viaggio il suo. Un viaggio dove al centro c’è l’uomo ed i valori della sua esistenza. È il primo passo verso la digitalizzazione delle sue considerazioni. Ma è sui social network, in particolar modo su uno, su Twitter, che Dino Pirri racconta la vita di tutti i giorni di un prete. È proprio questo tentativo di comunicare il vangelo a categorie anche non strettamente ecclesiastiche, e con una modalità in grado di far emergere la fede attraverso la vita quotidiana, che fa accrescere l’interesse attorno a lui. Umanizzare un prete anche attraverso l’utilizzo degli attuali strumenti di comunicazione. “… su Twitter è il contenuto che conta, io metto insieme due cose il contenuto e il vangelo… e lo faccio senza parlare di Gesù, ma raccontando la normalità della vita di un persona che ha scelto il sacerdozio come modo di esprimere la propria fede…”.
È su questa considerazione che torno a guardare cosa accade in quel piazzale del patronato. Si stanno svolgendo scene di vita reale. Giocare, dialogare, esultare e gridare. C’è il confronto e c’è pure la componente “connessione”. Quella data dai social network. Una connessione che ti mette in contatto con persone lontane da te. Con le quali condividi “stati”. Comunichi emozioni. Esprimi delle considerazioni. È chiaro che poi c’è l’altro aspetto della medaglia. I social network sono dei luoghi e non devono essere gli unici. I rischi ci sono, come quelli di considerarli una finta realtà. È qui che deve esserci un’educazione al loro utilizzo. Una responsabilità genitoriale alla quale non ci si può tirare indietro. E anche qui se di regole ce ne sono, una in primis è il buon esempio. Ma su questo bisognerebbe aprire un nuovo capitolo.
Intanto don Dino Pirri continua a twittare e quando gli pongo l’interrogativo finale di chi è Gesù, lui prima fa una pausa, poi sorride ed infine mi dice: “Non c’è una risposta univoca a questa domanda. La grandiosità sta proprio in questo. Nessuno vuole la risposta dell’altro. Quello che posso fare io è di raccontare Gesù attraverso la mia esperienza”. Già fa proprio questo Dino Pirri. Annuncia il vangelo attraverso la sua vita. La vita che vive oggi. Quella dov’è sono presenti anche i Social Network, perché non tenerne conto?
Nel frattempo quel pallone che rotolava verso la porta, s’insacca nella rete. Alcuni ragazzi sono dispiaciuti. Altri danno sfogo alla propria gioia. I genitori in gruppo continuano a dialogare ed il giovane a prete a dispensare sorrisi. In tutto ciò anche nuove notifiche sono arrivate. Richieste d’amicizia. Menzioni su un tweet. Il vangelo passa anche dai Social Network. Come la vita di molti di noi.